Ormai non ci vuole più un esperto per comprendere che la legislazione e le strutture cinematografiche attuali sono state le cause del fallimento dell’industria nazionale: basta guardare i risultati più recenti, da Brizzi agli “Idoli delle donne”, se non peggio, da “il muto di Gallura” a “America Latina” per vedere icto oculorum che il pubblico evita il prodotto nazionale e lo frequenta solo se pubblicizzato massicciamente.
Il motivo è molto semplice: se devo pagare per vedere un film modesto sia nella trama che nei contenuti, lo aspetto in televisione seduto sul divano di casa.
Come siamo arrivati ad un tale risultato? Lo dico da molto tempo, e sono considerato per questo un polemista ed un disturbo della quiete pubblica, ma quando vengono meno i presupposti di un’attività creativa, sacrificati all’altare della politica, del qualunquismo e degli interessi personali, il risultato di un’arte che richiede sensibilità, conoscenza profonda delle logiche e intuito, non può che essere disastroso.
Gli incassi di “Bla bla baby”, di “Mancino naturale”, di “Giulia”, titoli sconosciuti ai più sono in realtà figli di una legislazione a dir poco cieca, nella quale i sostegni vengono dati al buio, su valutazioni a dir poco discrezionali ed ormai senza alcun riguardo per le reali possibilità artistiche o commerciali del prodotto.
Cosa vuol dire fare un sequel di “Come un gatto in tangenziale” o di “C’era una volta il crimine”? Possibile che appena un film supera la decenza dell’incasso venga progettato, sul nulla, un sequel?
Prodotti modesti, il cui contenuto è stato del tutto esaurito nel contesto del film, non tollerano un sequel, come nel caso del Padrino?
Inoltre, lo ripeto qualora a qualcuno non fosse arrivato il messaggio, un tax credit politico, creato solo per compiacere i giornalisti e gli operatori televisivi, nato per supportare il cinema, è in realtà veleno per le strutture produttive, che aumentano artatamente i costi per aumentare il credit, e che non si occupano più della bontà del prodotto, ma solo di guadagnare in corso di realizzazione, fregandosene, mi consento questo termine, del risultato commerciale. Il tax credit dato ai produttori televisivi è poi un vero e proprio regalo, ingiustificato, immeritato, un’offesa ai cittadini italiani. Se a tutto questo aggiungiamo l’eccesso di burocrazia, il fatto che lavorano solo alcuni attori, che alcuni di costoro sono invisi al pubblico, che le aziende americane ci considerano un loro protettorato, che le sigle sindacali sono state zittite o con posti o con regalie, che i partiti hanno trovato singolarmente i loro personalissimi vantaggi, che i capi dei capi delle strutture pubbliche sono statuine che si muovono a comando, se aggiungiamo ognuno di questi elementi, sui quali potrei scrivere libri interi, se poi ipotizziamo, malignamente, che qualcuno stia facendo gli interessi delle piattaforme per eliminare il cinema, bene, non credo sia difficile comprendere, e torno alla domanda iniziale, perché molte sale prima o poi dovranno chiudere.
Avv. Lo Foco Michele