Se David Wark Griffith è riconosciuto comunemente come colui che gettò le basi del montaggio è dall’Unione Sovietica che giungeranno i contributi più innovativi, si pensi ad esempio all’effetto Kuleshov (già affrontato su questa rivista ndr) che verrà elaborato ed esteso da Pudovkin, Vertov e soprattutto Eisenstein in quello che è noto come il “montaggio delle attrazioni“. Nel tessuto narrativo vengono montate a tratti delle sequenze estranee al racconto, tali immagini extra-diegetiche non hanno un significato in sé ma sono portatrici di una valenza metaforica in relazione al contesto filmico principale. In altre parole vengono “attratte” nella narrazione per il loro significato simbolico che assumono quando associate alle sequenze in cui sono inserite.
Nel film “Sciopero” di Eisenstein la repressione della rivolta operaia viene alternata alle immagini di un mattatoio dove avviene lo sgozzamento di un bue. Il parallelismo del lavoratore sfruttato sino alla morte ed il bue macellato non è troppo sfumato per sfuggire anche ai meno ricettivi tra gli spettatori. Sergei Eisenstein definiva il montaggio delle attrazioni con queste parole: «Libero montaggio di azioni arbitrariamente scelte, indipendenti, ma con un preciso orientamento verso un determinato effetto tematico finale» . “L’effetto tematico” era raggiunto sovente con immagini forti o comunque dirompenti ed è per questo che il montaggio delle attrazioni è chiamato anche “teoria degli eccitanti estetici”, con un risultato che va ben oltre la “giustapposizione di scene semi autonome, dallo stile volontariamente caricaturale o burlesco, come le attrazioni delle music hall, da cui il termine deriva“. In fin dei conti per Eisenstein “La regia è l’organizzazione dello spettatore per messo di un materiale organizzato” ed il montaggio delle attrazioni è per il regista uno dei tanti espedienti per organizzare questo materiale.
Roberto Albanesi, classe 1986, nasce vive e cresce a Casalpusterlengo (fra Lodi e Piacenza) dove, sin dagli 11 anni d’età, scrive e dirige opere proprie, prima con l’aiuto di amici NON attori e poi con veri e propri professionisti del settore (da citare i suoi attori feticcio William Angiuli, Ivan Brusa, Stefano Galli, Paolo Riva, Jack Gallo e Roberta Nicosia) affiancati sempre da amici NON attori (giusto per ribadirlo). Fonda varie case di produzione, prima la MaGestic Film, poi la Viserba Film ed infine la New Old Story Film di Casalpusterlengo.
MMM: Ciao Roberto, che cos’è per te il cinema indipendente italiano?
RA: E’ un mondo che non appare su nessuna carta geografica. Un luogo in cui, grazie alle nuove possibilità della ripresa digitale, ognuno porta la sua visione su “pellicola”. C’è chi lo fa con idee brillanti (e per questo viene seguito da un certo numero di “fan”) e chi no. In ogni caso, non si fanno soldi neanche per errore. Io infatti lo faccio per un’esigenza interna… se non lo facessi, se non creassi le mie opere, credo che mi sentirei come un vecchietto senza il suo cantiere da guardare.
MMM: Riterresti le tue idee brillanti???
RA: Le mie idee DEVONO essere brillanti, per me intendo, se no non mi ci ammazzerei per realizzarle. Poi, ovviamente, spero che queste idee e queste buone vibrazioni passino agli spettatori. Per me il pubblico è sacro ma prima di tutti il lavoro deve piacere a me.
MMM: Come è cominciata la tua avventura nel cinema???
RA: Quando ero piccolissimo i miei genitori mi portavano al cinema solo una volta all’anno… il 31 Dicembre. Attendevo quel giorno tutto l’anno… era un vero e proprio evento per me.
I miei non erano appassionati né di cinema né di scrittura ma, in qualche strano modo, la cosa è nata in me. E’ stato lì che mi sono detto: “ma io questa cosa qui la devo fare, non mi basta vederla”.
MMM: Stando alla tua biografia ufficiale, hai lavorato anche in una videoteca, giusto?
RA: La svolta definitiva. Avevo 11 anni e da cliente OSSESSIVO COMPULSIVO del Videoclipper di Casalpusterlengo, sono diventato “dipendente”. Mi spiego meglio… non è che mi hanno messo a lavorare ad un 11 anni è. Semplicemente, dopo scuola andavo lì e passavo tutta la giornata fino alla chiusura a mettere apposto gli arrivi, a preparare gli ordini e a consigliare a chiunque il film da vedere la sera stessa. Ho avuto a che fare anche con vecchietti di 70 anni che mi chiedevano film “FORTI, CON RAGAZZE ORIENTALI ED ANIMALI”. In quei casi il mio “capo” prendeva la parola.
