Cannes: la Palma che si mangiò il Leone

I fondatori del celeberrimo festival di Cannes stavano tornando dalla ben più antica Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia quando gli venne l’idea di replicare qualcosa di simile nel sud della Francia.

Philippe Erlanger
Philippe Erlanger

Era il 1938 ed i due personaggi erano Philippe Erlanger e René Jean. La manifestazione Veneziana si teneva a quel tempo al Lido nel periodo tra il 06 e il 21 agosto. Già la scelta del mese la dice lunga sulla lungimiranza italiana, infatti agosto è un mese del’anno molto più stabile rispetto a maggio , in cui oggi si tiene il festival di Cannes e dove piove quasi automaticamente. Il Leone di Venezia non era una faccenda glamour e quasi industriale come gli Oscar americani, ma dichiaratamente consacrava il cinema all’arte già nella sua denominazione di “mostra” (diciamo pure però che nel 32 quando nacque non si sarebbe potuta usare una parola straniera come festival), tipicamente attinente alle arti. I francesi nel mezzogiorno della Francia identificarono la cittadina turistica di Cannes con il suo antico porto e la cittadella storica arroccata su di un promontorio per lanciare il loro festival concorrente. Il presidente sarebbe stato niente di meno che Louis Lumière ed avrebbero partecipato star americane del calibro di Tyron Power e Gary Cooper. Tutto bene  se non per la data improvvida dell’inaugurazione fissata per il 1 settembre del 1939. Lo stesso giorno in cui Hitler decise di far scoppiare la seconda guerra mondiale. Di ironica veggenza parvero dotati invece i cineasti russi che al concorso avrebbero voluto far partecipare la loro opera dal titolo tristemente profetico “Esli Zautra Voyna” (Se Domani Scoppiasse La Guerra). Tutto rimandato quindi al 20 settembre del 1946, ma la selezione è quanto mai ricca e prestigiosa. Vi partecipano infatti “Notorius” di Alfred Hitchcock, “Roma Città Aperta” di Rossellini, “Gilda” di Charles Vidor e “Breve Incontro” di David Lean, denotando sin da subito un respiro veramente internazionale che aveva saputo superare i rancori del conflitto appena terminato.

Cannes-2013

Simbolo e premio reificato del festival diventa nel 1954 la “Palma”, sotto la cui ombra si passeggia nella celebre Croisette. La rassegna diventerà una competizione però solo nel 1960 quando il grande scrittore Georges Simenon convince i giurati a premiare “La Dolce Vita” di Federico Fellini. Negli ultimi quarantanni Cannes è cresciuto progressivamente nella stessa misura in cui si è eclissata la nostra Mostre d’arte cinematografica di Venezia. A fertilizzare questa vivida crescita sono state polemiche e conflitti che hanno mantenuto la manifestazione all’altezza dei tempi e soprattutto del cinema. Non si snobbano infatti opere definite “popolari” come il “Robin Hood” di Ridley Scott, che convive benissimo nel tempo a fianco di capolavori impegnati come “Paris Texas” di Wim Wenders o “Lezioni di Piano” di Jane Campion. Persino ( o soprattutto) un film scomodo in patria come “Apocalypse Now” di Coppola fu presentato a Cannes. Insomma tutto, purché sia cinema.

The Transfiguration

Non convince né avvince The transfiguration, opera prima di Michael O’Shea, presentato nella sezione “Un certain regard” al Festival del cinema di Cannes.

Milo, adolescente nero americano, vive col fratello in una condizione di privazione sociale ed affettiva. Una sera conosce Sophie, una ragazza con tratti borderline.  Ne nascerà un legame particolare, basato sulle solitudini reciproche.

Se il soggetto si fosse limitato a questo, avremmo visto un film drammatico,  sicuramente non originale, ma ben recitato.
Purtroppo vengono inseriti i vampiri, in cui il protagonista si identifica, sulla base (forse ) di un disturbo post traumatico subito tempo prima. Questa forzatura non giova al film che non diventa un vero horror, nonostante le scene splatter. Peccato.

Sabrina Dolcini

Transfiguration03