Parlami di te

Regia : Hervé Mimran.

Con: Fabrice Luchini,Rebecca Marder,Clemence Massart,Leïla Bekhti.

Il segreto del successo sta nell’essere spigliati e accattivanti, privi di vergogna e insensibili alle distrazioni del mondo esterno, ma proiettati verso un obiettivo. È ciò che ci insegna la politica delle grandi aziende, delle multinazionali, del mondo capitalista: la filosofia del primeggiare. 

Questo, l’incipit della simpatica commedia francese Parlmani di te (Un homme pressé) in cui Alain Wapler è un manager di successo di una grande casa automobilistica, un uomo d’affari, visionario e senza scrupoli, all’apice della sua carriera, rispettato dai suoi studenti e venerato dai colleghi. In compenso però è un insensibile, che non presta attenzione a nulla al di fuori di sé stesso, figlia, cane, servitù e amici che siano. Ma l’imprevisto è dietro l’angolo e presto Alain dovrà fare i conti con l’aridità di rapporti che si è costruito intorno negli anni: colpito da un ictus infatti, perde l’uso proprio del linguaggio, il suo principale asso nella manica per ammaliare il mondo. Così, ben presto le cose iniziano a precipitare, verrà isolato e sempre più è costretto a rimettersi in discussione. Il suo modo buffo di esprimersi – confonde le parole generando imbarazzanti equivoci – gli impedirà di continuare a condurre la vita di prima.

Parlami di Te

Alla sua storia si intreccia quella della ortopedista Jeanne, un personaggio dolce ma deciso, interpretato da Leïla Bekhti, già alle prese con un ruolo da “generale” nell’esilarante 7 uomini a mollo (2018). Lei è una trentenne irrisolta, alla ricerca di una madre che l’ha abbandonata ancora in fasce e un po’ diffidente verso le avance di un collega burlone.

Jeanne aiuterà il restìo Alain a intraprendere la via della guarigione accettando di mettere in pausa la sua vita precedente (che non ammetteva pause) per recuperare le funzioni perse di linguaggio e memoria, il tutto in uno scambio buffo tra astiosità e tenerezza reciproca.

Una convalescenza, quella dell’ex-manager, che gli permetterà di recuperare i rapporti importanti, come quello con la figlia, giovane studentessa anche lei alle prese con le sue ambizioni.

Ispirata alla vera storia diChristian Streiff, ex CEO di Peugeot Citroën, questa piacevole commedia diretta da Hervé Mimran ha conquistato il pubblico della scorsa edizione del Festival France Odeon e sarà al cinema dal 21 febbraio.

Jessica Sottile

San Remo – – (meno meno)

il festival di san remo è una di quelle mostruosità di cui l’Italia non si rende conto, un po’ a causa della tradizione , un po’ per la mancanza d’ingegno dei dirigenti della Rai e un po’ per la diffusa corruzione che lo sostiene. L’enorme pubblicità che ne viene fatta, e i cui costi non vengono minimamente calcolati, sarebbe sufficiente per lanciare qualunque programma, ma sembra quasi naturale che per una settimana si parli solo del festival e dei suoi protagonisti.

Claudio Baglioni, Virginia Raffaele, Il Volo, Mahmood, Ultimo, Claudio Bisio sul palco dell’Ariston

Baglioni, molto ben pagato, rinuncia alla sua carriera per diventare una specie di buffone goffo e brutto, accompagnato da compagni d’avventura scelti per il fatto che non lo debbano surclassare. Bisio sempre più calvo grazie al cravattino e a quelle orrende giacche, da solo non sa cosa fare, declama versi retorici e non strappa nemmeno un sorriso, l’imitatrice, di cui non ricordo il nome (Virginia Raffaele ndr), come tutte le donne dello spettacolo tenta di essere la bellona di turno e perde ruolo e funzione.

E che dire dei cantanti?? Una banda di vecchi truccati e rifatti, penosi nel tentativo di suscitare ancora sensazioni forti, più una banda di giovinastri dimenticabili e tatuati, con orecchini, piercing e quant’altro che si inventano concetti moderni e rivoluzioni di costume. Interpreti di pezzi che iniziano ormai tutti con una sorta di recitativo a mezza voce che conduce ad un inciso che incisivo proprio non lo è. Siamo preda della convenzione e della corruzione, perché mentre i poveri spettatori si lasciano trasportare dalla gara, c’è qualcuno che guadagna a man bassa, qualcuno che ruba e qualcuno che truffa, tutto sotto l’immagine del povero santo ignaro di essere il riferimento annuale di questa gigantesca schifezza editoriale di cui la Rai e’ soddisfatta. Evviva.

Michele Lo Foco