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Copperman o l’uomo di rame dal cuore di caramello

“Facciamo finta che io ero” un supereroe, come papà; facciano finta che non ci abbia mai abbandonato, a me e a te, mamma; facciamo finta sia in giro per il mondo a lottare contro il crimine. Facciamo finta… Ma ora sei grande Anselmo, smettila di fantasticare. Non può Gianna, non può, tuo figlio è un supereroe, deve salvare il mondo!         
Anselmo è un bambino “speciale” che vive con la mamma (Gianna) in un borgo dell’Umbria. A scuola una maestra di sostegno e i compagni che lo tormentano. Fuori, per fortuna, c’è Titti, la sua fidanzatina, “speciale” come lui, con un padre violento e strozzino. Ed è proprio a causa dell’uomo se la ragazzina è costretta ad andarsene, affidata alle cure di una casa-famiglia.     
Venti cinque anni dopo è tutto uguale. Ma quando Titti torna in paese assieme a sua figlia, i cattivi sembrano moltiplicarsi. “Far finta”, allora, non è più sufficiente, è tempo di passare all’azione. Grazie all’aiuto di Silvano, l’amico fabbro, Anselmo indossa un’armatura ossidata, pompa d’irrigazione come arma e vocoder per camuffare la voce: è  nato Copperman, l’uomo di rame che, di notte, sgattaiola di casa per acciuffare i delinquenti.

Corre il piccolo Anselmo, corre, lungo i sentieri di una Oz di provincia – Spoleto “incantata”, campi di girasole e viuzze medievali, dove il furto di birre è il solo reato immaginabile – stringendo per mano la sua dolce Dorothy, Titti; pattina Anselmo, ora uomo, pattina, indossando uno scafandro corazzato, ancora bambino però, “incosciente” – libero e inconsapevole – come allora, più di allora. L’uomo di latta non aveva un cuore, l’uomo di rame ne ha uno enorme, caramellato, tenerissimo, ma un cervello difettoso – ma «cambia qualcosa?», ripete il fabbro -, che concepisce la propria vita come un cerchio, curva a poisvariopinti – dalla tazza del caffellatte ai vestiti – equidistanti da un centro instabile, eccentrico.  

Favola “ingenua” che oscilla tra le atmosfere trasognate de “Il mago diOz”di Victor Fleming (1939) e lo spirito di rivalsa di “ForrestGump” di Robert Zemeckis (1994). Come il “sempliciotto” dell’Alabama, Anselmo è un uomo rimasto bambino che racconta – e ci mostra, attraverso il suo sguardo –  la storia di un eterno fanciullo. Una visone binaria, in cui ad ogni colore corrisponde un sentimento, e dove il bianco, sommatoria dello spettro visibile, non è contemplato perché espressione della complessità dell’esistenza, caleidoscopio iridescente – la scenografia à laJean-Pierre Jeunet (“L’esplosivo piano di Bazil” ,2009). 
In un mondo di zero e uno, di rossi e gialli – da cui è meglio stare alla larga… -, fare il supereroe diventa un gioco, terapia ludica per alleviare il dolore – “Super – Attento crimine !!!” di James Gunn (2010).

Essere(/i) “speciali”: come il calabrone, che si mantiene in volo nonostante le sue minuscole ali, come Anselmo, che combatte i cattivi, e i suoi problemi, nonostante (anzi, grazie) la propria diversità.

Alessio Romagnoli

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