Non è da tutti vincere la palma d’oro a Cannes e Abbas Kiarosatami l’aveva meritatamente vinta nel 1996 con “Il sapore della ciliegia“, la storia di un uomo alla ricerca di qualcuno che lo sotterrasse dopo che si fosse suicidato. Fu un film controverso, vietato in Iran poiché il regime degli ayatollah riteneva incitasse al suicidio, fu l’unico film che lo stesso Kiarostami, una volta ultimato, si rifiutò sempre di guardare poiché lo rimandava ad un epoca della sua vita che voleva dimenticare. E invece , come precisò Kiarostami in un’inrtervista “ma in verità è un invito alla vita”.
Anche lui come Michael Cimino era laureato in belle arti ed accanto alla cinematografia coltivava la pittura e la scultura di cui se ne riscontra l’influsso nella centralità e nella forza che l’immagine ha sempre avuto nei suoi film. Nato nel 1940 a Theran è rimasto nel suo paese anche dopo la rivoluzione contro lo Scià, ma ha dovuto abbandonare l’Iran alla volta della Francia per continuare a girare film quando al potere è salito Ahmadinejad. Ben lungi dall’aver imboccato una parabola discendente aveva così girato “Shirin” (2008), “Copia Conforme” (2010) con Juliette Binoche e “Qualcuno d’amare” (2012) con Takashi Watanabe, oltre a vari documentari e si era dedicato alla sceneggiatura, suo altro talento non comune. Sì perché oltre alle arti figurative, tra cui ovviamente la fotografia, padroneggiava egregiamente anche la scrittura.
Proprio la scorsa settimana la Academy (quella per antonomasia, insomma quella degli Oscar tanto per essere chiari) lo aveva ricompreso nel novero dei nuovi 286 membri invitati ad entrare a farne parte. E cosa aspettavano? Una carriera quasi annualmente disseminata di gioielli come “Close-up” dell’ormai lontano 1990, “E la vita continua” (1992), “Sotto gli Ulivi” (1994), “Il Palloncino bianco” (1995), “Il vento ci porterà via” (1999) e non vogliamo togliervi il gusto di ricercare i numerosi altri per completare la serie. Evidentemente il gelo tra gli USA e l’Iran aveva congelato la volontà se non le menti dell’ Academy e non è bislacco pensare che è il nuovo clima di apertura verso il regime iraniano ha reso possibile questo riconoscimento.
Ormai dopo un’operazione subita a Theran all’inizio dell’anno si sapeva che il tumore di cui era afflitto da tempo non lasciava più molte speranze ed infatti Kiarostami ha terminato ieri a Parigi il suo intenso racconto del passaggio tra di noi. Un racconto che non ha bisogno di riscritture. Ebbe a dichiarare una volta il cineasta: “Forse, più che un narratore, sono un ascoltatore di storie”.
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