che in Giappone ha incassato oltre 32 milioni di dollari
ORA ARRIVA AL CINEMA NELLA SUA VERSIONE ANIME
VOGLIO MANGIARE IL TUO PANCREAS
[Kimi no Suizō wo Tabetai]
IL LUNGOMETRAGGIO DI SHINICHIRO USHIJIMA
CHE CORONA LA STAGIONE DEGLI ANIME AL CINEMA
Per la prima volta nelle sale italiane, solo il 21, 22, 23 gennaio 2019, una struggente storia d’amicizia ispirata al pluri-premiato romanzo di Yoru Sumino,
che ha stregato oltre 2 milioni di lettori
La distanza tra loro, non ha ancora un nome. Due ragazzi, due personalità agli antipodi e un segreto ad unirli. Un segreto, un incontro, due destini…
Dopo il successo di Penguin Highway di Hiroyasu Ishida, approda a gennaio nelle sale italiane il terzo appuntamento della Stagione degli Anime al Cinema.
Il 21, 22, 23 gennaio sarà così il momento di Voglio mangiare il tuo pancreas. Tratto dal romanzo “Kimi no Suizō wo Tabetai” diYoru Sumino, che ha conquistato la critica vincendo, con i libri della saga, il Japan Bookseller Award nel 2016 e vendendo oltre 2,6 milioni di copie, Voglio mangiare il tuo pancreas è il nuovo struggente lungometraggio di Shinichiro Ushijima.
Il libro che ha ispirato il regista è stato inserito dalla prestigiosa rivista di critica letteraria giapponese “Da Vinci”, al 2° posto nella classifica dei migliori romanzi pubblicati nel Paese del Sol Levante nel 2015, e ha dato vita a un film in live action che ha incassato in Giappone oltre 32 milioni di dollari, ricevendo la nomination per il miglior film dell’anno al Japan Academy Award 2017. Anche l’omonimo manga giapponese di “Voglio Mangiare Il Tuo Pancreas”, disegnato da Kirihara Idumi, ha ottenuto un rating di gradimento del 93% presso gli utenti di Google.
L’avvincente storia racconta del ritrovamento, da parte di uno studente delle superiori, del diario di una compagna di classe, Sakura Yamauchi. Ma quel diario custodisce un segreto, perché Sakura soffre di una gravissima malattia pancreatica. I suoi giorni sono contati, ma la ragazza ha deciso di affrontare la tragedia con leggerezza e allegria, e il suo compagno, custode del segreto, decide così di trascorrere sempre più tempo con lei… Nonostante i due abbiano personalità agli antipodi, quel tremendo segreto li avvicinerà sempre più.
Il lungometraggio è stato prodotto da Aniplex mentre il produttore esecutivo è Keiji Mita. La direzione delle animazioni e il design dei personaggi sono a cura di Yuichi Oka, mentre sia regia che sceneggiatura sono di Shinichiro Ushijima. Le musiche che accompagnano il film sono di Hiroko Sebu.
LE NINFEE DI MONET. UN INCANTESIMO DI ACQUA E LUCE
Regia: Giovanni Troilo
Sceneggiatura: Giorgio D’Introno, Giovanni Troilo e Marco Pisoni
Supervisione scientifica: Ross King
Colonna sonora originale: Remo Anzovino
E con la partecipazione straordinaria di Elisa Lasowski, Sanne De Wilde, Claire Hélène Marron.
Quando l’ex Primo Ministro Francese George Clemenceau si reca a Giverny, trova parecchie tele accatastate nella cantina della ricca abitazione in cui è ospite. Numerose rappresentano fiori esotici, presentati per la prima volta all’Esposizione Universale di Parigi del 1889. Il giardino, lo stagno, le tele che rendono unica tra tutte quella casa sono opere sue: di Claude Monet, il padre dell’Impressionismo. E quei fiori dai petali carnosi, che galleggiano sulla superficie dell’acqua ed estendono le proprie radici nelle acque paludose, sono nénuphar, ma per Monet saranno sempre e soltanto Nymphéas, Ninfee.
