Il cinema APOLLO 11 (via Nino Bixio 80/A – ROMA) fa rivivere un’atmosfera d’altri tempi, quando i cineclub erano il luogo dove si andava a vedere il CINEMA. Per questioni anagrafiche, i miei ricordi in questo ambito partono dalla seconda metà degli anni 70’. In situazioni molto simili ho visto le rassegne dei grandi registi, film che all’epoca sarebbe stato difficile vedere in altro modo.
La sala è spartana ma accogliente e c’è una bella atmosfera.
Il fastidio della “tessera associativa”, con relativa compilazione dei dati personali all’ingresso, è ampiamente ripagato.
Un comodo divano, al centro, sotto lo schermo, suggerisce che dopo il film potrebbe esserci “il dibattito”.
In questo caso il dibattito è annunciato, poiché l’occasione è la presentazione di un film con la presenza del regista in sala.
NESSUNO MI TROVERA’ è l’ultimo lavoro di Egidio Eronico, un documentario lungometraggio su un grande della fisica, Ettore Majorana, e sulla sua misteriosa scomparsa, o morte presunta, datata 27 marzo 1938. La vicenda è nota, ma per chi non la conoscesse sarà facile documentarsi.
Attraverso una serie di testimonianze, materiali di repertorio, fotografie e affascinanti ricostruzioni animate, lo spettatore s’immerge nella complessa personalità di un genio, seguendo un racconto tra interpretazioni e congetture, che caratterizzano il breve passaggio di Majorana in questo mondo.
Il film è abbastanza esaustivo sull’argomento e offre anche una serie di riflessioni etiche e filosofiche sul senso della ricerca, sull’ambizione, sulla natura umana e altro.
La colonna sonora di Riccardo Giagni lega il tutto con eleganza e guizzi di originalità.
La sala è piena. Alla fine della proiezione il regista spiega che cosa l’ha spinto a cimentarsi con questa complicata vicenda.
“C’era qualcosa che non mi convinceva…” Si riferisce alle molte interpretazioni contraddittorie che hanno contribuito a fare di Majorana un personaggio sfuggente e inafferrabile.
Era partito con l’idea di farne un film di finzione, cosa che la realizzazione del documentario non esclude… Potrebbe essere un primo passo per cominciare a sbrogliare la matassa, facendo emergere una trama, un punto di vista, adatto a un film di finzione… possibilmente non da RAI 1, ma da CINEMA.
Egidio Eronico non è nuovo a rigorose interpretazioni fiction della realtà. Un suo film precedete (My Father – Rua Alguem 5555 – del 2003), racconta la storia vera del figlio di Josef Mengele, che raggiunge il padre nascosto in Brasile per incontrarlo un’ultima volta.
Uno straordinario Charlton Heston nel ruolo dello spietato scienziato nazista, che (per quanto ci possa stare un po’ antipatico per il suo sostegno incondizionato a National Rifle Association) con il suo “peso specifico” e la scelta di un’interpretazione fredda, gelida, distaccata, ci regala un personaggio indimenticabile, superiore persino a Gregory Peck che interpretò lo stesso ruolo ne “I ragazzi venuti dal Brasile”, di Franklin Schaffner (1978).
Dopo un colorito intervento di Andrea Stucovitz, giovane produttore del film, Egidio presenta Valerio Rossi Albertini, un fisico del CNR, che si sofferma a definire il possibile orizzonte di una mente superiore, di un genio, quale appunto Majorana è considerato quasi universalmente. Per spiegarlo, parla di Albert Einstein e del fatto che la sua precisa intuizione di cento anni fa sulle onde gravitazionali, solo recentemente è stata dimostrata. L’arco temporale di un secolo suggerisce che il “genio” è colui che vede lontano.
Anche Ettore Majorana, a distanza di circa ottant’anni tiene ancora gli scienziati con il fiato sospeso per la teoria secondo la quale neutrini e antineutrini sarebbero due manifestazioni della stessa particella, come le due facce di una stessa medaglia: la transizione tra materia e antimateria risulterebbe allora possibile. Questo fenomeno, seppur raro, potrebbe essere stato frequente nell’universo primordiale immediatamente dopo il Big Bang, e avere determinato la prevalenza della materia sull’antimateria.
Un complesso esperimento, attualmente in corso, tra qualche anno svelerà se il neutrino e la sua antiparticella coincidono, e quindi se Majorana ci aveva visto giusto.
Sarà uno di quei rari casi, come lo è stato per le onde gravitazionali di Einstein, in cui la scienza pura troverà spazio sulle prime pagine dei giornali. Aspettiamo e leggeremo…
Sull’onda della conversazione che nasce spontaneamente dal film a proposito del complicato rapporto e della rivalità tra Fermi e Majorana, si alza una voce che, se pure apparentemente lontana, è invece molto presente.
Mario Pieroni, è in prima fila con la moglie Dora. Nel 1979 avevano aperto una galleria d’arte proprio a via Panisperna, davanti alla facoltà di fisica, inaugurandola con una mostra di Gino de Dominicis, Jannis Kounellis e Ettore Spalletti.
Negli anni, molti grandi artisti sono passati di li: da Gerhard Richter a Michelangelo Pistoletto, da Gilbert & George a Carla Accardi… La presenza di quel passato mitico, come una “legge nascosta”, si mescolava con l’arte contenuta tra le mura della galleria di Mario e Dora.
La contaminazione tra arte e scienza viene facile, ancora di più se si pensa all’atteggiamento di Majorana, polemico e provocatorio per natura, che ricorda quello di alcuni artisti.
