Arriva nelle sale “La coppia dei campioni” di Giulio Base, con Massimo Boldi e Max Tortora, un film di cui, francamente, non si sentiva la necessità.
Un milanese e un romano, dipendenti della stessa azienda, vincono due biglietti per la finale di Champions League. I due si conosceranno all’imbarco dell’aeroporto, detestandosi immediatamente. Andranno poi incontro a una serie di disavventure per tutta da durata dei 98 minuti del film.
Trama è a dir poco scontata e prevedibile, tra luoghi comuni, gag (trite e ritrite), volgarità gratuite, battute incresciose.
Quello che resta allo spettatore è un forte senso di disagio e noia per un prodotto pecoreccio, anacronistico, povero di idee (senza andare a scomodare il pensiero, ci mancherebbe).
Cosa ci porta a rinchiuderci in una sala buia per assistere ad un film? Cosa ci spinge? In sostanza, perché amiamo così tanto il cinema?
Negli ultimi anni sempre più esperti hanno studiato il fenomeno cinematografico, elaborando teorie più o meno condivisibili ma sicuramente significative.
Quella che maggiormente ci trova concordi, sostiene che la visione di un film possa indurre nello spettatore un lieve stato alterato di coscienza (veglia sognante), con l’obiettivo di migliorare uno stato di stress derivante da una mancanza o da una sovrabbondanza di stimoli ambientali.
Più concretamente: il film come balsamo alla ripetitività della vita quotidiana, un momentaneo alterato stato di coscienza per vivere fuori dallo spazio e dal tempo.
Se pensiamo che è stato dimostrato come alterati stati di coscienza (ad esempio lo sciamanesimo) possano avere effetti benefici sul sistema immunitario, è ipotizzabile che la visione di un film possa indurre uno stato di benessere.
Recentemente è stata aperta una sala cinematografica all’interno del Policlinico Gemelli di Roma, con l’obiettivo di stimolare nel paziente una sorta di “effetto pausa” che, come spiega il prof. Celestino Pio Lombardi, promotore dell’iniziativa, comporta la riduzione del dolore percepito e provoca uno stato di benessere generale, riscontrabile a livello neurologico.
In campo più strettamente terapeutico, la visione di un film o di immagini filmiche viene utilizzata in relazione ad un singolo caso o patologia da trattare: sarà il terapeuta a scegliere il tema più adatto per sollecitare nel soggetto lo sviluppo di nuove abilità.
Qualunque sia il vostro pensiero in proposito, siamo certi che su un punto possiamo convenire: il cinema non è solo un momento di evasione dalla quotidianità o approfondimento di temi sociali, economici, politici ma un vero e proprio detonatore di emozioni.
Sabrina Dolcini
Riferimenti bibliografici:
1) Vincenzo Maria Mastronardi, Filmtherapy, Armando Editore, 2005
2) Ignazio Senatore, Curare con il cinema, Centro Scientifico Editore, 2002
3) Ignazio Senatore, Il cineforum del Dottor Freud, Centro Scientifico Editore, 2004
Rakib, un giovane ragazzo indonesiano, diventa assistente di Purna, ex generale del regime in pensione. Quando Purna inizia una campagna elettorale per essere eletto sindaco, Rakib si lega all’uomo, diventato per lui mentore e figura paterna. Un giorno, però, un manifesto elettorale di Purna viene trovato vandalizzato: un gesto che avrà conseguenze inimmaginabili per entrambi. Con un ritratto intimo di due generazioni che vivono sotto lo stesso tetto, il regista Makbul Mubarak ripercorre un doloroso periodo storico della sua nazione con un thriller intenso, che presenta forti risonanze con la contemporaneità ed una forte universalità del tema della lealtà e della vicinanza al potere.
In occasione del Giorno della Memoria (27 gennaio) ci sembra opportuno segnalarvi una selezione di film nel nostro catalogo che sono stati fondamentali nel racconto di ciò che è successo durante gli anni della dittatura nazista: dai film di propaganda ai documentari, dalle prime opere realizzate nella Germania Est al cinema hollywoodiano, per conoscere il ruolo fondamentale della settima arte nella storia, nonché importante strumento di conoscenza.
Nelle sezione “Guerra” sul nostro sito potrete quindi trovare capolavori come “I figli di Hitler”, un’aspra critica del regista Edward Dmytryk sull’educazione hitleriana, al vincitore del Festival di Locarno “Rotation” e il film perduto della propaganda nazista “Das Ghetto”.
L’associazione e compagnia teatrale le Muse Impenitenti, Marinetta Martucci e Arianna Villamaina, due attrici potentine, tornano a calcare il palcoscenico con una nuova esilarante ed originalissima commedia: Come lo zucchero per il caffè – ‘‘O Teatro è ‘o paese d’ ’o vero. Una commedia divertente e con performance di danza fuori le righe, che ci trasporta in un musical vero e proprio per poi allietare il pubblico con una sorpresa golosa. Lo spettacolo è un contenitore di arte a tutti gli effetti ed è un inno alle mille sfaccettature che in essa sopravvivono.