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Come ti divento bella! o riconquistare la fiducia in sé stessi con un sorriso

Renee ha qualche chilo di troppo e la pelle grassa. È insicura, si sente a disagio con il proprio corpo. Lavora in uno scantinato a Chinatown per la Lily LeClaire,una famosa casa di cosmetici, ma sogna un posto da receptionist negli uffici della sede centrale, tra lo sfarzo e il glamour della Fifth Avenue.
Un giorno, durante una seduta di spinning “estremo”, batte la testa e tutto cambia. È la stessa Renee di prima, ma guardandosi allo specchio si vede bellissima: il doppio mento è sparito, la pelle si è fatta velluto. Con l’autostima alle stelle, inizia una nuova vita.

Amy Schumer in una scena del film

Amy Schumer è uno dei volti comici più noti e apprezzati d’America – Inside Amy Schumer (2013-in onda), stand-up comedy vincitrice di un Emmy e di un Peabody Award. Seguendo le orme impresse sul piccolo schermo da Tina Fey (Saturday Night Live) e Julia Louis-DreyfusVeep – Vicepresidente incompetente (2012-in onda) -, l’attrice d’oltreoceano pratica una comicità battagliera, votata al turpiloquio, affrontando i temi della sessualità e dei ruoli di genere. Uno spirito “cafone” che nel cinema a stelle e strisce, da sempre, ha caratterizzato l’universo maschile – come la trilogia Una notte da leoni di Todd Phillips (2009-2013) – ma che negli ultimi anni ha provato a tingersi di rosa. La volgarità mascolina, tuttavia, sulla bocca del gentil sesso perde d’efficacia, appare innaturale (e imbarazzante) – Crazy Night – Festa col morto di Lucia Aniello (2017). In questo contesto, il grande merito della Schumer è stato riuscire a preservare, ed esaltare, la propria femminilità, reinventando una scurrilità estrogena salace e piccante – Un disastro di ragazza di Judd Apatow (2015).

TINA FEY

In Come ti divento bella! la comica statunitense smorza gli eccessi – il concorso di magliette bagnate -, frena la lingua (biforcuta), mettendo la sua verve al servizio della sceneggiatura. Con grande autoironia, Amy, il brutto anatroccolo, (di)mostra come una donna “normale”, con un po’ di pancetta e qualche brufolo, possa comunque essere attraente, sentirsi carina – l’I Feel pretty del titolo originale – in un mondo di bellezze “perfette”, statuarie (Naomi Campbell) e social (Emily Ratajkowski), prodotti della società dell’apparenza.
Escluse alcune sequenze fin troppo retoriche – come l’arringa conclusiva alla Yes we can (be pretty) -, il duo registico composto da Abby Kohn e Marc Silverstein mette in scena una commedia che, attraverso il sorriso, nutre l’autostima, insegna l’arte dell’accettazione – Little Miss Sunshine di Jonathan Dayton e Valerie Faris (2006) – e demolisce quel senso d’inadeguatezza che la cultura dello spettacolo ha insinuato nel subconscio femminile – così come in quello maschile, si veda Ethan (il fidanzato zumbero e poco rude) -, ricordando ad ogni donna il fascino dei propri difetti, la sua bellezza (interiore).

 

Alessio Romagnoli

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