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Il mito del Low Budget

I cineasti sono generalmente colti da conati creativi che li inducono a produrre il loro film al di là della ragione e spesso al di la della convenienza. I più pragmatici si concentrano su soggetti che hanno perlomeno le caratteristiche per poter essere realizzati senza ingenti investimenti, ma i più visionari torcono la sceneggiatura sino a quasi spezzarla pur di perseguire il plot che hanno immaginato. La cosa sorprendente è che non vi è garanzia di qualità in alcuno dei due approcci. Una volta separato il grano dalla pula nella miriade di micro produzioni nazionali si trovano cose pregevoli sia nell’uno che nell’altro caso. Purtroppo se ne trovano poche, poiché la bontà di un film riposa in gran parte sull’originalità e, un po’ per ignoranza di chi ricalca in buona fede strade già percorse ed un po’ per l’avidità superficiale di chi vuol replicare i successi altrui, capita che proprio l’elemento di novità sia la materia più rara nelle produzioni indipendenti.

Un’immagine da “The Blair Witch project”

il celeberrimo “The Blair Witch Project”  diedero la stura ad una sequela di imbarazzanti horror girati con telecamera a mano che regalavano un’ora e mezza di noia a chi riuscisse a superare quella sensazione di mal di mare che iniziava già sui titoli di testa. “El Mariachi” di Robert Rodriguez ne costituisce invece l’analogo in chiave pulp dove i trucchi di Loyd Kaufman (quello della Troma per intenderci) sono ampiamente utilizzati per spargere di sangue una trama inesistente.

Roger Croman sul set di “La piccola bottega degli orrori”

Eppure nel passato del cinema ci sono stati eclatanti esempi di film low budget ingenerosamente chiamati B- Movie che sono poi diventati a pieno titolo dei classici della cinematografia di sempre. Un esempio imprescindibile è quello di Roger Corman a cui la scarsità di fondi non ha impedito di realizzare dei classici come “La piccola bottega degli orrori” o film quasi d’avanguardia come “Il serpente di fuoco“. In Italia poi fare distinzioni di budget è una questione di lana caprina poiché il nostro cinema, con poche trascurabili eccezioni, non è certo caratterizzato da grandi mezzi. Ciò non di meno in questo scenario così sparagnino sono sorti autori come Nanni Moretti che con “Ecce Bombo“, girato in 16mm partecipò in concorso al 31° Festival di Cannes, oppure come Davide Manuli che quasi vent’anni or sono girava con poche lire (c’era ancora il vecchio conio) “Girotondo giro intorno al mondo” co prodotto con Gianluca Arcopinto ed omaggiato , giustamente quanto tardivamente, durante i Venice days del l’edizione 2012.

Un’immagine tratta dal film d’esordio di Davide Manuli “Girotondo giro intorno al mondo”

Fare cinema non è solo questione di budget, anche se come in tante altre cose il denaro aiuta, ma è sempre stato soprattutto una questione di idee. Ai fratelli Lumière non difettava certo il soldo, eppure come prima ripresa non pensarono a nulla di meglio che riprendere i dipendenti uscire dalla loro fabbrica. Bisogna poi tener ben presente come le fonti finanziarie non connotano la qualità di un film, per cui i cineasti non dovrebbero presentare la propria opera permettendo che si tratti di un low budget, taluni vantandosene, altri quasi scusandosi, perché il termine di per sé non vuol dire niente. Ci sono solo buoni film e film trascurabili, ché di brutti, forse, in  ultima istanza non ce n’è.

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