
Dirty Difficult Dangerous

Genere: splatter, drammatico
Durata: 110′
Con: Tobin Bell, Shawnee Smith, Synnøve Macody Lund
Nuovo capitolo della saga di successo SAW il cui tempo narrativo si posiziona però fra i primi due episodi.
John Kramer è alle prese con le terapie palliative per il suo tumore al cervello, fino a quando non viene a conoscenza di una nuova cura miracolosa, portata avanti da un gruppo di scienziati costretti a spostarsi continuamente perché perseguitati dalle case farmaceutiche, ovviamente contrarie a questa nuova scoperta. Quando Kramer scopre che si tratta in realtà di una grande truffa, decide di mettere in atto il suo personalissimo gioco punitivo.
Come da tradizione quindi anche in questo nuovo episodio non mancano le tracotanti uscite di sangue, interiora, torture e i vari elementi splatter. Questa volta però il personaggio di Jigsaw sembra acquisire più sfumature: non solo uno psicotico sociopatico, ma un uomo malato, sofferente e anche autoironico che resta comunque convinto dei suoi “metodi correttivi”. Aiutato dai suoi complici, Amanda e Mark, compirà la sua giustizia.
Il film sarà distribuito nelle sale dal 28 ottobre e distribuito da Eagle Pictures.
P.S. Consiglio per il pubblico: rimanete in sala fino alla fine dei titoli di coda.
Francesca De Santis
Genere: drammatico
Durata: 110′
Con: Christian De Sica, Teresa Saponangelo
Pietro ed Eleonora abitano l’uno di fronte all’altra. Lui è un professore in pensione e scrittore, vive in un bell’appartamento in compagnia solo delle piante a cui si dedica con amorevole cura sul suo terrazzo. Lei invece vive con il marito fotografo, con cui lavora, si sono trasferiti in quell’appartamento da poco ma la loro relazione non sembra troppo solida. La passione per le piante che condividono sia Pietro che Eleonora sarà il pretesto per delle semplici conversazioni tra i due dai loro rispettivi terrazzi che li porteranno man mano a conoscersi meglio, a confidarsi e a farsi forza tra le difficoltà delle loro vite per riuscire a ritrovare la felicità.
Quest’ultimo film di Caterina Carone si muove in un’atmosfera quasi onirica, in una Roma così tranquilla da non sembrare neanche la capitale che conosciamo, come se si trattasse di un mondo a parte dove i due protagonisti vivono distanti da tutto il resto perché immersi nella loro sensibilità e solitudine, ognuno preso dalle proprie inquietudini e traumi del passato. È un film delicato sia per il contesto in cui si muove, con questa presenza costante di fiori e piante, fra palazzi del secolo scorso dove la vita sembra scorrere con lentezza, sia per le tematiche affrontate: il senso di vuoto e di solitudine, il dolore legato alla perdita o alla malattia. Il tutto accompagnato dalle ottime musiche di Nicola Piovani, dall’interpretazione di Christian De Sica molto convincente nei panni del fine intellettuale e dall’espressività incisiva di Teresa Saponangelo.
Purtroppo però non bastano solo le lunghe inquadrature sugli sguardi, sul riflesso del sole e sulle foglie per rendere un film profondo ma servirebbero anche dei dialoghi vivi e intelligenti che qui purtroppo mancano, lasciando che il ritmo della storia non prenda mai piede e di conseguenza non coinvolge a pieno lo spettatore (già messo di fronte a una trama non proprio originale).
I limoni d’inverno è stato presentato oggi alla Festa del Cinema di Roma e sarà distribuito in tutte le sale da Europictures a partire dal 23 novembre.
Francesca De Santis
“CALLAS – PARIGI, 1958” di TOM VOLF
USCITA NELLE SALE: dal 6 all’8 novembre
Nel dicembre del 1958 la divina Maria Callas (1923-1977) esordiva all’Opéra di Parigi nel concerto La Grande Notte dell’Opera: quella serata storica, ripresa e trasmessa in diretta in tutta Europa, sarebbe diventata uno degli eventi del secolo.
