Baby Driver

Rimanere ad aspettare in auto i propri complici, che armati di tutto punto entrano in una banca federale con il preciso scopo di rapinarla, genera un’umana e comprensibile tensione. Ma per Baby (Ansel Elgort), giovane e talentuoso pilota costretto a prestare la sua abilità al boss Doc, alias Kevin Spacey, capo della malavita dal British accent, l’attesa si annienta facilmente con il ritmo anni 90 Indie Blues di Bellbottoms, che si irradia nelle cuffiette sempre attaccate alle orecchie del giovanissimo autista. Ed è un attimo che il giovane criminale ne cavalca il ritmo, simulando una coreografia tutt’uno con la macchina rossa fiammante, pronta a partire all’uscita dei suoi alquanto discutibili colleghi.

I movimenti di Baby, la regia dinamica e perfino i movimenti della vettura si ispirano, come la sceneggiatura del film, al video clip di Blue Song della band elettronica Mint Royale, (anch’essa presente nella vasta colonna sonora), non a caso diretto proprio da un giovanissimo Edgar Wright.

Questo è l’adrenalinico inizio di Baby Driver, settimo film scritto e diretto dal regista britannico, che ci catapulta nel perfetto mood del film. Un incontro riuscitissimo tra musical, film d’azione, gangster e romantic movie, il tutto condito con la giusta dose d’umorismo, tanto caro al regista inglese, per un risultato garantito di quasi due ore di assoluto divertimento. Per questo definire Baby Driver solo un film d’azione è decisamente riduttivo. Sì perché, come Wright ama fare già dai tempi de La Notte dei Morti dementi (Shaun of The Dead), la contaminazione di generi è uno dei punti di forza del film assieme all’innovativo utilizzo dell’elemento visivo (vedasi il folle Scott Pilgrim vs The World).

 Ciò che più caratterizza l’ultima fatica di Edgar Wright è il ruolo della musica, fondamentale per il film come per il suo protagonista. Tutta la pellicola si muove infatti a ritmo dei suoi ben 47 brani, (che spaziano dal rock dei Queen fino all’elettronica passando per il soul, fino alla lounge music di Ennio Morricone) seguendo in tutte le sue sequenze musicali una precisa coreografia ben orchestrata tra movimenti degli attori e montaggio.

I personaggi non sono da meno, seguono il tono acceso e fumettistico del film, con un’indole che oscilla tra bene e male, tra il buffo e il malefico. Personaggi più complessi dell’archetipo dietro il quale si nascondono alla prima occhiata.

Baby Driver è cinema allo stato puro perché il suo autore ama così tanto il mezzo cinematografico da sfruttarlo al massimo, nel modo più divertente, intelligente e dinamico possibile. E questo ne fa uno degli autori più rivoluzionari della New Hollywood.

Un’occasione da non perdere per chiunque voglia godersi un po’ di sana leggerezza, senza mancare di una messa in scena molto complessa, ma anche per chi, cinefilo, voglia scoprire nuovi modi di fare cinema, e rendersi così conto dell’irriducibile capacità di sorprendere della settima arte.

Andrea Rabbito

APPUNTAMENTO AL PARCO

un film di Joel Hopkins
uscita 14 settembre
durata 103 minuti
La storia (di un amore in età avanzata che valorizza soprattutto la tenerezza) si svolge nel pittoresco contesto dell’Hampstead Village, un’oasi di verde in mezzo al trambusto della vita londinese. Sul limitare del parco vive la vedova americana Emily (Diane Keaton), che lotta per ritrovare una parvenza di tranquillità esistenziale in seguito alla morte del marito, mentre scivola sempre di più sotto una montagna di debiti.


Donald (Brendan Gleeson) è un uomo solitario che vive in una capanna in un parco, conducendo uno stile di vita alternativo, un’esistenza molto primitiva, provvedendo autonomamente alle proprie necessità di vita, dal cibo all’energia elettrica, molti di noi vorrebbero immedesimarsi.


Due attori di tipo molto diverso e per certi versi due persone di tipo molto diverso e credo sia questo l’aspetto più divertente della storia: sono veramente una strana coppia.
I dialoghi molto british, sono molto importanti nel contesto generale e rendono ancora più divertente quanto già ben costruito dal regista.


Peccato che un gravoso ed attuale tema come il mercato immobiliare che lucra e calpesta persone deboli e meno abbienti è trattato con superficialità, cavalcando solo l’apparente piacevolezza dei suoi protagonisti e alla loro romantica alleanza.

Palazzo del Cinema Anteo

Così titolavano i media all’inaugurazione del Palazzo Cinema Anteo.
Milano, il nuovo formato dell’Anteo: da cinema a villaggio multimediale con film sul divano, nursery, proiezioni per i gourmet.
Curioso, vado a vedere questa particolarità creata nella “Città Metropolitana”, eccellenza su tutto.


11 sale tutte dotate di proiettori 2 e 4K e in una delle sale è stato disposto il sistema Atmos, che consente di generare un ambiente tridimensionale più realistico e ‘avvolgente’.
Tra gli altri servizi offerti al pubblico ci sono anche un giardino con 70 posti, una birreria e la Biblioteca pubblica dello spettacolo che metterà a disposizione un ampio catalogo di opere legate al mondo dello spettacolo.
Un occhio di riguardo viene riservato anche ai più piccoli, con una Nursery che proporrà percorsi formativi sullo spettacolo modulati a seconda delle fasce di età e non solo: per i più golosi Anteo ha riservato Nobel, una sala cinema ristorante nata dalla collaborazione con Eataly che permetterà di godersi il film assaggiando i piatti preparati dallo chef.
Il menù cambierà a seconda del tipo di pellicola proiettata.
Estasiato, cerco il luogo (che un tempo c’era) dedicato ai film in vendita, immagino di trovare i grandi classici che hanno fatto la storia del cinema, produzioni italiane indipendenti e no…. con tutto questo spazio ero certo che avrebbero fatto un gran concorrenza a librerie antesignane che vendono prodotti home video.
Nulla di tutto ciò, la prosecuzione naturale del cinema, non esiste più, uno spazio a libri sul genere e poco altro.


Pensavo che il cinema non fosse un luogo ma un concetto d’arte e la peculiarità di questa arte è quella di esprimersi ovunque e comunque.
La sala è uno dei luoghi ma non l’unico e le nuove tecnologie come il 4K rendono possibile goderne ovunque con gran qualità.
In attesa di un costo irrisorio per futuristici cloud a prova di tempeste solari, il supporto ottico è ancora un modo efficace ed economico per guardare i film.
Chi non riesce a vedere questa realtà è cieco e parafrasando Ben Affleck in Dare Devil (che di ciechi se ne intende) se la sala cinema non troverà i suoi spettatori, gli spettatori troveranno i film….. magari in dvd.

Entrato con entusiasmo e curiosità, mi accingo ad uscire…. ma con l’amaro in bocca.