Che l’Italia sia terra di conquista, anche se nessuno lo dice, credo sia fatto noto, che viene confuso strumentalmente con il concetto che quello che conta è attrarre il capitale straniero.
Peccato che gli stranieri, dopo aver usato gli incentivi nazionali, portino i ricavi da un’altra parte!
Ma il livello di penetrazione degli stranieri nello spettacolo italiano ha superato qualunque limite, grazie all’assenza di leggi e di limiti che invece esistono negli altri paesi europei, al punto tale che un uomo d’esperienza come Cirino Pomicino dichiara che ormai siamo un protettorato francese.
L’ultimo esempio di questo arrembaggio è l’acquisto di Lux da parte di Fremantle.
Il gruppo nato dal lavoro sordo e dietrologico di Bernabei, uomo forte d’altri tempi che si è bevuto la Rai come un bicchier d’acqua, finisce in mani straniere, e definitivamente.
Lo annuncia Scrosati, il capo dei capi, uomo tratteggiato appena nelle nebbie di Sky, indefinito e privo di recapiti , a volte citato da chi ha avuto la fortuna di incontrarlo, passato da Milano all’Europa e da gruppo a gruppo. Lo annuncia con l’orgoglio di un conquistatore e poi aggiunge che la sua azienda ha anche preso in locazione sei teatri a Cinecittà, sempre quella Cinecittà cui dovrebbero essere destinati centinaia di milioni di euro e gestita guarda caso da un suo ex dipendente, l’ineffabile Maccanico.
Ma perché questo interesse delle aziende straniere per l’Italia? Semplicissimo, vengono acquistati quei gruppi che hanno le porte aperte con Rai, e che da Rai ricevono appalti e milioni di euro: finito il discorso.
In sostanza, ormai, Rai devolve gran parte del suo fatturato ad entità straniere, dalla Cina alla Francia passando anche per l’Inghilterra. Quelle osteggiate, trascurate, combattute, sono le aziende italiane prive di padrini, quelle che non sanno con chi parlare, che non hanno il cellulare dei capi rete o capi struttura o capi dipartimento, che non li incontrano in hotel a 10 stelle a Miami o Dubai o Saint Tropez, che non hanno il capitale di rischio che Rai comunque assicura.
Su questo meccanismo elementare, bel oliato e ben nascosto, si fonda quasi tutta l’economia attuale dello spettacolo, dalle trasmissioni di inchiesta al cinema, dal varietà ai documentari: viene svenduto quel patrimonio di idee e di personaggi, da Montalbano al maresciallo Rocca, a Don Matteo frutto del lavoro di un grande dirigente, Stefano Munafò, e di un’altra Rai, quella dei grandi professionisti alla Brando Giordani, Roberto di Russo, Angelo Guglielmi, che pensavano a far crescere l’azienda e l’Italia, e non a rimpinguare le casse di qualcun altro.
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