A cento anni dalla nascita di Maria Callas, rivivremo le emozioni del celebre debutto parigino grazie a CALLAS – PARIGI, 1958, presentato alla Festa del Cinema di Roma (sezione Storia del Cinema) per arrivare poi nelle sale italiane dal 6 all’8 novembre e in sale selezionate con un’anteprima il prossimo 5 novembre
Quella del 19 dicembre 1958 – quando Maria Callas, la sola e unica “Divina”, voce emblematica dell’opera nel XX secolo, debuttò alla sfarzosa Opéra di Parigi con un’esibizione diventata leggendaria – fu una serata memorabile. Era presente tutta l’alta società parigina, a partire dal presidente francese René Coty: nella sala gremita c’erano Jean Cocteau, il duca e la duchessa di Windsor, Charlie Chaplin, Brigitte Bardot e molti altri. Quella notte, la Callas salì sul palcoscenico dell’Opéra Garnier con un vestito di alta moda e con una parure di diamanti da un milione di dollari. Aprì il concerto con l’interpretazione di “Casta diva” dalla Norma di Bellini che l’avrebbe resa immortale, seguita dall’angosciosa scena del “Miserere” dal Trovatore verdiano, per poi alleggerire l’atmosfera con la maliziosa “Una voce poco fa” dal Barbiere di Siviglia di Rossini. Il culmine giunse però nella seconda parte della serata, con la messa in scena del secondo Atto completo della Tosca di Puccini, una storia feroce, in bilico tra molestie sessuali e violenza fisica e psicologica. La forza drammatica del libretto si esprime in una sequenza ininterrotta di momenti musicalmente straordinari, tra cui la celeberrima aria “Vissi d’arte”. Questa interpretazione della Callas era popolarissima già all’epoca come si può vedere dall’entusiasmo che scatenò nel pubblico: così travolgente da fare interrompere la recita per alcuni minuti. La diva, affiancata da un antagonista possente come il baritono Tito Gobbi nel ruolo di Scarpia, ci regala qui un’impareggiabile performance virtuosistica. Il repertorio della serata mostra la Callas al suo meglio, sia nel momento del recital sia, nella seconda parte, come grande interprete lirica. Nella sua arte, la recitazione era importante tanto quanto la dimensione vocale.
Il film rende disponibile questa storica performance per la prima volta interamente a colori e in 4K Ultra HD ‒ meticolosamente restaurata a partire dalle bobine originali da 16 mm, scoperte di recente, e da una sorgente sonora recentemente ritrovata ‒ facendola rivivere in una veste visivamente nuova. Il restauro visivo, però, è solo una parte della storia. Il suono, altrettanto prezioso, è stato restaurato con estrema cura, attingendo direttamente dagli archivi personali di Maria Callas. Ogni nota e ogni sfumatura della voce ineguagliabile della celebre soprano sono state preservate per i posteri. Il minuzioso mixaggio del suono e la masterizzazione sono stati affidati alle mani esperte dei Miraval Studios, affinché l’esperienza uditiva fosse accattivante tanto quanto quella visiva.
Trailer:
A 70 anni dall’uscita del primo epico film che ha dato vita alla leggenda
è già Godzillamania
IL RE DEI MOSTRI È TORNATO:
GODZILLA MINUS ONE
È PRONTO A TRAVOLGERE I CINEMA
DI TUTTO IL MONDO
Il nuovo capitolo del fenomeno globale targato TOHO
arriverà nelle sale dall’1 dicembre in contemporanea mondiale
mentre in Giappone sale la febbre dei fan per l’attesissima première internazionale di Tokyo
Arriva nelle sale italiane e in quelle di tutto il mondo dall’1 dicembre GODZILLA MINUS ONE, il nuovo impressionante capitolo del fenomeno globale Godzilla dedicato al Re dei Mostri e prodotto dall’iconica Casa di produzione TOHO. Confermato come evento di chiusura del Tokyo International Film Festival e al centro di una dilagante Godzillamania, in Italia GODZILLA MINUS ONE sarà distribuito al cinema solo dall’1 al 6 dicembre come evento speciale in esclusiva da Nexo Digital in versione originale sottotitolata in italiano.
