Non so se il ministro Franceschini si sia accorto che passerà alla storia per aver distrutto il cinema nazionale! Temo che nessuno lo abbia avvertito.
Prima di lui era riuscito nell’impresa Walter Veltroni, con gli aberranti finanziamenti ai film d’interesse culturale che arricchirono gli artistoidi di sinistra e svuotarono le casse dello Stato, pur essendo teoricamente rotativi.
L’interesse culturale sta al cinema italiano come il tax credit sta all’audiovisivo italiano: il primo era riservato al cinema mentre il secondo comprende tutto ciò che è possibile, proprio tutto.
Il primo ha portato decine di prodotti nei magazzini di Luce/Cinecittà, prevalentemente inutilizzabili, inguardabili e talvolta impensabili, il secondo ha gratificato i produttori furbi e introdotti, ha arricchito molte società estere, ha moltiplicato le fatture false e ha riempito le library delle piattaforme o delle reti di prodotti modesti, bruttini, bruttissimi, evitati dal pubblico dei cinema.
Oggi siamo all’ossimoro cinematografico: i film italiani non incassano una lira e la produzione è aumentata, perché lo Stato si è sostituito al pubblico, una formula geniale di sperpero destinato a gravare sui cittadini per fluire nelle tasche di alcuni.
Non è un caso che la camorra abbia intuito prima di altri il potenziale criminale del sistema, definendo il cinema “il proprio strumento”.
“Un film può costare duecentomila euro ma anche cinquanta milioni di euro” dicevano i camorristi intercettati dalla Guardia di Finanza, e non avevano torto, in quanto con la legge attuale più il film costa e più riceve di tax credit.
Ovviamente la Guardia di Finanza non può controllare tutti i film e tutte le fiction: se lo facesse avrebbe molte sorprese.
Ma il peggior danno creato dalla legge Franceschini è che ai produttori il risultato del prodotto non interessa più, e questo è riscontrabile nella qualità e nelle tematiche, che sembra rigettino lo spettatore, o lo considerino un essere sottosviluppato.
Il produttore non ha bisogno del pubblico, guadagna in partenza, prima di presentare l’opera, ecco il segreto delle norme attuali!
Ma ci sono altre conseguenze, molto più tecniche, che caratterizzano l’anno zero del cinema, tra le quali desidero indicare il depotenziamento della distribuzione, la chiusura di molte sale, il moltiplicarsi di forme estorsive quanto inutili come il traileraggio, la moltiplicazione selvaggia delle sceneggiature, la riconversione di soggetti in serialità, la manifesta incapacità di molti attori, la elementarità delle tecniche di regia.
Cercherò di indicare in un prossimo articolo, quali secondo me sono i possibili rimedi, oltre quello di togliere dalla guida del settore gli incapaci e i raccomandati.
Avv. Michele Lo Foco
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