I MULINI DELLA MORTE

Nel 1945, alcune unità cinematografiche dell’esercito inglese entrarono in undici campi di sterminio nazisti, al seguito dell’esercito alleato; i cameramen si trovarono così a filmare in presa diretta l’orrore dei lager. Alfred Hitchcock, che aveva lavorato come inviato di guerra per il Regno Unito, accettò l’invito dell’amico produttore Sidney Bernstein di realizzare un film dai materiali girati intitolato “German Concentration Camps Factual Survey”. Ma, dopo una settimana di corpo a corpo con le sconvolgenti immagini, lasciò i Pinewood Studios, abbandonando la lavorazione. Anche se era il re del thriller, ciò che vide fece arretrare inorridito anche lui. Così, la pellicola, in gran parte già montata e con la sceneggiatura originale approvata (fra gli autori figurava lo stesso Hitchcock), venne ben presto archiviata. Inoltre i governi di Londra e Washington avevano cambiato idea, ritenendo che riproporre immediatamente ai tedeschi le loro colpe per la Shoa non avrebbe aiutato l’opera di ricostruzione e i buoni rapporti con il governo di Bonn. Così il filmato finì in un cassetto all’Imperial War Museum di Londra e lì venne dimenticato da tutti… anche se, una versione ridotta dal titolo “Death Mills – I mulini della morte” venne comunque rilasciata per un breve periodo. Ed è quella che vedrete in questo dvd.

“I MULINI DELLA MORTE” (Die Todesmühlen) venne assemblato da Hans Burger, con la collaborazione del grande
Billy Wilder, partendo dal materiale selezionato da Hitchcock. Il film principalmente è costituito da materiale proveniente dai vari campi di concentramento tedeschi all’indomani della liberazione, tra cui Dachau, Auschwitz, Majdanek, Bergen-Belsen e Buchenwald.

La pellicola mostra i sopravvissuti e narra le condizioni di vita nei campi. In altri spezzoni invece ci sono le prove degli omicidi di massa dove vengono fatte vedere fosse di sepoltura comune e cumuli di cadaveri.
(Il film viene qui presentato in versione integrale e comprende, separatamente, la parte mancante che venne realizzata da
Hitchcock e poi accantonata).

Riccardo Cusin

Studioso della storia del cinema

Delitto e Castigo

“Delitto e Castigo” è forse l’opera più conosciuta del grande scrittore russo Fyodor Dostoevskij e narra dell’angoscia mentale di Rodion Raskolnikov, uno studente povero, che progetta di uccidere una vecchia usuraia alla quale ha chiesto un prestito.

Dopo l’efferato delitto, lo studente cerca di giustificare a sé stesso l’atto in vari modi, dall’aver fatto giustizia eliminando una sfruttatrice, alla sua missione di uomo superiore alla media e pertanto di essere “straordinario”.

Le sue giustificazioni teoriche perdono il loro potere di fronte alla colpa e all’orrore.

Sembra che Dostoevskij abbia in qualche misura creato ante litteram il ritratto di Putin, e descritto la follia di un uomo che dopo aver preso la decisione di sterminare un popolo e radere al suolo una nazione, cerca di giustificare prima i suoi occhi e poi al mondo perché lo ha fatto, pervenendo alla duplice conclusione che così ha punito i nazisti cattivi e pericolosi e successivamente che lui è un essere “straordinario” che ha a cuore la grande Russia e non permette che venga minacciata.

Ho messo al vertice degli uomini “schifosi” Putin, che ha scalzato il comandante Schettino, e ho riflettuto sulla singolare combinazione temporale tra lo zar ed il protagonista di Delitto e Castigo, per dedurne che forse la più profonda natura russa, oltre a valutare poco la vita delle persone, è intrisa di una violenza che noi occidentali, ed in particolare noi italiani, non conosciamo non condividiamo e non approviamo.

Abbiamo avuto modo di sospettare questa differenza in alcuni episodi tragici di cronaca nera, ed ora assistiamo al festival della crudeltà pura, con stupri e torture.

Putin, con la freddezza di un serpente a sonagli, prosegue nella sua missione di morte apparentemente senza alcuna emozione o esitazione, e io spero, proseguendo nella identificazione con Delitto e Castigo, che realmente il castigo sia veloce e proporzionato al delitto. Dostoevskij, come a tutti noto, fu condannato a morte e poi liberato, dopo una finta esecuzione, e non credo si sia mai ripreso realmente da quel momento tragico: se il suo libro fosse anche preveggente Putin dovrebbe scontare anni di sofferenza morale e fisica.

C’è però una differenza fondamentale tra Delitto e Castigo e Putin, e consiste nel fatto che il romanzo è considerato un capolavoro della letteratura esistenzialista nonostante lo scrittore per un certo periodo dovesse chiedere la carità, mentre Putin è un capitalista estremo, forse l’uomo più ricco del mondo, ma verrà considerato un criminale per il resto dei giorni.

Avv. Michele Lo Foco