L’appuntamento sul grande schermo coincide con il 70° anniversario del debutto cinematografico di Godzilla e ci trascina nel Giappone del dopoguerra, su cui incombe un nuovo terrore. È Godzilla, che costringe la popolazione del paese devastato dal conflitto a combattere nuovamente per la sua sopravvivenza. Takashi Yamazaki (“The Eternal Zero”, “Always: Sunset on Third Street”, “Parasyte: Part 1”) firma la regia, la sceneggiatura e i VFX del film, che vede protagonisti da Ryunosuke Kamiki, Minami Hamabe, Yuki Yamada, Munetaka Aoki, Hidetaka Yoshioka, Sakura Ando e Kuranosuke Sasaki.
Quello di Godzilla, nato dall’omonimo film del 1954 diretto da Ishirō Honda e diventato immediatamente un classico del genere, è stato riconosciuto dal Guiness World Records come il franchise cinematografico più longevo al mondo. Dalle sue origini come allegoria della bomba all’idrogeno, Godzilla si è evoluto in un amato fenomeno dei “kaiju”, i terribili mostri della fantascienza giapponese, superando i confini cinematografici e diventando una pietra di paragone culturale anche nel mondo della musica e del gaming.
Il film è distribuito in Italia in esclusiva da Nexo Digital
La Direzione
SARÀ PUPI AVATI IL PROTAGONISTA DELLA CERIMONIA DI APERTURA DEL 41° TORINO FILM FESTIVAL ALLA REGGIA DI VENARIA E IN DIRETTA SU RAI RADIO 3
TRA I FILM IN ANTEPRIMA ITALIANA “IL CIELO BRUCIA” DI CHRISTIAN PETZOLD
Le prime anticipazioni della 41ma edizione
Torino, 24 novembre – 2 dicembre 2023
Protagonista d’eccezione della cerimonia d’apertura del 41° Torino Film Festival sarà uno dei grandi maestri del cinema italiano, Pupi Avati, regista, produttore, sceneggiatore e grande affabulatore.
Nel corso della serata – condotta da Steve Della Casa direttore del 41° Torino Film Festival e storica voce di Hollywood Party – sul palco, per rendergli omaggio, si avvicenderanno alcune personalità del mondo del cinema e dello spettacolo che con Pupi Avati hanno condiviso momenti importanti del loro percorso umano e artistico: Micaela Ramazzotti, Neri Marcorè, Lodo Guenzi.
Madrina della cerimonia di apertura del TFF sarà l’attrice ed ex modella Catrinel Marlon.
Nel segno del successo dell’edizione precedente, la cerimonia di apertura del 41° Torino Film Festival sarà nuovamente trasmessa in diretta su Rai Radio 3 nell’ambito del programma Hollywood Party a partire dalle ore 19.00.
A fare da sfondo alla serata inaugurale, che si inserisce nella collaborazione del festival con RAI – Main Media Partner del TFF da anni -, sarà la prestigiosa Reggia di Venaria.
Dopo l’inaugurazione, sabato 25 novembre sarà presentato il primo film Fuori Concorso del TFF, Un anno difficile, la nuova irresistibile commedia dei registi di Quasi amici Olivier Nakache e Éric Toledano, con Pio Marmaï, Jonathan Cohen e Noémie Merlant.
Il 41° Torino Film Festival è inoltre lieto di annunciare in anteprima italiana, Fuori Concorso, Il cielo brucia di Christian Petzold, alla presenza del regista. Ambientato nel corso di una torrida estate in una casa isolata in un bosco sulle coste del Mar Baltico, il film racconta la vacanza di un gruppo di amici che progressivamente si trasforma in un incubo a causa di un enorme incendio boschivo. Il film, Orso d’Argento all’ultimo Festival di Berlino, sarà nelle sale con Wanted dal 30 novembre.
