Castel Volturno: tra le anse del fiume e dirimpetto a un mare, quello del golfo, sempre grigio e agitato, si snoda una realtà terribile e un’umanità perduta, fatta di prostituzione, droga, miseria. Maria (Pina Turco, moglie del regista Edoardo De Angelis) è una giovane donna del posto che, come una sorta di Caronte, tragitta le ragazze (per lo più migranti africane) da una riva all’altra del fiume, dove aspettano tra i canneti e la melma della foce i loro clienti.
Zi’ Mari, maîtresse di questo terribile traffico, confida nel “diligente lavoro” di Maria e come una buona samaritana si mette a elargire denaro per le visite dal “Dottore”, quando scopre dalla ragazza che è rimasta incinta durante un appuntamento. Dopo alcune settimane Maria, che però vuole tenere quel bambino nonostante il rischio annunciato della gravidanza, è costretta a scappare e a rifugiarsi dove può.
L’umanità tra cui la ragazza cerca accoglienza e protezione è però corrotta e squallida, incapace di darle supporto: la madre Alba (Cristina Donadio) e la sorella marciscono in casa tra la droga e l’apatia, una migrante del luogo la ospita per un po’ ma a patto che “lavori” così come pretende che inizi a farlo la propria figlia, poco più che adolescente.
Ma cosa succede quando, partendo da premesse così terribili, comincia a insinuarsi la speranza in un luogo come questo, destinato a non avere salvezza? E così Maria conosce Pengue, giostraio caduto in disgrazia, l’unico in questo covo malavitoso a conservare valori autentici e che già in passato ha avuto a che fare con lei.
Lo stupore nella normalità, la magia che si insinua nel reale tinteggiano di un realismo magico le scelte registiche del film. Tra scene di grande crudezza, veri pugni allo stomaco, si intercalano momenti di simbolismo estremo, giocato su un’estetica elegantissima e supportato da una notevole fotografia e da belle inquadrature: un cavallo galoppa sulla spiaggia deserta sconvolta dal mare in tempesta, una bambina vestita di bianco giace in mezzo all’acqua…
Anche se a tratti De Angelis ricerca in maniera troppo manifesta la risposta “di pancia” dello spettatore, perdendo in fluidità e naturalezza, questo film rimane un bel racconto intimo che diventa universale, dove l’assunto è che c’è sempre una rinascita, il vizio di credere nel futuro, che va coltivato a ogni costo. Sotto lo squallore e la depravazione, questo lungometraggio è, come lo definisce lo stesso resista, “un inno di gioia, un omaggio alla vita”.
Il vizio della speranza, ultimo film del regista De Angelis (Mozzarella Stories, Indivisibili) è diventato anche un omonimo libro edito da Mondadori (2018). Da un’intervista che il regista ha rilasciato alla rivista Mind è nato questo romanzo che racconta anche i processi di trasfigurazione e creazione che stanno dietro le quinte della sua produzione cinematografica.
Il film, presentato in anteprima alla tredicesima edizione della Festa del Cinema di Roma, ha vinto il premio del pubblico BNL e ha ricevuto un’accoglienza calorosa.
Jessica Sottile
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