Ildikò Enyedi. affronta a viso aperto i temi classici della letteratura come del cinema: la comunicazione, la morte, il doppio.
Il doppio si presenta su vari piani: il sogno e la realtà, la psiche ed il corpo, l’amore per la vita e il desiderio di dissoluzione.
Maria è la responsabile della certificazione di qualità presso un macello di bovini. La sua estrema riservatezza nasconde disturbi profondi, che risalgono all’età infantile (è ancora in cura dallo psicologo pediatrico). Viene sbeffeggiata dai colleghi che rinunciano ad integrarla. Ma il direttore finanziario, Endre, è inspiegabilmente attirato dalla gelida collega.
La relazione ha una brusca accelerazione quando una psicologa, incaricata di fare luce su un furto di medicinali, fa emergere che i sogni di Endre e di Maria coincidono. Vivono di notte nello stesso sogno, ove lui è un cervo e lei la sua compagna. Insieme percorrono i sentieri innevati della foresta, si guardano, si nutrono, si cercano. Increduli, scoprono quindi di frequentarsi nel mondo onirico. Lei comincia a sciogliersi e comincia un accidentato percorso di avvicinamento nel mondo reale, fino alla fine, drammatica ma tinta di speranza.
Che lo specchio sia il vero protagonista lo si capisce dalla didascalica corrispondenza degli handicap. Lui ha un braccio paralizzato, Lei è paralizzata nelle relazioni fisiche, non tollera il minimo contatto, risultando completamente distante da una possibile esperienza sessuale.
La paralisi affettiva di Maria è figlia del mutacismo di Ada McGrath, protagonista di “Lezioni di piano” (Jane Campion, 1993). Entrambe, per riemergere alla vita, passano dal suicidio, nella forma dell’acting-out, un’azione illogica ed incomprensibile che, solo nei film, diventa il primo passo verso la consapevolezza. E’ il meccanismo tipico del Disturbo di personalità narcisistico-masochista, che, proprio nel momento della passione, si allontana, si chiude, si “congela”. Aprirsi significa essere squartati, amare significa essere feriti. La fuga contiene l’illusione della salvezza.
Curioso che sia il Direttore Finanziario a rappresentare l’unico portatore della delicatezza, l’unico in grado di avvicinarsi alla più diafana delle creature, ad una sorta di angelo malato, muto ed indifeso (Il Direttore del Personale è invece un rozzo maiale incapace di comprendere gli altri esseri umani).
Sembra non esserci soluzione ove gli psicologi non capiscono, gli umani non si rispettano, ma per l’incontro tra il sogno, l’inconscio, la passione si traduce in un innovativo movimento romantico, comprensivo di dichiarazione di amore finale, la chiave che apre la porta del paradiso terreno.
Ma c’è un piano più alto, più tragico. Il destino ci costringe a pagare il contro dell’ignoranza, del non sapere chi è l’altro, chi siamo noi. I conti vanno pagati. Non si può fare più finta di non sapere, di non conoscere, perché ogni persona ha memoria, ogni animale ha un’anima, ogni lavoratore ha una storia da raccontare. Il vangelo di Ildikò Enyedi ci annuncia che il super-uomo, la creatura meravigliosa, è un uomo mutilato ma che rispetta, che ascolta, che ama. Il resto è violenza e pregiudizio.
Luigi Rigolio
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