Cuori puri è il film d’esordio di Roberto de Paolis, presentato con successo alla Quinzaine des realisateur, prestigiosa sezione del festival di Cannes.
Il film racconta di un ragazzo difficile e una ragazza poco più che adolescente, che istintivamente tentano di salvare una loro integrità primigenia, attaccata da diversi fronti. Ciò attraverso una serie di complicazioni, messe in scena per evidenziare questo difficile percorso: entrambi hanno un rapporto conflittuale con i genitori, gli amici, l’ambiente che li circonda e i messaggi che ne ricevono.
Lei frequenta una parrocchia e un sacerdote che cerca di instillare un insegnamento cristiano che abbia un riscontro vivo nella realtà, ha una madre ossessiva e degli amici alle prese come lei con le pulsioni dell’età; lui vive da solo, si arrangia con un lavoro di vigilanza privata, ha amici scapestrati al limite della legalità e genitori, oltre che assenti, in grave difficolta economica, tanto da essere sfrattati e vivere in una roulotte. Il tutto ambientato in una squallida periferia romana, illuminata solo a sprazzi dalla loro luce giovane, deviata eppure innocente. Il campo Rom e la parrocchia sono due universi antitetici per evidenziare un’ulteriore dialettica a contrasto tra solidarietà e impulso razzistico. Alla fine l’unica soluzione possibile arriva – attraverso una moderna via crucis – ed è un invito alla speranza, nonostante tutto.
Scritto benissimo (da ben quattro sceneggiatori come si usava una volta), con personaggi disegnati con cura e conoscenza delle situazioni (i Rom hanno collaborato alle riprese e addirittura alle scenografie, oltre a interpretare dei piccoli ruoli), dialoghi equilibrati e crudi (ad esempio quelli del sacerdote, eco dalle catechesi che si tengono a Roma), pieno di dolcezza e con validi caratteristi (Paolo Fresu e Edoardo Pesce gigioneggiano); la regia fa delle scelte coraggiose, stando addosso ai protagonisti fino ad omettere spesso il classico campo-controcampo nei dialoghi per privilegiare i loro piani di ascolto e sacrificare gli interlocutori lasciandone solo la voce fuori campo; la fotografia predilige la mdp a mano e azzarda spesso controluce e immagini abbacinanti – precisa scelta stilistica insieme al suono in presa diretta laido e spigoloso, carezzato dal valido commento sonoro.
Con Cuori puri la vita si (ri)affaccia sullo schermo. Enunciava Zavattini che “il tempo è maturo per buttare via i copioni e per pedinare gli uomini con la macchina da presa“, e De Paolis abbraccia questa teoria, schierandosi idealmente contro l’imperante commediola borghese da pay-tv, in un neo-neoralismo che ci regala un film che per una volta non è scritto spaparanzati sul divano con i programmi di writing, ma intenso e pieno di verità, con il pregio di raccontare l’eroismo degli ultimi.
Gaetano Gentile