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KMD 2018 – CRONACHE DA UN FESTIVAL

Giorno 4 – IL BACIO MORTALE.

Giovedì, 30 agosto 2018.

Kiss me deadly. Il bacio mortale che dà il titolo alla kermesse è un’immagine sublime e iconica. Una coppia di amanti può dirci moltissime cose, ma se l’amore è tanto pericoloso da diventare deadly, mortale, ci colpisce al cuore e fa brulicare i nostri sensi, tenendoci incollati allo schermo. Nella quarta giornata di rassegna abbiamo visto amori di ogni tipo.

Il film del pomeriggio, Sui marciapiedi (Where the Sidewalk Ends) di Otto Preminger, ha chiuso la retrospettiva dedicata alla magnifica Gene Tierney. Cinque anni dopo Laura, proiettato martedì, Dana Andrews e la nostra diva tornano insieme sullo schermo, di nuovo diretti dal grande Otto Preminger, maestro del cinema noir, e di nuovo innamorati di un amore impossibile. Eppure l’amore in questo film non è il tema predominante. Come ha giustamente sottolineato un’affabile signora spettatrice della retrospettiva, Olga, alla fine della proiezione, Sui marciapiedi è soprattutto un film sul desiderio di riscatto di un uomo dal passato difficile (elemento tipico del film noir) che passa attraverso la verità e la confessione.

Nell’incontro serale, moderato da Carlo Modesti Pauer, l’atteso scrittore Marco Vichi ha parlato del suo rapporto con la letteratura, il noir e del suo ultimo libro “Nel più bel sogno”. Si è poi soffermato sulla figura del gigante Georges Simenon, indimenticabile autore di gialli (suo è il personaggio di Maigret, ma sue sono anche molte altre storie con importanti componenti noir), per cui nutre una grande passione. “In un periodo di crisi creativa”, ha raccontato, “ho trovato uno scatolone di mio padre che conteneva 76 romanzi di Maigret. Li ho letti tutti. Da lì è iniziato il mio legame con il grande scrittore”.

La serata è proseguita sulla scia di Simenon con il film di Mathieu Amalric La camera azzurra (La chambre bleue), tratto da un romanzo dell’autore belga. Il grande interprete francese (lo ricordiamo soprattutto come attore feticcio di Arnaud Desplechin) si muove abilmente anche dietro la macchina da presa, mettendo in scena un’elegante storia d’amore che è insieme un raffinato e perturbante giallo giudiziario. Il film, presentato a Cannes (Un certain regard) nel 2014 ma inedito nelle sale italiane, è ambientato in una cittadina di provincia e racconta la storia di una coppia di amanti clandestini che finisce in tragedia. Si tratta di un amore nerissimo, che non ha niente da invidiare ai grandi amori noir, su cui aleggia sempre una vena di mistero e di proibito, ma anche di amour fou totalizzante. Amalric si rivela bravissimo nel calibrare la narrazione, dispiegando i pezzi di un racconto in cui è impossibile raggiungere la verità.

Cambio di rotta invece in tarda sera con il film della mezzanotte (midnight movie) di quest’anno: Hounds of love, scritto e diretto dall’esordiente Ben Young, classe 1982, australiano. Anche in questo film, come già anticipato dal titolo, c’è l’amore in primo piano. Ma è un amore assolutamente non convenzionale: i due protagonisti sono una sorta di versione aggiornata di Bonnie e Clyde che, invece di rapinare banche, rapiscono e uccidono giovani ragazze.

Il film è perturbante e disturbante, denso di violenza (psicologica, soprattutto) e crudeltà. Funziona benissimo anche grazie alla narrazione del giovane Ben Young, che con slow motion, musica (nella sequenza finale si sente Atmosphere dei Joy Division) e uso magistrale della camera (carrelli, soprattutto) riesce a creare un mondo angosciante, asfissiante e di forte impatto emotivo sullo spettatore. La cosa che più colpisce di questo film è la protagonista femminile (Emma Booth è bravissima): una donna sola, che ama con tutta se stessa ma al contempo non può fare a meno di odiare suo marito. È intrappolata in un amore claustrofobico. Anche la sua storia, la loro storia è una storia di amore nero. “Kiss me deadly” mi sembra un’espressione perfetta per questo film.

Matteo Blanco.

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