Da Caravaggio a Francis Bacon, da Luigi Ontani a Thierry de Cordier… la biografia e il carattere creano un contrappunto che contribuisce a dare al lavoro una luce diversa, diventandone un elemento imprescindibile. Lo stesso accade in letteratura: basti pensare a Oscar Wilde, Pier Paolo Pasolini, Cormac McCarthy, John Maxwell Coetzee…
L’aspetto di Majorana che a Mario preme sottolineare, è la sua volontà di sottrarsi a certe forme di attenzione, di celebrazione, mettendosi consapevolmente e volutamente “conto” il sistema, come quando a sorpresa si presentò a un concorso a Roma, disturbando i piani del potere accademico. Per toglierlo di mezzo, Fermi gli fece conferire una cattedra per “meriti speciali” a Napoli.
Con le dovute proporzioni, pensando in parallelo al mondo dell’arte, Majorana in certi suoi atteggiamenti può ricordare Emilio Prini, uno degli artisti più misteriosi e inafferrabili del nostro tempo… oppure Vettor Pisani che, se pure più affabile, era incapace di allontanarsi da un cronico pessimismo cosmico che l’ha portato a togliersi la vita, come potrebbe aver fatto Ettore Majorana.
Al mio fianco, c’è Alessandro Variola, detto “Opo”, un vecchio amico di Udine (nato in Brasile nel 1966). Anche lui è un fisico, ma non interviene durante il dibattito, credo per rispetto del suo collega, invitato dal regista.
Di lui so quasi tutto per l’affetto che ci lega da diversi decenni.
Anche mio padre era fisico, ma per ragioni di salute era stato costretto ad abbandonare la ricerca. La sua grande passione era dare lezioni di matematica a me, mio fratello e ai nostri amici, tutti somari. Opo è l’unico che ha fatto tesoro di quelle lezioni e ben presto ha preso il volo.
Dopo la laurea a Trieste ha fatto il dottorato di ricerca all’Università di Parigi Sud. Poi è andato al CERN di Ginevra per lavorare, tra le altre cose, sull’acceleratore LHC.
Per mio padre Opo era come un altro figlio, e per noi un fratello acquisito.
Nel 2014 è stato richiamato dell’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) con la legge per il rientro dei cervelli in Italia. Attualmente dirige il programma di sorgente di fotoni gamma ELI NP ai Laboratori Nazionali di Frascati (LNF) dell’INFN. Insegna fisica degli acceleratori all’Università di Parigi Sud e Fisica Moderna alla Sapienza di Roma.
Sono molto contento che sia approdato a Roma, così ci si potrà vedere più facilmente.
Fuori dal cinema, nonostante le domande che gli facciamo, un po’ si trattiene, Opo non è proprio autocelebrativo… ma poi cede alla passione e comincia a parlare, cercando di farci capire il suo mondo e le sue proiezioni.
Quali sono le sfide della fisica del futuro?
Quali le grandi questioni alle quali dare una risposta?
La prima è capire il motivo dell’asimmetria materia-antimateria nell’universo. E’ evidente che il nostro universo è composto essenzialmente di materia ed è per questo che possiamo esistere. In un mondo costituto da materia e antimateria in egual misura, si avrebbero continui fenomeni di disintegrazione e di creazione di particelle, una condizione di totale instabilità.
Eppure, nei momenti successivi al big bang, una “legge nascosta” ha rotto la simmetria materia-antimateria data dall’eleganza delle leggi matematiche che regolano i fenomeni fisici. Meccanismi di violazione delle simmetrie sono stati già scoperti, ma la loro intensità non è sufficiente per giustificare il dominio della materia sull’antimateria nell’universo conosciuto.
La seconda grande questione, è quella di conoscere l’origine della materia oscura. Per molti decenni le misure cosmologiche (e non) per conoscere di cosa è costituito il nostro universo, sono diventate sempre più precise e i modelli associati sempre più raffinati. Con “materia”, nell’universo noi definiamo quindi tutto ciò che è regolato dai meccanismi della fisica a noi conosciuti e che quindi permette di essere rivelato, ma tramite diverse misure dello stato “dinamico gravitazionale” dell’universo si può dedurre che solo il 5% della materia dell’universo forma galassie e ammassi stellari. Quasi il 30% invece contribuisce alla dinamica gravitazionale ma non interagisce con le forze elettromagnetiche e quindi è definito come “materia oscura”. Con questo termine individuiamo un tipo di materia che ancora non siamo in grado di inquadrare nei modelli fisici.
Queste due grandi questioni si possono riassumere in una domanda: “Quali sono i limiti di validità del modello standard?”
L’ingegno di pochi è riuscito a fornire un modello delle interazioni tra particelle che si è dimostrato incredibilmente preciso e verificabile sperimentalmente. Nonostante abbia un intrinseco alto livello di complessità, riesce a descrivere con estrema precisione le diverse particelle, i loro comportamenti e, sempre tramite leggi di simmetria, le particelle che gestiscono le interazioni. Ma le due domande precedenti dimostrano che ci deve essere qualcosa al di la del modello standard, qualcosa di più generale e complesso…
Forse la realtà deve essere descritta da un modello più generale, di cui il modello standard non è altro che una parte che ne descrive un dominio limitato in energia, come ad esempio la gravitazione di Newton è una parte approssimata della relatività di Einstein.
Eh sì, c’è ancora molto da fare…
Ecco… Questo e altro può accadere se una sera decidiamo di uscire di casa e andare al CINEMA.
Ferdinando Vicentini Orgnani
10 giugno 2016