L’amore… poche fiamme per un anno e cenere per cento.
Burt Lancaster da “Il Gattopardo” di Luchino Visconti
L’amore… poche fiamme per un anno e cenere per cento.
Burt Lancaster da “Il Gattopardo” di Luchino Visconti
In un’utopia futura s’immagina la scoperta incontrovertibile del fatto che esiste un’altra vita oltre la morte. tale rivelazione induce molti ad indulgere al suicidio come ad una specie di tasto di “reset” e scatenando così dei risvolti sociali detonanti quanto inaspettati. Non sorprende che questa produzione dal titolo molto appropriato “The Discovery” e che inizierà le riprese nel Rhode Island alla fine di questo mese abbia il marchio Endgame Entertainment, la medesima casa di produzione che già nel 2012 aveva proposto con successo un’altra singolare distopia in “The Looper” con Joeph Gordon-Levitt.
Nel cast è appena stato reclutato Robert Redford, mentre la regia è di Charlie Mc Dowell (sì è proprio il figlio del Malcom Mc Dowell di “Arancia Meccanica”) autore anche del soggetto e che, nonostante sia appena al suo quarto lavoro dietro la macchina da presa, ha già dato prova di un certo talento nella fantascienza soft core con “The One I Love” (2014), un interessante film a cavallo tra il genere mistery e la Sci -Fi che ha avuto una decorosa distribuzione un po’ in tutto il mondo, ma che è immeritatamente sconosciuto nel nostro paese (incredibile: è stato distribuito persino in Polonia, ma da noi no).
Non è quindi un caso se coautore della sceneggiatura di “The Discovery” sia Justin Lader che fu anche lo sceneggiatore di “The One I Love“. Entrambi i film sono incentrati sulle relazioni d’amore e l’espediente distopico serve a creare un iperbole che evidenzi le dinamiche che accadono con toni più sfumati nella vita reale.Il cliché della coppia giovane e talentuosa non farebbe notizia se non fosse che i due dovranno avere a che fare con uno dei mostri sacri della cinematografia americana, un Robert Redford che ha certo molto da dire sia come attore, che come regista e come produttore. Intanto, mentre aspettate il completamento di questa nuova opera e se siete versati nelle lingue straniere, potete vedere il film precedente che è disponibile, tra l’altro, in Carioca e in Turco ma, come si è detto, non in italiano. Peccato.
Abbandonato dalla madre (Sara Forestier), Malony (Rod Paradot) adolescente problematico e violento, entra ed esce dal tribunale minorile. Attorno a questo giovane difficile si forma a poco a poco una famiglia adottiva: Florence (Caterine Deneuve), un magistrato minorile vicina alla pensione, e Yann (Benoit Magimel), un assistente sociale sopravvissuto a sua volta a un’infanzia difficile. Insieme seguono il percorso del giovane e cercano ostinatamente di salvarlo.
Un opera forte ed emozionante, che racconta la società disagiata della periferia francese (ma non solo quella) rappresentando perfettamente il cinema moderno sulle questioni sociali e di conseguenza di parlare a tutto il mondo.
L’adolescenza è l’età di transizione tra l’infanzia e l’età adulta, caratterizzata da profonde mutazioni di tipo somatico e psicologico, strettamente legate alla maturazione sessuale. Un cammino duro e impegnativo, che porta Malony a trovare la forza per allungare una mano verso chi ha creduto in lui, a dire per la prima volta ‘ti voglio bene’, a uscire dalle aule di giustizia, con la testa alta. La paura vinta nel momento in cui troverà qualcun altro a cui pensare, uno scopo, un esempio da non dare.
Un film duro tanto quanto il suo protagonista, lascia poco spazio all’empatia, accumula situazioni drammatiche una sull’altra, senza troppi prologhi. La Bercot vuole raccontare tutto, finendo per riempire di intensità una storia senza via d’uscita, conclusa poi con un finale che lascia intendere l’entrata del ragazzo nell’età adulta .
Per essere un opera prima il regista Dani de la Torre, ha saputo colpire i temi principali della nostra società contemporanea ( come un tempo si faceva con il neorealismo), l’economia globalizzata, il lavoro, la classe media e quelli che non fanno più parte di essa, come una catena di sant’Antonio in un vortice complesso che tocca tutto e tutti.
Bravo nell’ambientazione, senza gli sfarzi e gli sforzi degli americani (in genere), la macchina un SUV simbolo del manager, un dirigente di banca che è pronto ad obbedire agli ordini dei superiori anche a costo dell’infamia e dell’onore pur di raggiungere gli obbiettivi ….e i benefici, sacrificando la famiglia e i figli, riducendosi a schiavo, millantatore e spergiuro.
La rappresaglia dell’uomo, che potremmo definire della strada o della porta accanto, che chiede vendetta, per i torti subiti dal sistema, che oramai pensa solo al profitto passando sopra all’uomo o chi che sia.
Una storia che raggiunge momenti intensi, tra agitazione, nervosismo e ansia del brutto “quarto d’ora”, sofferto con i propri figli inconsapevoli e innocenti.
Gli attori hanno saputo ben interpretare ognuno la propria parte, Luis Tosar e Javier Gutierrez sono straordinari.
E la fine lascia ad ognuno la critica sociale, del mondo in cui viviamo.
Sono sicuro che sia un nuovo talento del cinema Spagnolo.