Parasite

Caro formatore, 

Il film di Bong Joon Ho va visto perché è un capolavoro. E’ una sorta di tragicommedia che contiene tutti gli ingredienti dei grandi film d’autore.  Sebbene sia stato letto prevalentemente come un film di denuncia sociale, “Parasite” è un testo che si interroga sulla condizione umana. Siamo quindi sulla scia dei grandi, da Hitchcock a Spielberg (“Salvate il Soldato Ryan“), passando da Mamet (“La casa di giochi“) e Wayne Wang (“Smoke“), che coniugano i grandi temi del cinema: genitorialità, comunicazione, viaggio, scrittura. 

La prima inquadratura, biancheria intima casualmente appesa ad un lampadario spento, racconta di una condiziona umana dominata dalla casualità, dal destino. 

La vicenda narra di una famiglia di disoccupati dei bassifondi puzzolenti di una città coreana che, grazie al caso, riesce a trovare impiego presso una famiglia di ricchissimi. Il tema della gestione del personale è trasversale, e contiene più spunti di quanto appaia ad una prima lettura. Prima il figlio si fa assumere come insegnante di inglese tramite un diploma falso, poi la figlia diventa insegnante di disegno del bambino più piccolo, infine anche padre e madre diventano l’autista e la governante. Tutto è basato su false raccomandazioni ed inganni, per cui i familiari devono fingere di non conoscersi. All’inizio le cose vanno bene, visto che i quattro si dimostrano capaci collaboratori domestici, ma in un crescendo di tensione la vicenda si ingarbuglia. Dal rifugio antiatomico sotto la casa padronale, chiaro simbolo dell’inconscio, emergono antichi problemi che, in un crescendo di tensione, rovinano truffatori e truffati. 

Le maschere cadono ed emerge la verità, rappresentata dal rigurgito delle fogne, dal sangue dei corpi, dagli odori. 

Il mondo dei Miserabili è speculare a quello dei Fortunati: ciò che conta è la paternità, che manda messaggi in codice dal piano inferiore. Bisogna mettersi in ascolto per cogliere i messaggi.   

La verità appare solamente ai bambini e agli animali, mentre gli adulti, che recitano una parte, sono ciechi gli uni per gli altri. Per questo la padrona di casa assume con fiducia crescente i truffatori uno alla volta, seguendo una catena karmica di raccomandazioni.

La vicenda chiarisce quanto poco possano essere di aiuto le “referenze”, visto che non chiariscono cosa una persona sappia fare e neppure come lo sa fare. Ogni persona ha risorse inaspettate e persino le menzogne hanno un valore, in quanto si tratta di sogni interrotti, di progetti incompleti. 

Così non ci sono veramente i cattivi, come non ci sono veramente i buoni, quanto coloro che non sentono e che non vedono. Per questo non è possibile fare piani, dobbiamo accontentarci di cogliere i momenti interpretando la nostra parte, approfittando della fortuna, grande protagonista delle vicende umane.  

Galleggiando su un mare di rifiuti, la famiglia raccontata da Bong Joon Ho vive una vita da sogno, partendo da un incubo ed approdando ad un incubo peggiore. Il salto di casta, ove non vi sia un vero percorso, è impossibile. 

Il vero riscatto è il percorso catartico che porta dagli inferi al risveglio, dall’ignoranza alla risata, dalla menzogna alla voce del padre. Buddismo e psicanalisi nella versione coreana. 

Luigi Rigolio

THE FAREWELL UNA BUGIA BUONA

un film scritto e diretto da

Lulu Wang

Con The Farewell – Una bugia buona la sceneggiatrice/regista Lulu Wang crea un’esperienza vitale e dinamica di vita familiare, un ricco universo a cui accediamo attraverso una premessa che, a prima vista, potrebbe sembrare comica. Al centro della storia c’è una domanda solo apparentemente semplice: è giusto nascondere la verità alle persone amate? Nel caso di Bill – interpretata dalla rapper e astro nascente Awkwafina in quello che è, ad oggi, il suo ruolo più serio e complesso – il suo mondo crolla quando le viene chiesto di dire una colossale bugia sulla morte imminente della sua amatissima nonna. Ma è proprio mentendo che scoprirà nuove e misteriose vie in cui le famiglie si raccontano la verità.

Billi (Awkwafina), nata in Cina e cresciuta negli Stati Uniti, tornata a malincuore a Changchun, scopre che in famiglia tutti sanno che alla sua amata nonna restano solo poche settimane di vita, ma hanno deciso di tenere nascosta la verità alla diretta interessata.

Per proteggere la sua serenità, si riuniscono con il festoso espediente di un matrimonio affrettato. Avventurandosi in un campo minato di aspettative e convenevoli di famiglia, Billi scopre che, in realtà, ci sono molte cose da festeggiare: l’occasione di riscoprire il Paese che ha lasciato da bambina, il meraviglioso spirito di sua nonna e i legami che continuano ad unire anche quando c’è molto di non detto.

Con The Farewell – Una bugia buona la sceneggiatrice/regista Lulu Wang ha creato un’intima celebrazione del ruolo che ognuno di noi ha nella famiglia e, insieme, del modo in cui la viviamo nel profondo, intrecciando con maestria il ritratto garbatamente ironico della bugia in azione e il racconto toccante di ciò che nella famiglia può unirci e renderci più forti, spesso a dispetto di noi stessi.

Wang tratta il tema con un misto di leggerezza e gravità che rispecchia le emozioni che si provano in certe riunioni familiari a cui non si è sicuri di riuscire a sopravvivere, e che pure restano indimenticabili.

al cinema dal 24 dicembre 2019

Staff