Riziero è tornato. Il giovane cavaliere di Pietracuta, da un lato valoroso difensore della Roma papalina del Settecento, dall’altro affascinante mascalzone (come ebbe a definirlo Federico Fellini, che amava questo personaggio e avrebbe voluto trarne un film), è stavolta alle prese con un intrigo che lo conduce sull’altra sponda del Mediterraneo.
Siamo nel 1744 e, nel giro di poche notti, scompaiono in circostanze misteriose tre fanciulle di diversa estrazione sociale. Chiamato dal Papa a risolvere l’enigma, Riziero si trova subito in acque perigliose, che lo porteranno in Sicilia e da lì a Tunisi e Algeri tra barbari schiavisti di cristiani. Come in un inarrestabile effetto domino, una difficoltà genera la successiva: e così eccoci, accanto a Riziero, a districarci tra le trame segrete dei Beati Paoli, fronteggiare l’attacco di una nave pirata in mare aperto, invischiati tra mercanti di schiavi senza scrupoli, irretiti da seducenti odalische velate, fino a rischiare l’evirazione, in una scena al tempo stesso inquietante e divertente, forse la più memorabile dell’intera avventura. Per poi scoprire, una volta arrivati al nocciolo della questione, che… non tutto è come appare. E spesso gli “altri”, i cosiddetti barbari, sono vittime inconsapevoli delle trame oscure delle cosiddette popolazioni civilizzate. Tra le righe, sapientemente celata eppure inequivocabile, la metafora storica di tempi più recenti: le manovre a fini di colonialismo economico dell’Italia in Libia (nel Mediterraneo, appunto), fino ad arrivare alle pretestuose guerre di religione che celano mire espansionistiche.
Giunto alla terza tappa del ciclo di Riziero, dopo il fortunato “Il Conclave” e “Riziero e il Collegio invisibile” (senza dimenticare la raccolta di racconti “Riziero e il gioco dei tarocchi”), il sociologo Fabrizio Battistelli dimostra in “Mediterranei” (Edizioni Pendagron) una maturità di scrittore sempre più convincente. La precisione della ricostruzione storica e la cura dei dettagli sono al servizio degli intrighi avventurosi senza mai prevaricare o risultare leziosi. Allo stesso modo lo stile, che omaggia gli archetipi della letteratura di genere, da Defoe a Dumas, fluisce ricco ma non complesso, preciso ma non didascalico, facendo dimenticare al lettore che ci muoviamo in un contesto storico e geografico assai sofisticato e agganciandolo invece, empaticamente, al nostro eroe e alle sue vicissitudini. Battistelli conosce bene il romanzo storico d’avventura e Riziero è l’icona di un periodo fecondissimo di spunti e fino ad oggi poco sfruttato dalla letteratura di casa nostra.
Luigi Sardiello