È proprio per raccontare questa storia, questa passione, questa ossessione, che arriva al cinema LE NINFEE DI MONET. UN INCANTESIMO DI ACQUA E LUCE, il film evento prodotto da Ballandi Arts e da Nexo Digital, che condurrà il pubblico a Parigi, tra il Musée Marmottan Monet, il Musée de l’Orangerie e il Musée D’Orsay, aGiverny con la Fondation Monet, la casa e il giardino dell’artista, e tra i magnifici panorami di Étretat. A guidare gli spettatori alla scoperta dei luoghi, delle opere e delle vicende del maestro, ci sarà Elisa Lasowski (Trono di Spade e Versailles), mentre la consulenza scientifica sarà affidata allo storico e scrittore RossKing, autore del best seller Il mistero delle ninfee. Monet e la rivoluzione della pittura moderna, edito in Italia da Rizzoli. Tra gli altri interventi preziosi che getteranno nuova luce sulla figura di Monet e del suo lavoro anche quello della fotografa fiamminga Sanne De Wilde e quellodella giardiniera della Fondation Monet, Claire Hélène Marron. La colonna sonora originale del film è firmata da Remo Anzovino.
Attraverso tutte queste voci e suoni, scopriremo così come Claude Monet riemerga dalla depressione che lo ha portato ad abbandonare la pittura e decida di dedicarsi anima e corpo alla sua impresa più colossale: la Grand Décoration. Enormi pannelli raffiguranti il suo stagno di ninfee, talmente avvolgenti che lo sguardo dello spettatore si perde in un’atmosfera di serenità e pace.
Seguendo il percorso della Senna, partiremo da Le Havre dove Monet trascorre il primo periodo della sua vita artistica, risalendo il fiume verso gli altri paesi dove ha dimorato, per dimostrare quanto innovativo, radicale e moderno sia il suo approccio all’arte e quanto spasmodica la sua ricerca dell’elemento acquatico: Poissy, Argenteuil, Vétheuil, Giverny. Qui, recluso nel suo giardino, mentre piovono le bombe della Prima Guerra Mondiale, Monet insegue ossessivamente il suo sogno di eterna gloria, e dipinge senza tregua la sua opera di resistenza e di pace. A Parigi, nel Musée de L’Orangerie, la sua speranza trova finalmente il giusto compimento, nelle magnifiche sale ovali da lui stesso disegnate. Qui, nel maggio del 1927, l’amico George Clemenceau inaugura finalmente il museo dedicato alla Grand Décoration.
Ma Claude Monet è morto appena cinque mesi prima. Non vedrà mai la sua opera compiuta, né conoscerà l’impatto che ha avuto sul pubblico. Ma l’opera più ardita di Monet, quella nella quale ha profuso gli ultimi dodici anni della sua vita e le sue ultime energie, viene accolta con disprezzo dai francesi. Solo trent’anni più tardi, le Ninfee di Monet varcheranno uno stagno più grande, l’Oceano Atlantico, e invaderanno gli Stati Uniti, insieme a tutta la sua produzione, decretando così – questa volta per sempre – il successo di uno straordinario genio.trailer:https://www.youtube.com/watch?v=zqv2Os2R1Y0
«Il tempo è la sostanza di cui sono fatto.
