Un tempo il desktop si chiamava “PC da tavolo” per distinguerlo dal portatile che oggi tutti chiamano laptop. Inutile opporsi agli inglesismi nel campo informatico, pena il rischio di apparire prossimi alla rottamazione. Il PC da tavolo non ha mai conquistato i salotti degli italiani rimanendo relegato allo studiolo o alla camera dei ragazzi ed oggi paga lo scotto della sua estrema specializzazione.
Sì perché se il portatile e lo smartphone condividono a pari merito quasi un terzo della fruizione di contenuti SVOD (fonte IBM cloud video) con un 15% ciascuno di visualizzazioni, il vecchio PC da tavolo rappresenta il fanalino di coda con appena il 5% del traffico. A pensar male (che spesso ci si azzecca come diceva un celeberrimo politico della vecchia repubblica) c’è da rilevare che negli uffici ci si può dedicare di nascosto a bazzicare i social network o a leggere il proprio magazine preferito, tutte attività che non richiedono necessariamente la funzione audio, ma guardare un programma sarebbe evidentemente troppo smaccato. A farla da padrone quindi è il caminetto tecnologico di casa rappresentato dalle connected TV che con il 43% di share veleggiano con brio verso la metà del traffico SVOD.
Il tablet che pur ha uno schermo più grande degli smartphone, ma non gode della medesima diffusione, si attesta ad un tondo 10%. E per chi a casa non ha ancora la smart TV, ma vuole vedersi un film o una serie durante la pausa tra un gioco e un altro può usare la sua console giochi come media per i contenuti SVOD. Il che significa che già oggi, sommando questo residuale 12% al 43% delle connected TV , i fruitori del digital delivery utilizzano schermi grandi per fruire dei contenuti e ciò implica che la qualità dell’immagine è destinata ad essere un aspetto importante che gli operatori del settore devono considerare nell’offerta dei loro programmi.