Durante l’ultimo Festival di Cannes appena concluso, DNA srl ha chiuso un accordo per la distribuzione in Francia e in Brasile del controverso documentario “Un minuto de silencio” di Ferdinando Vicentini Orgnani, che mette a nudo la gestione del governo di Evo Morales in Bolivia.
La lettura superficiale, spesso ideologica, della stampa Europea rispetto al “cambio” nella politica Boliviana, viene ribaltata dal regista con un’indagine condotta “sul campo” nell’arco di sei anni: nove viaggi in Bolivia e decine di interviste a tutti i protagonisti della politica boliviana degli ultimi vent’anni, oltre a un ricchissimo e inedito materiale di repertorio (fornito dal giornalista indipendente Carlos Valverde, ora costretto all’esilio in Argentina per la sua opposizione al regime).

Dopo l’uscita americana nel maggio del 2016, recensita dal NY Times, nei prossimi mesi il film si vedrà nella sale francesi con la distribuzione di TUCUMAN FRANCE e in quelle brasiliane con FENIX FILMES, ma ci sono altre trattative in corso per l’uscita in diversi altri paesi.
Dal 2006 a oggi, dopo oltre dieci anni di gestione da parte del presidente Morales, democraticamente eletto dal popolo, ci troviamo davanti alla dittatura soft di quello che oramai a tutti gli effetti è un “narco stato”. I “cocaleros” (i coltivatori di coca) un’organizzazione criminale, molto capace e lungimirante, dopo aver preso il potere con un presidente che in barba al conflitto di interessi ancora oggi è il leader del loro sindacato, si è dedicata a espandere in modo esponenziale la produzione di cocaina e allo stesso tempo a mantenere con ogni mezzo il potere politico. Tutti i leader dell’opposizione sono in prigione o costretti all’esilio. Come fu per Hugo Chavez in Venezuala (un paese ormai allo sbando) anche in Bolivia il Presidente Evo (già eletto tre volte con ardite modifiche costituzionali), si sta organizzando per mantenere il potere ad oltranza.
I cartelli messicani e colombiani ormai operano liberamente in Bolivia, dove possono contare una grande tolleranza e il più delle volte su una complicità del governo. Migliaia di tonnellate di cocaina partono dalla Bolivia e, attraverso i porti brasiliani, raggiungono i mercati di tutto il mondo. Si calcola che solo il consumo interno della cocaina boliviana in Brasile sia di tre tonnellate al giorno. Quello che Pablo Escobar tentò di fare in Colombia negli anni ottanta è di fatto accaduto in Bolivia sotto gli oggi bendati della maggior parte della stampa internazionale.

Il regista, che ha subito delle minacce per questo lavoro, ha avuto la prova evidente del boicottaggio da parte del governo di Evo Morales quando il film, invitato a Madrid da “Casa America” è stato improvvisamente escluso per l’intervento dell’ambasciata boliviana in Spagna, episodio denunciato da El Pais.
Un silencio crítico de la reciente historia boliviana
Dal 2006 a oggi in Bolivia (un paese di circa dieci milioni di abitanti) ci sono stati oltre duemila morti per ragioni politiche oltre a una diaspora di oltre cinquemila boliviani costretti all’esilio. Violenze, linciaggi, brutalità, minacce, incarcerazioni sommarie senza processo, persecuzione ai familiari degli oppositori (cosa che nemmeno le dittature del “plan condor” avevano mai perseguito)… un sistema giudiziario ormai completamente al servizio del regime.
Per le prossime uscite in sala, i distributori hanno deciso un cambiamento sia nell’immagine del film che nella strategia di comunicazione, giocando con un’immagine ben nota nell’immaginario collettivo che paragona il Presidente Evo Morales a un noto cartone animato, con una paradossale satira che vuole richiamare l’attenzione sulla gravissima situazione della Bolivia.
Chi ha incastrato Evo Morales?
Who framed Evo Morales?
Qui veut la peau de Evo Morales?
¿Quién engañó a Evo Morales?