A poco più di un mese dall’uscita del film sul rapimento di Paul Getty, prevista per il prossimo 22 dicembre la produzione dell’ultimo film di Ridley Scott intitolato “Tutti i soldi del mondo” caccia Kevin Spacey investito dallo scandalo molestie sessuali.
Andranno rigirate tutte le scene in cui compariva Spacey e la cosa non è banale e le segretarie di produzione sanno bene cosa vuol dire ricreare tutti i set con precisione ossessiva, mentre i registi sanno che sequel particolare pathos non sarà facile da replicare, ma l’etica è tutto o quasi e quindi non c’è altra scelta che ingaggiare un solido professionista come Christopher Plummer e rifare tutto quanto. Non sarà indolore sui conti della produzione
Le quattro società co-produttrici hanno storia più televisiva che cinematografica. La Scott Free Productions ad esempio è quella di “Numb3rs” e della serie “The Good Wife” mentre la Imperative ha prodotto la serie “Heroes reborn”. Nonostante non sarà indolore per i loro conti economici riconvocare altre star del cast come Mark Wahlberg e Michelle Williams per rifare le scene con Plummer, la loro è una scelta obbligata se vogliono continuare ad entrare nelle case degli spettatori con le loro serie TV.
Qualcosa però non quadra in questo moralismo. Quantomeno bisogna contestare una certa tempistica tardiva a cui si aggiunge una opaca mancanza di sincerità. Da sempre il pubblico ha un’immagine distorta degli idoli cinematografici, ma parimenti l’industria conosce invece ogni vizio privato che si cela dietro supposte pubbliche virtù. Nel 1955 quando la rivista “Confidential” (Siamo come avrete capito in piena atmosfera James Ellroy) stava per pubblicare i gusti sessuali di Rock Hudson, la Universal molto pragmaticamente pagò una somma per evitare che il sex simbolo maschile ne fosse distrutto. Sempre in perfetto clima noir si svolse la vicenda che coinvolse Robert Mitchum accusato di fare uso di stupefacenti e che indusse RKO, lo studio che aveva sotto contratto l’attore a quel tempo, ad imporre al proprio pupillo di fare pubblica ammenda.
Da allora nulla è cambiato, l’industria continua nella commistione tra immagine pubblica e ruoli d’attore. Tutti sanno tutto, ma si procede alla cacciata ed al ludibrio solo quando la macchia diviene di dominio pubblico. Se Kevin Spacey fosse degno o meno dei valori etici e morali della produzione del film di Scott era noto prima che scoppiasse lo scandalo e se merita ora di essere ostracizzato altrettanto lo merita il regista e tutta la produzione. Se invece, come non sarebbe peregrino propendere, si volesse mantenere distinti gli attori ed i loro ruoli dalla loro vita personale (ché privata, se uno vuole fare il divo, non ce la può avere una vita) nulla osta affinché il cast concluda il film così come è partito. La seconda ipotesi è ovviamente pura utopia poiché è il pubblico che vuole confondere attore e personaggio e per dirla con un idolo che impersonò perfettamente tale fusione “Nessuno dovrebbe andare al cinema se non crede agli eroi” (John Wayne).