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Non avete ancora sentito niente

Sono passati ormai 90 anni da quel 6 ottobre 1927 in cui Al Jolson, corifeo del vaudeville, fece sentire la propria voce nel ruolo del protagonista del film “Il cantante di jazz”. Prima di allora il cinema era muto, nel senso che non parlava, ma non era del tutto silenzioso, infatti è sempre stato accompagnato da musica dal vivo, oppure riprodotta con strumenti come il fonografo. C’erano persino attori che leggevano i dialoghi e riproducevano i rumori.

un kinetoscopio di Edison

Pioniere della sincronizzazione tra immagine e suono fu già Edison che trovò la maniera di far funzionare contemporaneamente il kinetoscopio, la sua invenzione con cui nacquero i nickleodeon theatres,  e il fonografo. Ma il kinetoscopio era un apparecchio ad uso individuale e per far fruire audio ad un pubblico in sala si dovrà attendere almeno fino al 1923 quando Lee DeForest brevettò il “Phonofilm”, la prima pellicola a contenere una traccia audio incisa su una striscia verticale a lato dei fotogrammi.  Segue la Western Electric che nel 1925 inventa il “Vitaphone”, un sistema basato sulla sincronizzazione di una pellicola e dei dischi. L’appena nata società dei fratelli Warner adotta il sistema Vitaphone e il 6 agosto 1926  proietta al pubblico il film di Alan CoslandDon Giovanni e Lucrezia Borgia” . Il sistema funziona, ma il film, girato per il muto e quindi senza dialoghi, presenta giusto la colonna musicale sintonizzata e la cosa non fa certo scalpore.

Al Jolson e May McAvoy

Neppure  “Il cantante di Jazz” presenta dei dialoghi, il lavoro di sceneggiatura non si è ancora adeguato al passo tecnologico, ma in quattro scene è sincronizzata la voce di Al Jolson mentre canta e in una di queste recita le celeberrime parole “You ain’t heard nothing yet” e indubbiamente, prima di quel momento, nessuno spettatore aveva ancora sentito niente di simile durante una proiezione cinematografica.

Gene Kelly in “Cantando sotto la pioggia”

La rivoluzione del sonoro non fu incruenta e molti divi dalla voce gracchiante o dall’eloquio deludente ci lasciarono le penne. I film risulteranno più statici perché i microfoni non sono molto sensibili e nemmeno direzionali, per cui funzionano poco e male, captando tutti i rumori del set. Non c’è la possibilità di avere tracce audio separate da mixare con comodo in studio per cui dialoghi rumori e musiche vanno registrati in contemporanea. Persino il rumore della macchina da presa diventa un problema e deve essere collocata in una cabina insonorizzata che ne limita grandemente in movimenti. Un trauma di tale magnitudo influenzerà per sempre l’industria di Hollywood e ancora nel 1951 Stanley Donen rievoca quel momento girando “Cantando sotto ls pioggia” con Gene Kelly e Lina Lamont, in cui i protagonisti, stelle del muto, si trovano a convertirsi in attori parlanti in corso d’opera mentre girano un film intitolato “Il cavaliere spadaccino”.

Un fotogramma di “Aurora” di Murnau

Il primo film pensato e realizzato peri sonoro sarà nel 1928 “Le luci di New York” di Brian Foy , seguito l’anno successivo dal primo musical cantato, parlato e danzato, “The Broadway Melody” di Henry Beaumont. Ormai il dado è tratto e si moltiplicano i sistemi di sincronizzazione, per cui la Fox adotta un suo stima chiamato “Movietone” molto simile al “Phonofilm” , utilizzato per esempio nella colonna sonora del famoso film di Murnau “Aurora”, anch’esso del 1927. Anche RCA realizza il proprio brevetto che chiama “Photophone” e questo proliferare di standard incompatibili tra di loro spingerà le cinque grandi MGM, Paramount, First National e Producers Distributing Co. a siglare un accordo per la pellicola prodotta dalla Western Electric, mentre il sistema a dischi resisterà sino al 1931 quando la Warner , la prima ad adottarlo, sarà l’ultima costretto ad abbandonarlo.

Entrambi editi e distribuiti da DNA sono disponibili in commercio i DVD de “Il cantante di Jazz”, pubblicato proprio questo mese per celebrare i 90 anni dalla sua uscita, e “Aurora” di Friedrich Wilhelm Murnau.

 

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