Mentre il tax Credit continua ad attirare tutte le produzioni mondiali affamate di contributi e ormai esperte della nostra burocrazia e della mancanza di controlli, il cinema nazionale continua a deludere ed arranca, anche con i film più nobili del listino.
Se in testa continuano a svettare i prodotti per ragazzi ed i cartoni animati, che la nostra industria incredibilmente non prende in considerazione, alle spalle, con medie a copia realmente insignificanti, avanzano a passo di tartaruga i film presentati a Cannes e che la sinistra cinefila ha esaltato in tutti modi.
Niente da fare per i prodotti nazionali, nonostante le somme spese per il lanciamento, che ormai non vengono nemmeno calcolate in quanto viene dato per certo che sia lo Stato Italiano ad assorbire le perdite e per esso ognuno dei cittadini.
Al contrario di quanto accade in realtà, i costi dei prodotti filmici, in particolare di quelli esteri che vengono a girare nel nostro Paese per il tax Credit, si sono decuplicati, e sono ormai talmente smisuratamente irreali che non vale nemmeno più la pena di analizzarli, è sufficiente accettarli così come vengono esposti e gioire perché le maestranze lavorano.
Nessuno si domanda più se i budget hanno una ragionevolezza rispetto ai ricavi, in quanto i ricavi sono misteriosi e i guadagni sono realizzati prima dell’uscita del prodotto, non dopo.
Un maestro ormai scomparso della distribuzione nazionale, mi spiegò, decine di anni orsono, una verità: ricordati che il cinema si fa sempre prima e non dopo. Aveva talmente ragione che questa regola, esasperata dall’intervento inconsulto di Franceschini, è diventata la base di tutto il nostro cinema e dei meccanismi facilitativi del cinema estero girato da noi.
Quel maestro, ovviamente, non pensava al tax Credit che era lontano dal nascere, ma al fatto che le storie, le speranze, le condivisioni, gli entusiasmi cinematografici trovano la loro massima espressione prima di produrre, cioè quando il progetto appare nel suo massimo splendore.
Durante e dopo la realizzazione compaiono i dubbi, le difficoltà, le defezioni, le incapacità, gli errori, e alla fine il prodotto appare nella sua reale natura, e può anche deludere.
Ma se ha trovato, prima, i giusti estimatori, vale a dire un buon distributore con un solido minimo garantito, un venditore estero non approfittatore, una realtà televisiva interessata, allora quel “prima” è la salvezza del produttore. Quali gli elementi del “prima” in questo caso? Con le parole e l’esperienza di un vero maestro della cinematografia, Adriano De Micheli, il soggetto e la sceneggiatura scritti da grandi professionisti, e a seguire, l’adesione a quegli elaborati di un buon regista e di buoni attori.
Il “prima” di allora è pertanto una sceneggiatura di valore, e non un testo qualunque scritto per mettere in piedi un film/tax Credit.
Il passato e il presente trovano una base comune nel fatto che il cinema si sviluppa sempre prima e non dopo, con la differenza che nel passato erano le speranze ad animare il progetto ed oggi è il tax Credit a farlo realizzare, e mentre le speranze erano un rischio privato il tax credit è un contributo pubblico che elimina il rischio.
Così come avvenuto per il reddito di cittadinanza, che ha mostrato incongruenze, limiti e inefficacia nel corso del tempo, anche per il nostro cinema è ipotizzabile che le sovvenzioni a pioggia prima o poi vengano indentificate come la prima causa del degrado del settore, sempreché, con l’aiuto dell’Anica, l’intero comparto non venga nei prossimi anni monopolizzato dalle major e dalle piattaforme ed il nostro cinema non si estingua insieme agli orsi polari.
L’arte, come dicono i filosofi, è democratica perché consente a tutti di goderne, ma il cinema in particolare è aleatorio, comporta una base di rischio che è anche l’adrenalina di cui vivono i produttori.
Senza rischio, senza adrenalina, non nascono capolavori.
Avv. Michele Lo Foco
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