In programma fuori concorso anche A guardia di una fede per la regia di Andrea Zambelli, documentario che racconta la storia della Curva Nord dell’Atalanta, dal 1993 ad oggi, attraverso gli occhi di Claudio “Bocia” Galimberti, una delle figure più carismatiche degli ultras bergamaschi.
Tra gli appuntamenti del 41° Torino Film Festival ci sarà anche una retrospettiva dedicata a Sergio Citti, in occasione del novantesimo anno dalla nascita, realizzata in collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale. Collaboratore di Pasolini e regista unico nel panorama italiano, Sergio Citti sarà omaggiato dal TFF con la prima retrospettiva completa che gli sia mai stata dedicata, nella quale verranno mostrati tutti i lungometraggi che Citti ha realizzato per il cinema e le opere per la televisione: da Ostia a Fratella e sorello, passando per la serie Sogni e bisogni. Tutte le proiezioni saranno introdotte da uno o più ospiti, tra storici del cinema o interpreti e collaboratori di Sergio Citti.
In occasione della retrospettiva, curata da Stefano Boni, Grazia Paganelli, Matteo Pollone e Caterina Taricano, sarà inoltre pubblicato un volume edito dal Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale curato da Matteo Pollone e Caterina Taricano che propone una filmografia commentata, una bibliografia definitiva, oltre a una selezione di dichiarazioni dello stesso Citti e una serie di ricordi di chi lo ha conosciuto bene e ha lavorato con lui. Tra questi David Grieco, Giancarlo Scarchilli, Carlo Verdone, Pupi Avati, Sergio Rubini, Elena Sofia Ricci, Silvio Orlando, Rosario Fiorello, Enrico Montesano, Anna Melato, Ida di Benedetto, Vera Gemma.
Dopo una prima edizione dedicata a western minori e dimenticati, “Mezzogiorno di fuoco” torna con un omaggio al più importante tra i divi che hanno caratterizzato la storia del genere americano per eccellenza: John Wayne.
Per ripercorrere la carriera dell’attore saranno proposti sette titoli, dagli albori del cinema sonoro (Il grande sentiero, 1930) fino all’ultima pellicola interpretata da Wayne (Il pistolero, 1976), ognuno diretto da alcuni dei più grandi maestri della Hollywood classica: Raoul Walsh, Howard Hawks, John Farrow, Henry Hathaway e Don Siegel. Presente con due titoli solo John Ford, di cui saranno proiettati I cavalieri del nord-ovest (1949) e l’unico non western della rassegna, I tre della croce del Sud (1963).
Lo spettatore potrà ritrovare il Wayne più classicamente eroico (ad esempio in Hondo, 1950), quello più duro e inflessibile (Il fiume rosso, 1948) ma anche quello più ironico e scanzonato (Pugni, pupe e pepite, 1960).
L’importanza di John Wayne all’interno della storia del cinema hollywoodiano è ovviamente fuori discussione, e va molto al di là di un solo genere. Wayne è stato protagonista di grandi film di guerra, di film d’avventura, polizieschi e perfino commedie. Ma è indubbiamente il western ad averne creato e cementificato il mito.
Il Torino Film Festival è realizzato dal Museo Nazionale del Cinema di Torino
Maghi, forzuti, illusionisti, fachiri e cinema
Il grande omaggio alla più sofisticata delle illusioni in una mostra-spettacolo che indaga l’indissolubile rapporto tra cinema e magia.
5 novembre 2023 – aprile 20
Un trucco di magia rivoluzionario, un gioco di prestigio ultramoderno, così dovette apparire il cinematografo a Georges Méliès, illusionista e prestigiatore, quando nel 1895 assistette alla prima proiezione pubblica dei fratelli Lumière. Un’epifania che irruppe nell’immaginario della fine dell’Ottocento e che in poco tempo cambiò radicalmente la natura dello spettacolo dal vivo: teatri, sale da concerto, varietà, circhi si trovarono a competere con la nuova arte del Novecento, il cinema. A Milano, come in tutte le grandi città europee tra gli anni Venti e Trenta, i luoghi e la comunicazione pubblica delle esibizioni live ormai divenute minori mutarono profondamente e molti dei suoi protagonisti, illusionisti, lottatori e clown, passarono dal palcoscenico ai set arricchendo il cinema della magia dell’arte popolare.