Il tempo è un fiume che mi trascina, ma io sono il fiume;
è una tigre che mi divora, ma io sono la tigre;
è un fuoco che mi consuma, ma io sono il fuoco»
J.L. Borges, Nuova confutazione del tempo
Il narratore cinematografico possiede la stessa capacità dell’istanza letteraria di ripercorrere la catena evenemenziale della storia, infrangendo i vincoli della temporalità. Dal suo presente senza durata, l’enunciatore filmico risale e ridiscende i fatti della fabula (ordine)[Richard Genette, Figure III. Discorso del racconto(1972)]; dilata e contrae eventi, assegnando il ritmo all’azione (velocità narrativa); replica e riproduce avvenimenti diegetici, intessendo un fitto tessuto non cronologico (frequenza). Grazie alla sua durata interiore, l’uomo, immergendosi in un flusso temporale proteiforme, rivive e rielabora la cronicità del vissuto, così come l’istanza discorsiva, che, imitando l’umana esperienza, dalla specola del proprio presente, attraversa in entrambi i sensi la linea della storia.
L’esperienza del tempo, tuttavia, pur essendo generata dal narratore, non può che venir sperimentata dai personaggi. «La voce e la parola che noi ascoltiamo [nel testo]» scrive Lucio Lugnani «è sempre e soltanto quella del narratore, mentre lo sguardo interiore e il flusso fervido di pensieri ch’essa racconta sono […] dei personaggi, ai quali la parola narrante aderisce».
L’uomo produce e sperimenta la propria durata interiore, a differenza del narratore che si limita a darle vita per poi lasciare che siano i personaggi diegetici ad esperirla. Innescando una libera perlustrazione dei fatti del proprio vissuto finzionale, queste figure di carta (e celluloide) delimitano la propria empiria mediante confini diacronici provvisori, episodi fulminei, «brevissimi e ben delimitati istanti in cui spesso s’insinua l’umana esperienza del tempo; ἐμπειρία «parentetiche rispetto ai contesti narrativi che le contengono», parentesi, appunto, istanti che squarciano la successione lineare degli eventi, brecce temporali, brevi e caduche (perché destinate a concludersi): per un attimo, lo Zeit si arresta e il tempo interiore prende il sopravvento.
Ed è quello che, talvolta, accade anche al cinema.
Un racconto filmico può combinare un numero variabile di flashback e di flashforward, ottenendo una stratificazione temporale complessa: anacronie oggettive e soggettive. Le seconde scaturiscono direttamente dall’interiorità del personaggio e sembrerebbe, quindi, le più adatte ad esprimere un’esperienza umana del tempo. In realtà, non tutte le analessi e le prolessi possiedono tale facoltà, perché solamente alcune sono in grado di attivare un processo introspettivo. I protagonisti di un racconto cinematografico, infatti, possono vivere un’empiria temporale solo nel caso in cui si manifestino fortissime ricadute – a livello emozionale, sentimentale o mentale -, nel presente diegetico origine dell’anacronia. In quell’evenienza, la memoria dei fatti vissuti o la proiezione su avvenimenti a venire sconvolge il mondo interiore degli abitanti della diegesi, costringendoli a pensieri ed azioni inconcepibili fino a qualche momento prima.
Vediamone alcuni esempi.
In una delle scene conclusive di “The Perks of Being a Wallflower – Noi siamo infinito” (2012), Logan, il protagonista, dopo la partenza per l’università della donna amata e degli amici, ha un momento di smarrimento. Senza le persone care, si trova a domandarsi per la prima volta chi sia veramente. Ritiratosi nella sua stanza, viene assalito dalla nostalgia. Allora, inizia a ricordare i bei momenti andati, il tempo felice trascorso – il primo bacio, la festa “dei grandi”, la rissa a scuola. Le emozioni provate sono così intense da dissestare il suo animo… qualcosa cambia in lui: ecco la maturazione, la crescita! Il corso degli eventi (nel presente diegetico) è stravolto: Logan raggiunge l’auto-consapevolezza, l’adolescente diventa giovane uomo. E tutto ciò grazie ad un “semplice” flashback soggettivo, che accartoccia l’ordine del racconto – rapporto tra «l’ordine di disposizione» dei fatti nell’intreccio e «l’ordine [cronologico] di successione»che questi hanno nella storia [Genette] -, dando vita ad un’esperienza temporale.
