La seconda proiezione di Kiss Me Deadly è stata un pugno dritto allo stomaco.
Cocaine – La vera storia di White Boy Rick è un film ingiusto. Soprattutto perché si tratta di una storia vera. Sarebbe potuto essere il classico dramma familiare e, d’altronde, c’erano tutti i presupposti.
Un padre, che vive con i suoi due figli adolescenti: Dawn, la figlia maggiore, è una tossicodipendente; Rick, il più piccolo, che se ne va in giro per i sobborghi di Detroit con la sua piccola gang di ragazzini armati, che per essere come il padre inizia a vendere armi di contrabbando, e una volta assaggiato il sapore dei soldi entra nella rete dello spaccio. E come se questo non bastasse, l’FBI lo recluta come infiltrato, per poi ricattarlo. Il contesto sociale è di una tristezza disarmante, dove la cocaina, che da il titolo al film, gira incontrollata, e segna indissolubilmente la strada del protagonista: un destino già scritto che lo condannerà all’ergastolo a soli 17 anni. La vera storia di White boy Rick è la storia di un fallimento, di un padre, interpretato da Matthew McConaughey, con un sogno, aprire un negozio di video, e una passione, le armi, che aveva l’abitudine di smerciare. Dopo essere stato lasciato dalla moglie, senza soldi, dopo che la figlia, tossica, va via di casa, resta solo con Rick, a cui sperava di dare un futuro migliore. Lui ne era convinto, tanto da ripetere in continuazione al figlio che le cose, prima o poi, sarebbero andate bene. Ci credeva. Ma Rick no. Lui credeva che dovevano essere loro a farle andare bene, e l’unica soluzione, nonostante tutto, era spacciare.
Cocaine racconta proprio del fallimento di una società in cui si è spacciati del momento esatto in cui ci si mette piede; di un contesto sociale in cui ai bambini viene rubata l’innocenza troppo presto, buttati senza difese in una rete di pesci più grandi di loro, in cui non possono sopravvivere se non adeguandosi a quel mondo criminale che li educa e che, con mano armata e tra strisce di coca, veglia su di loro. Ed è proprio qui che Rick si incastra. Come tutti i ragazzi, che sognano in grande, ha fatto un passo un po’ troppo lungo, ed è inciampato in quella rete di pesci più grandi di lui, in cui è annegato. La recitazioni a tinte forti di McConaughey non si smentisce, nonostante il suo non essere protagonista, il ruolo che interpreta è perfettamente centrato su quella linea di confine che lo fa mantenere un passo indietro rispetto al centro della scena, lasciandola libera per uno straordinario Richie Merritt, che riesce a concentrare costantemente l’attenzione su di lui.
I dialoghi, a tratti sorprendenti, a tratti estranianti, sono carichi di quel pizzico di ironia capace di lasciare spiazzato lo spettatore in momenti del tutto inaspettati. L’intensità del film si dispiega da uno dei momenti più forti, quando Rick e il padre decidono finalmente di andare a riprendersi Dawn, portandola a casa e costringendola a disintossicarsi. Eccolo il dramma che non si contiene più e finalmente esplode. Da questo momento sarebbe dovuto andare tutto in discesa.
E invece no, la situazione precipita fino all’inverosimile, fino a incastrarsi tra fili che nessuno avrebbe potuto, o voluto, sciogliere.
Elena Sulmona
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