MMM: Il tuo primo lavoro???
RA: Era il 1999 e con la telecamera a vhs (quelle enormi da primissimi compleanni/battesimi/matrimoni) del padre di un mio amico, scrissi e diressi un film d’azione dal titolo “Ex Squad“. Io ed i miei amici barricati in una cascina, cercavamo di fermare i piani criminali di un mega dittatore pazzo che voleva distruggere il mondo utilizzando il “VIRUS SUPER SUPER LETALE”. Una stronzata divertentissima. A ripensarci mi torna sempre il sorriso.
MMM: Hai fatto degli studi poi?
RA: Certo… Ho visto tutti i film di John Carpenter,John Landis e di Tullio Giordana. Ecco la mia scuola.
MMM: Autodidatta insomma.
RA: Se vogliamo metterla così sì.
MMM: Poi un giorno ti contatta Alex Visani e ti dice…
RA: Mi dice che il primo corto che ho realizzato con Simone Chiesa e la NOS FILM (“Happy Birthday” Ndr.) gli è piaciuto da matti e che ci vorrebbe a bordo, per un film antologico che omaggia il cinema B degli anni 80. Prima che finisse la frase gli dissi sì a nome mia e della truppa…e così nacque “The Pyramid” .
MMM: Distribuito in Usa, Giappone e Canada.
RA: All’inizio del progetto sapevamo che qualcosa stava accadendo… ovviamente non pensavamo di ottenere questi risultati.
MMM: La cosa immagino che ti abbia fatto gonfiare il petto.
RA: Eravamo tutti molto orgogliosi, insomma, siamo gente di Casalpusterlengo noi.
MMM: E poi arriva Lorenzo Lepori…
RA: Io e Lorenzo Lepori siamo stati amici di penna (ebbene sì, amici di penna nell’era digitale) per anni, ci scambiavamo anche i nostri lavori più o meno professionali e ci divertivamo commentarli. Questo avveniva da prima di “The Pyramid“. E poi un giorno se ne esce con il propostone: “STO FACENDO UN FILM ANTOLOGICO TUTTO SCRITTO E DIRETTO DA ME, TI ANDREBBE DI FARMI UNA BELLA CORNICE PER LA STORIA?”
Fui felice da subito.
MMM: Ti parlò dell’idea dell omaggio ai vecchi fumetti italiani degli anni 70 ed 80, quelli con…
RA: …con le donne nude, i mostri ed i mortammazzati! Certo. Infatti accettai subito per quello… ottima idea e la possibilità di realizzarla con una persona pazza come Lorenzo. I pazzi stanno bene con i pazzi.
MMM: Da quello che uno può pensare, da fuori, tu sei un REGISTA HORROR a tutti gli effetti.
RA: Assolutamente sì. Da fuori. Poi però quando la gente vede quello che faccio resta parecchio stranita. Pensano tutti di trovarsi davanti ad un HORRORONE CLASSICO (e “The Pyramid” lo è, ma solo quello) e invece si ritrovano a ridere molto. Perché da fuori uno può pensare che io sia un HORROR DIPENDENTE, ma non è così. Amo i film dell’orrore perché permettono a chi li racconta (e a chi li guarda) di prendersi determinate libertà, ma allo stesso tempo lo fanno anche le commedie. Io sto lì, fra un genere e l’altro. Non per niente chiesi subito a Lorenzo la libertà totale per fare una COSA MIA… Infatti, guardando “Catacomba“, noterete che si passa da una storia parecchio demenziale (la mia) ai vari pugni nello stomaco girati da Lorenzo.
MMM: L’effetto finale effettivamente è strano.
RA: Ma funziona. Questo non lo dico io ma il pubblico della prima. Abbiamo proiettato il film a Marzo vicino a Montecatini. C’è stata una bella risposta del pubblico. Durante il film sentivo alternarsi le risate per il mio episodio cornice ed il digrignare i denti per le 4 storie del Lepori. Esattamente ciò che ci eravamo prefissati… un giro sulle montagne russe fra una risata ed un brivido.
MMM: Il film poi ha un gran ritmo.
RA: Questo mi rende felicissimo. Il mio dictat è “NON FARLI ANNOIARE” e quindi il ritmo è legge. Se perdi il pubblico è finita. Ovvio che poi insieme al ritmo ci deve essere il contenuto.
MMM: Progetti futuri?
RA: Ora sta uscendo il mio primo lungometraggio in solitaria. “Non Nuotate In Quel Fiume”. L’ho girato con 80 euro e tutti gli amici (non attori) e gli attori (anche amici) che volevo. Sono felicissimo… è un bel periodo per la mia creatività, il rubinetto della mente va che è un piacere.
