L’assueFazione

Nello spettacolo italiano ci sono forme di istituzionalizzazione che non subiscono variazioni nel corso del tempo ma che anzi appaiono, grazie ad una stampa ormai assuefatta ai fenomeni, sempre nuove ed originali.

 

 

 

 

 

Caso classico è quello di Fiorello, che riempie lo schermo di stupidaggini, di scherzetti, di prese in giro tipiche di un animatore di centri vacanzieri e che da decenni sembra sempre apportare alla televisione italiana quello spirito rivoluzionario necessario a rianimare spettacoli mummificati.

Assistiamo con curiosità alle ennesime evoluzioni di format come Ballando Con Le Stelle, ormai diventato una sorta di “Grande Fratello” in musica, ostaggio delle litigate di una giuria che esiterebbe chiunque ad invitare a cena.

Subiamo personaggi come Morgan, con il ciuffo inamidato, o Malgioglio vestito col tutù, che pretendono di dare lezioni di orgoglio o di morale ad un pubblico già prostrato dalle scempiaggini di Signorini e ipnotizzato dalle vicende sessuali dei VIP di turno e ascoltiamo come babbei i racconti dei soliti Al Bano, Vanoni, Zanicchi, Pravo, Hunziker, Ventura, Goggi… ormai svuotati di ogni contenuto e capaci solo di ripetere l’irripetibile.

Assistiamo soprattutto al continuo, interminabile flusso di ospiti di qualsiasi tipo, sempre interrogati nelle materie che conoscono, sempre osannati, sbaciucchiati, omaggiati, esaltati nelle loro banalità ed incapaci di trasmettere qualcosa di sensato.

Ma in un paese di millenaria cultura, culla delle arti più nobili, pervaso dal genio di grandi artisti, seminato di monumenti straordinari, ma anche patria di pensatori, divulgatori, eroi, scrittori, medici, di donne bellissime e bravissime, di sarti unici al mondo, di imprenditori coraggiosi, di giovani sportivi, in un paese ricco di vita e di pulsioni positive, possibile si debbano ancora subire gli scherzetti ripetitivi di Fiorello e le noiose e strumentali interviste di Fazio? Cos’ha il nostro paese, che continua a viaggiare col freno a mano tirato? A chi dobbiamo questa stagnazione culturale che ha invaso ogni angolo dello spettacolo? A chi sono affidate le sorti del nostro intrattenimento? Per questo motivo, per questa stagnazione che limita la libertà di espressione, sembra che Report sia una sorta di enclave di talebani, solo perché cerca di entrare nel tessuto molle delle vicende per dare una scossa agli spettatori rincoglioniti da Conti e dalla Venier. Per questo Kilimangiaro sembra un programma da Oscar e Bruno Vespa tranquillizza le menti, per questo Angelo Guglielmi e Brando Giordani risplendono nell’empireo della televisione, perché non hanno avuto paura di usare l’intelligenza e di trasmetterla ad un pubblico non di deficienti ma di ascoltatori.

Avv. Miche Lo Foco

The Old Oak

Trailer released for Ken Loach's The Old Oak | Film Stories

Paesi: Gran Bretagna, Francia, Belgio
Genere: Drammatico
Durata: 113 min.
Regista: Ken Loach
Attori: Debbie Honeywood, Reuben Bainbridge, Chris Gotts, Dave Turner, Rob Kirtley

Risultato immagine per the old oak film italia

Nord est dell’Inghilterra. Qui si trova The Old Oak, la grande quercia, un pub tenuto il piedi a fatica dal suo proprietario in un centro di un comunità mineraria, un tempo florida ma oggi, dopo trent’anni di crisi, sempre più in declino. La situazione si fa incandescente quando arriva sul posto un gruppo di rifugiati siriani.

Il nostro grande regista firma forse la sua ultima opera, parlando di solidarietà e dandoci un tocco di speranza.

Non è sicuramente il regista arrabbiato dei suoi primi film, ma rimane sempre la sua forza di denuncia sociale.

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Ken Loach tocca con intelligenza il rapporto tra due comunità, quella inglese impoverita e quella dei rifugiati siriani, dicendoci che qualcosa è ancora possibile fare. Per questo perdoniamo alla nostra vecchia Quercia (Ken Loach) una punta di retorica e una recitazione non sempre convincente di alcuni interpreti.

 

 

 

 

 

 

 

Maria Serena Pasinetti