S’inaugura domenica 5 novembre, alla Cineteca Milano MIC, A me gli occhi. Maghi, forzuti, illusionisti, fachiri e cinema, una mostra-spettacolo che racconta in modo sorprendente questo periodo di trasformazione: il passaggio dalle fantasmagorie ottocentesche alla malìa dell’arte cinematografica che arriva fino ai nostri giorni. “Manifesti d’epoca in copia unica, fotografie, film restaurati, libri antichi colgono l’inventiva, il divertimento e, talvolta, la follia di personaggi e spettacoli di quel periodo: da incredibili palinsesti di inizio ‘900 con elefanti ballerini e ciclisti giapponesi che volteggiano nell’aria a bizzarre gallerie di nomi di fachiri, illusionisti e forzuti”, rivela Matteo Pavesi, direttore di Cineteca Milano.
Da novembre 2023 ad aprile 2024, il ricco percorso espositivo della mostra si intreccia da un lato a momenti di spettacolo dal vivo con maghi, mangiafuoco e clown, dall’altro a un programma sbalorditivo di decine di film su precinema, circo e magia dell’archivio di cinema in pellicola di Cineteca Milano, tra le collezioni di più grande pregio a livello internazionale. Ma il gioco non finisce qui. Non mancheranno appuntamenti con i nuovi linguaggi della realtà aumenta e della virtual reality che consentiranno non solo di vedere le “macchine del meraviglioso” dell’Ottocento, ma anche di sperimentarle con gli oculus di ultima generazione.
Commenta Pavesi: “La mostra è l’imperdibile occasione di mettere a sistema il patrimonio storico della Cineteca di Milano, la più antica del nostro Paese, e di vivere lo stupore e l’emozione che sono propri dei bambini di fronte a uno spettacolo stupefacente, quella capacità di sorprendersi per ciò che reale non è, ma a cui nonostante tutto testardamente vogliono credere”.
La Direzione
Un film documentario di DANIELE LUCHETTI
Arriva nelle sale italiane solo il 13, 14, 15 novembre l’evento che ripercorre l’arte dell’étoile che ha fatto del corpo la sua massima espressione
e un riferimento per tutti gli artisti venuti dopo di lei
Con la partecipazione straordinaria di:
Roberto Bolle, Jeremy Irons, Marina Abramovic, Carolyn Carlson, Eleonora Abbagnato, Alessandra Ferri,
Enrico Rava, Chiara Bersani, Beppe e Francesco Menegatti, Luisa Graziadei, Vittoria Regina, Gaia Straccamore, Hanna Poikonen
Su Carla Fracci sembra sia già stato raccontato tutto.
Tuttavia, c’è ancora qualcosa da dire su questa ballerina eccezionale. Cosa si nasconde dietro tutte le interviste e gli aneddoti continuamente ripetuti? In che modo è diventata l’étoile che il mondo celebra ancora oggi? E come la sua esperienza può essere utile a tutti coloro che sognano di diventare artista?
È da qui che prende vita CODICE CARLA, il film documentario scritto e diretto da Daniele Luchetti e prodotto da Anele e Luce Cinecittà con Rai Cinema, per omaggiare la grande artista.
Intrecciando rare interviste e immagini di repertorio alle testimonianze d’eccezione di Roberto Bolle, Jeremy Irons, Marina Abramovic, Carolyn Carlson, Eleonora Abbagnato, Alessandra Ferri, Enrico Rava, Chiara Bersani, Beppe e Francesco Menegatti, Luisa Graziadei, Vittoria Regina, Gaia Straccamore, Hanna Poikonen, CODICE CARLA mostra come Carla Fracci (1936-2021) fosse molto più di una ballerina famosa.
