Caro Formatore,
ormai è raro avere il privilegio di tenere un corso sulla selezione del personale. Fino al periodo pre-Biagi (legge.n° 30 del febbraio 2003), quando il Contratto a Tempo Indeterminato era la forma prevalente di dipendenza continuativa tra azienda e lavoratori, i corsi sul tema erano molto diffusi. Fino agli anni ’90 molte agenzie di formazione proponevano percorsi sulla progettazione del percorso di selezione e sulla esecuzione delle singole fasi, dalla pubblicazione dell’annuncio all’inserimento dei candidati prescelti.
Con l’introduzione della cosiddetta flessibilità la knowledge sulla selezione del personale ha subito un declino d’investimenti e di interesse. Imprenditori e manager assumono personale con varie forme di contratto a termine, mirando prevalentemente al risparmio economico.
La disciplina, già di per sé ostica, oramai non più coltivata, ha subito una drammatica involuzione, e i “sintomi” sono sotto gli occhi di tutti. Annunci poco chiari, interviste grottesche, drammatici errori di selezione. Sintomi di una malattia molto costosa; è verosimile che il calo della produttività in Italia dipenda anche dal declino della capacità di valutare i collaboratori in tempi brevi, elemento chiave nei progetti d’inserimento lavorativo. Contrariamente a quanto si possa pensare le persone, grazie alla flessibilità, per tempi incredibilmente lunghi rimangono parcheggiate in ruoli per i quali non sono adatte!
In “Il cacciatore di teste” (2005), di Costa-Gavras, Bruno Davert (Josè Garcia), è un tecnico qualificato che si ritrova senza lavoro. Affronta così il processo di selezione del personale ove conosce la “supponenza” di una selezionatrice. L’intervista di valutazione è paradigmatica per la ricorrenza degli errori più banali che commettono i selezionatori.
A seguito di questa esperienza, Bruno, conscio di non poter puntare sul normale iter di ricerca di un lavoro, decide di uccidere tutti gli altri tecnici con la sua medesima qualifica, che “fortunatamente” sono solamente quattro in tutta la Francia. Naturalmente il film è il pretesto per esporre il tragico tema del confronto, caro al regista spagnolo, tra l’individuo e ciò che lo sovrasta, in questo caso le grandi organizzazioni.
Le pellicole che mettono in luce la scarsa professionalità dei selezionatori del personale non si contano.
In “Quasi amici” (Francia, 2011, regia di Olivier Nakache e Eric Toledano), la persona incaricata di trovare l’assistente del ricco Philippe (François Cluzet), rimasto totalmente paralizzato a seguito di un incidente, sta per farsi sfuggire il candidato che risulterà più adatto, Driss (Omar Sy). Costui è un emarginato della Banlieue di Parigi che si presenta al colloquio solamente per avere il diritto allo stipendio sociale. Non è assolutamente motivato né coltiva la minima speranza di avere il lavoro, ma viene assunto grazie all’intuizione di Philippe, che ne intuisce il potenziale.
Quante volte i colloqui di selezione puntano a carpire notizie sulla “motivazione” del candidato, e quante poche volte i selezionatori riescono ad investigare il potenziale insito nella persona?
Se gli esempi di colloqui di selezione condotti male sono pressoché infiniti, risulta difficile trovare i casi “formativi”, a parte poche eccezioni.
Molto didattico “The Imitation Game” (Morten Tyldum, 2014) ove la selezione mira alla capacità di risolvere quiz combinatori. Alain Touring, incaricato di decriptare i messaggi delle forze armate tedesche, aveva compreso come il talento non andasse ricercato nelle accademie. La pubblicazione del Quiz sui giornali gli permise di assemblare il team adatto assemblando persone da tutta l’Inghilterra, a prescindere dal Curriculum o dalla classe sociale. Niente di più chiaro per spiegare l’importanza del test nella selezione del personale.
Sulla stessa linea Michael Douglas che intervista Melanie Griffith in “Vite sospese” (David Seltzer, 1992, USA) ci mostra come il test, per rilevare alcune attitudini, possa essere “incastonato” nel colloquio.
In sintesi gli errori tipici nel colloquio selezione del personale.
1) Sopravvalutare la storia professionale del candidato. Un ottimo Project Manager nell’organizzazione A potrà rivelarsi inadeguato nell’organizzazione B, ove il Job è completamente diverso. Poiché il processo di lavoro è diverso in ogni organizzazione anche le attitudini ricercate devono essere specifiche. Molti Job Title quali “Project Manager”, “HR Business Partner”, “Business Developer” ci dicono pochissimo sui compiti affidati, con enormi rischi per tutto il processo di selezione. Il sintomo tipico è solitamente un annuncio impreciso, che solitamente mira alle attitudini generiche (care al parruccone Steven Covey) quali la “capacità di lavorare in team”, l’“orientamento ai risultati”, la “determinazione”.
2) Confondere la personalità con il talento. Ciò che ci appare immediatamente nel candidato è il tratto psicologico relazionale che, per la maggior parte delle professioni, non determina poi il successo nel ruolo. Per questo le “prime impressioni” o le sensazioni “di pancia” vanno considerate fattori confondenti. Per la maggior parte delle professioni, ove ciò che fa la differenza è nel fare, nel produrre, saranno le capacità, i talenti a fare la differenza. Per questo l’ideale è appoggiarsi a test, soprattutto quando si ricerchino talenti quali la capacità di analisi, il problem solving ed in generale specifiche risorse psico-attitudinali. Purtroppo la maggior parte dei percorsi di selezione non prevedono test adeguati, quanto un’escalation di colloqui, spesso fatti da personale non preparato allo scopo. Il risultato è che vengono selezionati candidati che sono riusciti, nel percorso, a non irritare, a non allarmare i vari HR, Manager, Direttori dai quali sono stati intervistati. Sono i candidati “standard” il cui talento principale è la capacità di non farsi notare, di non infastidire, e la cui caratteristica lavorativa sarà una produttività mediocre, nelle ipotesi più fortunate.
3) Focalizzarsi sulla motivazione del candidato. Il colloquio è uno strumento specifico, che può evidenziare alcuni aspetti, ad esempio la capacità di comunicare, di relazionarsi, ma non è lo strumento adatto a rilevare altre risorse o attitudini, che, in assenza di test specifici, emergeranno solamente dopo che la persona è stata messa al lavoro. Per motivi imperscrutabili i selezionatori, anche professionisti, per estrarre la motivazione si affannano a scrutare nei profondi recessi del sistema limbico del candidato, che è solitamente preparatissimo a dimostrare la propria vocazione alla causa.
In conclusione, la selezione del Personale è la vetrina di un’impresa, ove si palesano il livello culturale della funzione HR, la capacità di pianificare del Management, la competenza del personale che esegue i vari passaggi. Il candidato, già dal primo colloquio, può capire se diventerà protagonista di un film dell’orrore, di una commedia all’italiana, del sequel di Fantozzi, o di un raro film a lieto fine.
Luigi Rigolio
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