MMM: Vorrei chiudere alla Marzullo. Caro Roberto, fatti una domanda e datti una risposta.
RA: Un sogno che si avvera! Allora… Mmmmmmmm…ok
“SECONDO TE, DIO ESISTE?”
“Il fatto stesso che al Mondo esista Bruce Springsteen ed i peperoni ne è la conferma”
Nel 1958 la Metro-Goldwyn-Mayer era sull’orlo della bancarotta e, per salvarsi, chiese al produttore Sam Zimbalist di realizzare una trasposizione cinematografica del romanzo Ben-Hur (Ben-Hur: A Tale of the Christ), scritto dall’eroe della guerra di secessione americana Lew Wallace. Questo romanzo aveva già avuto altre due versioni cinematografiche mute. Zimbalist affidò la regia del progetto a William Wyler, già regista di film come La figlia del vento (1938), Vacanze romane (1954) e Il grande paese (1959). Pur di assicurarsi Wyler come regista, Zimbalist non esitò a offrirgli un ingaggio di un milione di dollari: mai nessun regista era stato pagato così tanto.
La produzione del film fece costruire un Circo fuori Roma per girarvi le sequenze della corsa delle quadrighe, anche se in realtà le bighe erano trainate da 2 cavalli
Cinecittà era la mecca del cinema e gli effetti speciali erano:
40.000 tonnellate di sabbia del Mar Mediterraneo
500 tonnellate di stucco
1100 metri di legname
400 chilometri di tubature
E tanti attrici e attori (citiamo anche Giuliano Gemma), controfigure/stuntman che rischiavano ferite vere, vedi Joe Canutt che si tagliò il mento per un salto fuori dalla quadriglia non voluto, ma poi la scena venne opportunamente montata con primi piani dei protagonisti. Ben 8 mesi di riprese.
Ora veniamo a noi.
Sono passati circa 60 anni ed il cinema americano deve riprendere i kolossal con l’epopea del mediterraneo e la storia che essa ne deriva, vedi 300, Troy, e appunto Ben Hur di prossima presentazione in America (Agosto) e poi nel vecchio continente. Non vedremo le ricostruzioni fatte con tanta fatica, ora è tutto digitale, la magia del cinema subirà ancora l’effetto della tecnologia illudendoci dell’essere ma non è?. La storia del passato riuscirà a raccontare il presente e la supposta omosessualità che si era pensata, ma per l’epoca defenestrata, tra Giuda Ben-Hur e Messala?.
Si possono chiamare ancora film spettacolari??? O più semplicemente videogiochi convertiti in film?.
Rakib, un giovane ragazzo indonesiano, diventa assistente di Purna, ex generale del regime in pensione. Quando Purna inizia una campagna elettorale per essere eletto sindaco, Rakib si lega all’uomo, diventato per lui mentore e figura paterna. Un giorno, però, un manifesto elettorale di Purna viene trovato vandalizzato: un gesto che avrà conseguenze inimmaginabili per entrambi. Con un ritratto intimo di due generazioni che vivono sotto lo stesso tetto, il regista Makbul Mubarak ripercorre un doloroso periodo storico della sua nazione con un thriller intenso, che presenta forti risonanze con la contemporaneità ed una forte universalità del tema della lealtà e della vicinanza al potere.
In occasione del Giorno della Memoria (27 gennaio) ci sembra opportuno segnalarvi una selezione di film nel nostro catalogo che sono stati fondamentali nel racconto di ciò che è successo durante gli anni della dittatura nazista: dai film di propaganda ai documentari, dalle prime opere realizzate nella Germania Est al cinema hollywoodiano, per conoscere il ruolo fondamentale della settima arte nella storia, nonché importante strumento di conoscenza.
Nelle sezione “Guerra” sul nostro sito potrete quindi trovare capolavori come “I figli di Hitler”, un’aspra critica del regista Edward Dmytryk sull’educazione hitleriana, al vincitore del Festival di Locarno “Rotation” e il film perduto della propaganda nazista “Das Ghetto”.
L’associazione e compagnia teatrale le Muse Impenitenti, Marinetta Martucci e Arianna Villamaina, due attrici potentine, tornano a calcare il palcoscenico con una nuova esilarante ed originalissima commedia: Come lo zucchero per il caffè – ‘‘O Teatro è ‘o paese d’ ’o vero. Una commedia divertente e con performance di danza fuori le righe, che ci trasporta in un musical vero e proprio per poi allietare il pubblico con una sorpresa golosa. Lo spettacolo è un contenitore di arte a tutti gli effetti ed è un inno alle mille sfaccettature che in essa sopravvivono.