Era un’insegnante, un’attrice, un’interprete, una donna modesta e laboriosa. Ma cosa l’ha resa un’icona? Qual era il suo codice e qual è il codice di quegli artisti e performer che, col corpo, il movimento e la musica, si confrontano ogni giorno?
Per rispondere a queste domande, Daniele Luchetti si concentra sulla vita dell’artista anziché sulla sua biografia cronologica, con l’obiettivo di ispirare i giovani attraverso un’analisi di quella straordinaria esperienza.
Ad accompagnarci in questo percorso di danza e parole, le musiche degli Atoms For Peace edite da Thom Yorke e Sam Petts-Davies, con Thom Yorke a ricoprire anche il ruolo di Music Supervisor del film.
Trailer:
La Direzione
Dopo il sold out della mostra di Palazzo Strozzi a Firenze che ha raccolto oltre 170.000 visitatori
IL CINEMA CELEBRA UNO DEGLI ARTISTI PIÙ POPOLARI E CONTROVERSI DEGLI ULTIMI DECENNI CON “JEFF KOONS. UN RITRATTO PRIVATO”, di PAPPI CORSICATO
In anteprima alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Freestyle.
Jeff Koons è considerato uno degli artisti più influenti, popolari e controversi degli ultimi decenni. Durante la sua carriera, ha sperimentato nuovi approcci ed é riuscito a elevare il kitsch e il pop e trasformarli in capolavori come pochi. Osannato o condannato è comunque un artista fondamentale nella storia dell’ arte contemporanea.
Questo docufilm ne esalta in modo molto profondo e delicato gli aspetti più umani come padre e analizza con attenzione le motivazioni delle sue ricerche e messe in opera.
Da vedere, una piacevolissima sorpresa anche per chi non conoscesse l’artista.
Nelle sale solo il 23, 24, 25 ottobre distribuito da Nexo Digital
Serena Pasinetti
Se c’è un elemento che ha sorretto il nostro cinema negli anni d’oro, quando grandi registi e grandi attori venivano premiati in tutto il mondo è la condivisione del rischio.
Produttori, distributori nazionali, agenti regionali, esercenti, distributori esteri valutavano i prodotti in fase preliminare e davano o non davano il loro appoggio all’iniziativa filmica.
Il distributore nazionale (allora esistevano) presentava ai propri agenti regionali, quasi sempre plurimandatari, talvolta monomandatari, il proprio listino virtuale, composto di progetti con registi ed attori, e di film acquistati, e chiedeva loro di approvare il programma finanziario diviso in percentuali diverse a seconda delle zone. Pertanto il minimo garantito nazionale era composto dalle promesse di pagamento (cambiali) che ogni agente regionale firmava in relazione alla propria quota e che successivamente il distributore nazionale “girava” al produttore che a sua volta le costituiva in pegno alla Sezione Autonoma di Credito Cinematografico della BNL che provvedeva ad erogare i fondi a stato di avanzamento.
Ecco che la piramide finanziaria coinvolgeva tutte le figure del settore, mentre lo Stato si limitava, con il fondo di intervento, a diminuire, per i produttori meritevoli, gli interessi bancari. Questi produttori erano però responsabili del finanziamento bancario, che aveva le caratteristiche del credito ordinario.
Ovviamente anche allora il sistema non funzionava sempre regolarmente, qualcuno non pagava le cambiali se il film non era accettato dal pubblico, ma tutto il settore era pervaso da questo brivido artigianale che riservava non poche sorprese.
Ai produttori, per i film nazionali finiti ed usciti nelle sale, lo Stato riservava poi i cosiddetti “premi governativi” che erano il 13% dell’incasso sala, una forma di ristorno erariale molto precisa.
Cosa significava condivisione?
Che ognuno dei partecipanti al gioco filmico poteva intervenire nella struttura del prodotto sulla base della propria esperienza: il distributore nazionale pretendeva attori di richiamo, quello estero che ci fossero nomi conosciuti in Europa o nel mondo, gli agenti che il prodotto fosse adatto al territorio. Alcuni si fidavano del distributore se aveva dato prova di intuito. Oggi tutto questo non esiste più: da Veltroni in poi sparisce la condivisione e sale sul podio del rischio lo Stato tramite le sue propaggini, Regioni, Rai, Ministero.