Paul RicoeurNon solo, il film può anche «giocare», citando Paul Ricoeur, con le categorie della durata – «il rapporto tra la durata reale di un avvenimento nella storia e la sua durata all’interno del racconto» -e della frequenza – la capacità del discorso di ripetere gli eventi della fabula -, arricchendo l’ἐμπειρία indotta da flashback e flashforward.
Durata. Al cinema, l’esperienza temporale può essere rappresentata mediante accelerazioni e contrazioni vertiginose del ritmo narrativo. Per riprodurne la brevità e l’istantaneità, il film non può fare a meno di stringenti sommari– in cui il tempo del racconto è inferiore a quello della storia (TR < TS) – ed ellissi, che incrementano la velocità narrativa, conferendo forma umana ai ricordi e alle attese dei personaggi.
Nel finale di La La Land di D. Chazelle (2016), ad esempio, una sequenza ad episodi anacronica (condivisa dai due protagonisti) riassume in due minuti – con uno pseudo-flashback interno – le vicende che hanno occupato le precedenti due ore di pellicola (un intero anno di storia). Questo rapido montage-sequence – in cui, in un istante diegetico, Sebastian e Mia riassaporano i momenti più dolci della loro relazione -, oltre a mettere in mostra la capacità sintetica del racconto, replica la fugacità e l’intensità dell’esperienza temporale umana.
Frequenza. Di questa categoria, il racconto ripetitivo– in cui «raccontiamo n volte quanto è accaduto una sola volta»[Genette] – è il più adatto a riprodurre la facoltà del nostro pensiero di rielaborare fatti vissuti (o da vivere) attribuendogli un senso nuovo. E’ ciò che accade nell’esempio citato, dove, attraverso un’anacronia complessa, eventi già narrati (anche se in parte modificati) assumono un significato altro, completamento diverso dal precedente – i protagonisti, nonostante la separazione, prendono coscienza del loro amore eterno.
Rakib, un giovane ragazzo indonesiano, diventa assistente di Purna, ex generale del regime in pensione. Quando Purna inizia una campagna elettorale per essere eletto sindaco, Rakib si lega all’uomo, diventato per lui mentore e figura paterna. Un giorno, però, un manifesto elettorale di Purna viene trovato vandalizzato: un gesto che avrà conseguenze inimmaginabili per entrambi. Con un ritratto intimo di due generazioni che vivono sotto lo stesso tetto, il regista Makbul Mubarak ripercorre un doloroso periodo storico della sua nazione con un thriller intenso, che presenta forti risonanze con la contemporaneità ed una forte universalità del tema della lealtà e della vicinanza al potere.
In occasione del Giorno della Memoria (27 gennaio) ci sembra opportuno segnalarvi una selezione di film nel nostro catalogo che sono stati fondamentali nel racconto di ciò che è successo durante gli anni della dittatura nazista: dai film di propaganda ai documentari, dalle prime opere realizzate nella Germania Est al cinema hollywoodiano, per conoscere il ruolo fondamentale della settima arte nella storia, nonché importante strumento di conoscenza.
Nelle sezione “Guerra” sul nostro sito potrete quindi trovare capolavori come “I figli di Hitler”, un’aspra critica del regista Edward Dmytryk sull’educazione hitleriana, al vincitore del Festival di Locarno “Rotation” e il film perduto della propaganda nazista “Das Ghetto”.
L’associazione e compagnia teatrale le Muse Impenitenti, Marinetta Martucci e Arianna Villamaina, due attrici potentine, tornano a calcare il palcoscenico con una nuova esilarante ed originalissima commedia: Come lo zucchero per il caffè – ‘‘O Teatro è ‘o paese d’ ’o vero. Una commedia divertente e con performance di danza fuori le righe, che ci trasporta in un musical vero e proprio per poi allietare il pubblico con una sorpresa golosa. Lo spettacolo è un contenitore di arte a tutti gli effetti ed è un inno alle mille sfaccettature che in essa sopravvivono.