Oggi il Corriere della Sera, che fino ad ora ha fatto da amplificatore alle iniziative del Ministro Franceschini, copiando pari pari i miei articoli scritti nell’arco degli ultimi mesi ha finalmente alzato il velo sulla vergognosa situazione del tax credit e sulle speculazioni che lo hanno accompagnato e lo accompagnano tuttora.
Ovviamente il giornalista del Corriere non se l’è sentita di condannare il Ministro ma anzi ha concluso dicendo che la legge va ampliata.
Se le norme che regolano il settore dell’audiovisivo fossero scritte da persone che lo conoscono e lo hanno vissuto, o se coloro che scrivono si rivolgessero ad esperti, come in qualunque altro campo, non si verificherebbero quei fenomeni distorsivi che ormai affliggono il campo.
Il tax credit ne è un esempio lampante: se fosse riservato al cinema, e non alle produzioni televisive, avrebbe un senso ed eviterebbe gli enormi arricchimenti di cui siamo spettatori. Ma non voglio ripetermi: tutti sanno che le regalie alla televisione sono una strategia politica.
Quello che non si sa è che il fenomeno è peggiore di come appare: le piccole produzioni, che hanno un tax credit commisurato alle loro modeste iniziative, non possono scontarlo in banca perché le banche non si prestano a lavorare per cifre piccole, ma solo per importi consistenti, e di conseguenza le piccole produzioni non riescono a contare su quella liquidità.
Pertanto, o riescono ad utilizzare il tax credit durante le lavorazioni, o non lo utilizzano.
Oltretutto per fare questo devono avere la fortuna di iniziare le riprese quando viene aperta la cosiddetta finestra, perché altrimenti sono costrette a non versare colpevolmente contributi e IVA per poi rimediare successivamente con le penali previste, non appena la finestra tax credit viene aperta.
Se la cessione del tax credit fosse estesa anche ai privati questo fenomeno sarebbe in parte ammortizzato dalla creazione di un mercato secondario: ma ci vorrebbero persone esperte per capirlo.
Inoltre la coesistenza del tax credit con lo split payment è un ossimoro del quale i legislatori non si sono accorti: ma se io, santo cielo, posso saldare l’IVA con il tax credit ed il legislatore invece costringe gli enti pubblici a versare l’IVA direttamente allo Stato, quale IVA sostanziosa posso sanare con il tax credit?
Se RAI mi paga e versa l’IVA direttamente allo Stato, io produttore che vantaggio ne ho? Sarebbe bastato eliminare lo split payment per le situazioni nelle quali è previsto il tax credit!
Vogliamo commentare i contributi automatici?
Quelli che erano i premi governativi, destinati all’impresa, ed al suo patrimonio, sono diventati moneta virtuale, bitcoin, versata in un conto corrente virtuale esistente nel metaverso con anni di ritardo e non si sa sulla base di quali valutazioni. Una specie di presa in giro sotto forma di contributo a metà strada tra qualità ed incassi.
Il risultato è esattamente l’opposto di quello che serve ai produttori: una volta era facile, si applicava la percentuale del 13% all’incasso del film e si sapeva la consistenza del contributo, che voleva premiare che avesse indovinato l’obiettivo.
Oggi ci vuole un indovino che applicando un algoritmo misterioso possa prevedere in quale anno, qualora il produttore non sia fallito, egli potrà trasformare, durante le lavorazioni di un altro film, i bitcoin in soldoni.
In sostanza oggi il Ministero ed il suo legislatore hanno trasformato i contributi in un contributo alla scomparsa dei medi/piccoli imprenditori: così almeno lo scopo è chiaro.
Michele Lo Foco