Si è concluso ieri sera la 20esima edizione del Far East Film festival di Udine con una meritatissima incetta di premi da parte dei sud coreani.
Al film di Jang Joon-hwan “1987: when the Day Comes” è andato il premio dell’audience, battendo per 6 voti il giapponese “One Cut of the Dead” di Ueda Shinichiro.
Al terzo posto di nuovo un sud coreano, Ryoo Seung-wan, con “The Battleship Island: Diretor’s Cut“.
Il premio My Movies va a “The Empty Hands” del cinese di Honk Kong Chapman To mentre il premio per l’opera prima (il premio denominato “White Mulberry” è al suo primo anno di assegnazione) vede ancora vincitrice la sud Corea con “Last child” di Shin Dong-seok.
Non è forse un caso che il film vincitore abbia per tema proprio quella svolta anti autoritaria che nel 1987 consegnò la Corea del sud al consesso delle nazioni democratiche. Proprio la scorsa settimana c’è stato il riavvicinamento tra Seul e Pyongyang e s’intravvede la firma del trattato di pace tra le due Coree che aspetta il suo compimento da oltre sessant’anni. E’ un segnale di ottimismo che viene recepito dal cinema, che, quando è libero, è da sempre specchio del sentimento popolare. Non è quindi vero che il mondo va a rotoli, c’è una tangibile e vivida volontà di pace e riconciliazione anche ai lembi estremi del continente euroasiatico.
Non è parimenti un caso che l’industria cinematografica sud coreana sia così cresciuta, nonostante un certo ritardo rispetto agli ingombranti vicini come Cina e Giappone. Non solo ha recuperato il distacco, ma produce film che in qualche modo sono più assonanti al gusto occidentale. Il primo premio di Udine è infatti un premio del pubblico e si sa che il pubblico è Re. E’ pur vero che gli spettatori dei festival sono in genere un pubblico di alto livello, ma ciò nonostante sfugge ai tecnicismi ed all’analisi esatta degli esperti ed è libero di votare con la “pancia” senza condizionamenti e briglie di sorta.
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