Perché mai rischiare quando è lo Stato a giocare al buio con le immagini? Nessuno pensa più ad investire: grazie a Veltroni tramite la componente “culturale” e grazie a “Franceschini” tramite il tax credit.
I soldi arrivano dal cielo, vengono promessi prima di girare il film, addirittura quando non servono perché la RAI copre tutta la spesa.
Scompaiono i distributori nazionali, gli agenti regionali, le cambiali, i distributori esteri, sostituiti dai burocrati, dispensatori discrezionali di favori, e la creatività nazionale, non più sostenuta dal rischio imprenditoriale, crolla, lasciando spazio agli stranieri che si sono comprati tutto, in particolare i rapporti con RAI ed i benefici del tax credit.
La condivisione serviva a migliorare la qualità e la commerciabilità del prodotto, che doveva portare ricavi ed utili per tutti coloro che partecipavano alla scommessa cinematografica.
Senza condivisione, da quando lo Stato è l’unico a perdere, non c’è bisogno di vincere la scommessa, basta giocare.
Condivisione voleva dire anche collaborazione, ad ognuno il proprio ruolo coerente con il risultato finale.
Per questo motivo un grande uomo di spettacolo, Leo Pescarolo diceva: se mi si presenta un attore che vuole fare il regista o un autore che vuole fare il regista lo caccio via.
Invece oggi tutti vogliono fare i registi, con alle spalle un direttore della fotografia: tutti sono ispirati e hanno una storia nel cassetto e mediamente nessuno conosce bene il mestiere.
Allora perché vengono agevolati?
Il caso classico è quello dell’attrice che tenta di passare alla regia perché immagina di non essere più all’altezza delle scene.
Talvolta è autrice, regista ma anche protagonista del film: non c’è di peggio quando viene meno la fase critica del racconto che è monopolizzato dalla stessa persona. Di solito sia il testo sia la regia che la recitazione sono mediocri, e salta agli occhi, anche a quelli meno tecnici, che dirigere un film non è qualcosa che tutti possono fare.
Non basta aver recitato in un prodotto per comprendere i meccanismi, che sono frutto dell’esperienza diretta con gli obiettivi,dalla macchina da presa, il montaggio, le scenografie, le location, e la regia non può fare a meno di queste nozioni, che si studiano e si sperimentano ma non si inventano.
Ma torniamo alla domanda: perché vengono agevolati?
La risposta sta nella natura del produttore burocrate, che trova nella convenzione, nell’ammirazione, nella sudditanza psicologica la sua ragion d’essere. E’ una motivazione triste, ma nessun produttore indipendente di buon livello consentirebbe ad un attore non eccelso di monopolizzare un prodotto filmico a proprio vantaggio. Oltretutto è fatto noto agli operatori del settore che il pubblico guarda con diffidenza a queste performance, intuendo che c’è una invasione di campo da parte di qualche attore e che i risultati non possono che essere negativi, o quantomeno modesti. Uno storico distributore dell’epoca d’oro del cinema, arrivava addirittura a catalogare i registi, distinguendoli tra quelli con un pessimo carattere, che lui considerava i migliori, e quelli concilianti, che realizzavano film di nessun impatto. In effetti Ferreri, Brass, Fellini ed altri, padroni assoluti della macchina da presa e del montaggio, caratterizzavano i loro prodotti in maniera totale ed originale; talvolta, è il caso di Fellini, facevano fallire il produttore ma costruivano capolavori indimenticabili.
Detto diversamente, il cinema è un’attività seria, non è un giocherello per gente animata da velleità artistiche, e quando il tax credit avrà esaurito il suo ruolo politico la redditività di un prodotto tornerà ad essere l’anima del mercato ed il segno di una nuova fase creativa.
Avv. Michele Lo Foco