Regia di Michael Goorjian
con Michael Goorgjian, Hovik Keuchkerian, Nelli Uvarova, Narine Grigoryan
Impero Ottomano, 1915. Charlie è un bambino che è riuscito a sfuggire al genocidio armeno nascondendosi in un baule diretto negli Stati Uniti.

Dopo oltre trent’anni, nel 1948, torna in Armenia, ma si deve scontrare con la dura realtà del comunismo sotto Stalin. Una notte viene arrestato dalle guardie sovietiche e accusato di essere una spia americana. Si ritrova così in carcere, condannato ai lavori forzati, preso in giro dalle guardie e dai militari che lo chiamano Charlie Chaplin, costretto al giorno del “Ponchik” in cui viene picchiato periodicamente da un uomo enorme e infine costretto all’isolamento.
Dalla finestra della sua cella però, riesce a osservare quello che avviene nell’appartamento di fronte, nella famiglia di Tigran, l’uomo che lavora nella torre del penitenziario ma che ha sempre sognato di fare il pittore. Assiste così alla vita della famiglia armena, nei momenti di gioia e di dolore, recuperando il suo senso di appartenenza.

Il grande merito di Michael A. Goorjian, regista e interprete, è di aver diretto un film su tematiche come il genocidio, la diaspora, il ritorno al paese di origine per recuperare le proprie radici e la propria identità senza retorica o in modo eccessivamente drammatico, ma usando ironia, umorismo spesso e un tono di “amara” leggerezza.
E non racconta le storie diverse di molti uomini e donne che tornano nel paese d’origine da diversi paesi (in questo caso Armeni che tornano in Unione Sovietica), ma parla di uno di loro, Charlie. La sua storia, che ne riecheggia molte altre, è quella di un uomo che vuole riappropriarsi della propria identità.
Se la storia narrata è chiara quindi nel contenuto e ne riecheggia molte altre di molti altri film, la vera unicità della pellicola sta nel “come” è narrata.

Accade che cause naturali facciano crollare il muro davanti alla cella di Charlie, dove si trova in isolamento, e lui dalla sua finestra vede, guarda la vita di una coppia e partecipa alle loro gioie e ai loro dolori. Il muro, il crollo della quarta parete, la finestra, lo schermo, la casa di fronte, il film, il cinema. Anche quando l’altro si accorge di lui, come nel cinema muto, comunica usando il corpo, facendo crollare anche la barriera linguistica: lui vissuto in America non parla la lingua del suo paese.
Il cinema ancora una volta: non a caso il nostro Charlie è chiamato continuamente Charlie Chaplin, grandissimo interprete del “Silent Movies”( silent e non muto).
La commozione accompagna lo spettatore lungo questo straordinario film che narra in modo lieve la tragica storia di un popolo perseguitato.
Distribuito da DNA srl in collaborazione con Cineclub Internazionale
Maria Serena Pasinetti
