Road to Halloween “Film-o’-(magic)Lantern”: consigli per la visione (pt.2)

“Among the bonny winding banks,

Where Doon rins, wimplin’ clear,

Where Bruce ance ruled the martial ranks,

And shook his Carrick spear,

Some merry, friendly, country-folks,

Together did convene,

To burn their nits, and pou their stocks,

And haud their Halloween

Fu’ blithe that night.”

 

Robert Burns, Halloween(1786)

 

Con i versi in scots del poeta Robert Burns, proseguiamo la lista dei film dell’orrore interrotta settimana scorsa; incubi di celluloide, “Dal profondo della notte” (1984), per chi desiderasse trascorre un 31 ottobre insonne.

 

  • À l’intérieur d i Alexandre Bustillo e Julien Maury, FRA, 2007

 

“Ebbene, non potevo aspettarmi un simile avversario. Senza contare però le sue particolarità, ciò che avviene è soltanto una cosa che avrei dovuto temere sempre, contro la quale avrei sempre dovuto prendere provvedimenti: qualcuno, cioè, si avvicina! Come è stato possibile che per tanto tempo tutto procedesse felicemente e in silenzio? […]Perché sono rimasto tanto tempo protetto e incontro ora tanta minaccia? Che cos’erano mai quei piccoli pericoli che passavo il tempo a considerare in confronto di questo!”

 

Franz Kafka, La tana

Che cosa aggiungere? Ogni parola sarebbe superflua, perché nel lungo estratto dell’autore de “Il castello” (1926) è già racchiuso l’intimo significato dell’opera prima dei due registi francesi: la supposta inattaccabilità del quotidiano – Atm – “Trappola mortale” di David Brooks (2012) – nella cui quiete apparente si cela l’angoscia per l’estraneo – La mano sulla culla” di Curtis Hanson (1992).
Sarah è una fotoreporter al nono mese di gravidanza. Qualche mese prima, ha causato un grave incidente stradale in cui il marito ha preso tragicamente la vita.
Il giorno precedente al parto, la viglia di Natale, la futura mamma trascorre la notte da sola. Mentre sonnecchia sul divano, una donna bussa alla sua porta, in cerca d’aiuto. Ma quella che sembra essere un’innocua sconosciuta, presto si rivela una conoscenza letale. Intrufolatasi nell’edificio, infatti, la donna inizia a darle la caccia.
Gore d’assedio che capovolge la consueta formula del sotto-genere – l’aggressore è già dentro casa. Un gioco al gatto con il topo, che ha come terreno di caccia i corridoi dell’abitazione, mentre fuori, a Parigi, infuria la rabbia delle banlieue. Un’esistenza tranquilla quella della protagonista (nonostante il lutto), sconvolta da una brutale violenza, ancor più atroce perché (apparentemente) senza ragioni. Almeno fino all’agnizione finale, che rimescola le carte in tavola, svelando lo stretto legame (di senso) tra il lungometraggio di Bustillo-Maury e il racconto di Kafka.
La “tana”, difatti, è la villetta in cui la fotografa vive, un rifugio dal mondo, dai suoi pericoli, ma anche l’utero in cui riposa il bambino. Luoghi inviolabili tramutati nel teatro dell’orrore – un Grand Guignol!-, presi d’assalto da un “avversario” ignoto. Dall’esterno, terrore e paura penetrano à l’intérieur, nella casa e nel grembo di Sarah. Ed è così che un’effrazione con scasso sradica l’illusoria sicurezza della società contemporanea, insinuando, al suo posto, il timore per l’altro, per l’intruso; perché è proprio all’internoche siamo più vulnerabili.

 

  • Mama – La madre di Andrés Muschietti, SPA/CAN, 2013

 

“La parola più bella sulle labbra del genere umano è Madre,

e la più bella invocazione è Madre mia.

È la fonte dell’amore, della misericordia, della comprensione, del perdono”

Khalil Gibran, Madre

La mamma è sempre la mamma, perfino quando il suo corpo dissecato fluttua a mezz’aria, quando le sue dita scheletriche ti sfiorano i capelli e la sua bocca contorta gracida il tuo nome…
Jeffrey corre sulla strada innevata. Sui sedili posteriori Victoria e Lilly, le figlie di tre e un anno.
Raggiunto uno chalet tra i boschi, l’uomo è deciso ad uccidere le bambine. Prima che possa farlo, però, un essere mostruoso lo assale, torcendogli il collo.
Cinque anni dopo, quando vengono ritrovate, le bambine sono delle selvagge.
Lucas, il fratello di Jeffrey, assieme alla fidanzata Annabel, decide di prendersene cura, pur conoscendo le difficoltà del caso. Cresciute in solitudine, infatti, le ragazzine soffrono di disturbi del comportamento,  ubbidendo soltanto ad una creatura immaginaria chiamata “Ma-ma”. Ma è davvero il frutto della loro fantasia? Eppure, in casa, si avvertono strani rumori…
Ghost story minacciosa, ricca di suspence – la scena “biforcuta” tra la cameretta e il corridoio, chiaro riferimento a “Marnie” di Alfred Hitchcock (1964). Un incedere strisciante – come  i movimenti di Lilly – e un’atmosfera tetra per una pellicola che affronta le ambasce della maternità, da sempre argomento privilegiato dell’horror – dall’intramontabile “Rosemary’s Baby – Nastro rosso a New York” di Roman Polański (1968) fino al sorprendente esordio alla regia di Ari Aster, “HereditaryLe radici del male” (2018).
Due genitori “degeneri”: Annabel (Jessica Chastain), la bassista insofferente alle responsabilità, e “Madre”, il fantasma suicida del XIX secolo. La prima inadatta al ruolo, la seconda alla ricerca spasmodica di un figlio. I timori della donna e l’amour fou dello spirito. Maternità adottive diametralmente opposte: la rocker imparerà dai suoi errori, stringendo a sé (letteralmente) Victoria e Lilly, “Ma-ma”, al contrario, resterà prigioniera della sua stessa gelosia.
Entrambe, tuttavia, dimostrano come una madre sia disposta a tutto per i propri bambini, persino sfidare la morte.

 

Requiem for a review

Un’immagine dal Predator di Shane Black

Ma se le figure sullo schermo vi apparissero come “Demoniache presenze” (1982); o ancor peggio, se “La Casa” (1981) in cui abitaste iniziasse a sembrarvi spettrale, lugubri gli scricchiolii lungo i corridoi – “Amityville Horror” di Stuart Rosenberg (1979) -, sinistri i cigolii degli infissi – “La casa dalle finestre che ridono” di Pupi Avati (1976) -, in quel caso, allora, il consiglio è di cambiar aria, raggiungere la sala più vicina, comprare un biglietto e distrarsi con l’ultimo capitolo della saga dedicata ai predatori dello spazio: “The Predator” di Shane Black – già sceneggiatore di “Arma letale” (1987).
Un buon reboot del classico anni ’80, con un ritmo serrato – le sequenze action tra i boschi -, qualche buonismo di troppoil riscatto di Rory, il figlio autistico del protagonista, “cacciatore” per una notte (quella di Halloween) – e un’abbondante dose d’ironia – “A cosa assomiglia [il Predator]?… Hai presente Whoopi Goldberg”.
Un film che pur “catturando” lo spettatore non riesce a trattenerlo: catch and release…in attesa del sequel.

 

P.S.

 

Quello che spaventa me è quello che spaventa te. Temiamo tutti le stesse cose. Ecco perché l’horror è un genere così potente. Tutto quello che devi fare è chiederti cosa ti spaventa e saprai cosa mi spaventa.”


John Carpenter

 

Buona visione e un terrificante Halloween!

Alessio Romagnoli