Skip to content

La Pazza Gioia

La pazza gioia, ultimo film di Paolo Virzì, ci ammalia e coinvolge grazie soprattutto alle sue straordinarie interpreti, Valeria Bruni Tedeschi (Beatrice), signora decaduta dell’alta società e Micaela Ramazzotti (Donatella), fragile donna provata dalle traversie della vita, affette entrambe da disturbi mentali ed autrici di reato, ricoverate in una struttura psichiatrica.

Molto si è detto e scritto su questo film, così intenso e dai dialoghi incisivi e brillanti, in linea con la più tradizionale commedia all’italiana: la malattia mentale non solo come disagio dell’individuo ma espressione più generale di un contesto di vita che può, con le sue ambivalenze, generarla ed emarginarla.

la-pazza_2

Quello che rimane un po’ stereotipato e lontano nel tempo, è l’immagine dei servizi di cura, psichiatrici e non, che Virzì ci presenta nel suo film.

La clinica, ove le due donne sono ospiti, sembra più una comune, caotica e disorganizzata, che una comunità terapeutica:  all’ingresso ci accoglie un finto cavallo, di basagliana memoria, simbolo del desiderio di libertà.

I servizi sociali, ai quali viene affidato il solo compito di controllo, vengono rappresentati da un unico operatore, relegato nel ruolo di Cassandra (per chi non la ricordasse, la mitica  profetessa, figlia del re di Priamo, che preannunciava sventure senza essere creduta), che mai si confronterà direttamente con i bisogni e i desideri delle due protagoniste.

la-pazza_3

Dispiace vedere come, a fronte di un’attenzione quasi maniacale nel descrivere e rendere veritiere le diagnosi e le terapie farmacologiche di Beatrice e Donatella, non corrisponda un approfondimento dei contesti di cura. La scissione tra aiuto e controllo, tra buoni e cattivi, tra cliché desueti ed ideologici ed una contemporaneità forse ancora troppo complessa da poter (o voler) raccontare.

Sabrina Dolcini

No comment yet, add your voice below!


Add a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

autobiography - il ragazzo e il generale

Al cinema dal 4 Aprile

Rakib, un giovane ragazzo indonesiano, diventa assistente di Purna, ex generale del regime in pensione. Quando Purna inizia una campagna elettorale per essere eletto sindaco, Rakib si lega all’uomo, diventato per lui mentore e figura paterna. Un giorno, però, un manifesto elettorale di Purna viene trovato vandalizzato: un gesto che avrà conseguenze inimmaginabili per entrambi.
Con un ritratto intimo di due generazioni che vivono sotto lo stesso tetto, il regista Makbul Mubarak ripercorre un doloroso periodo storico della sua nazione con un thriller intenso, che presenta forti risonanze con la contemporaneità ed una forte universalità del tema della lealtà e della vicinanza al potere.

i film per non dimenticare

27 Gennaio 2024

In occasione del Giorno della Memoria (27 gennaio) ci sembra opportuno segnalarvi una selezione di film nel nostro catalogo che sono stati fondamentali nel racconto di ciò che è successo durante gli anni della dittatura nazista: dai film di propaganda ai documentari, dalle prime opere realizzate nella Germania Est al cinema hollywoodiano, per conoscere il ruolo fondamentale della settima arte nella storia, nonché importante strumento di conoscenza. 

Nelle sezione “Guerra” sul nostro sito potrete quindi trovare capolavori come “I figli di Hitler”, un’aspra critica del regista Edward Dmytryk sull’educazione hitleriana, al vincitore del Festival di Locarno “Rotation” e il film perduto della propaganda nazista “Das Ghetto”.

Le muse impenitenti

L’associazione e compagnia teatrale le Muse Impenitenti, Marinetta Martucci e Arianna Villamaina, due attrici potentine, tornano a calcare il palcoscenico con una nuova esilarante ed originalissima commedia: Come lo zucchero per il caffè – ‘‘O Teatro è ‘o paese d’ ’o vero. Una commedia divertente e con performance di danza fuori le righe, che ci trasporta in un musical vero e proprio per poi allietare il pubblico con una sorpresa golosa. Lo spettacolo è un contenitore di arte a tutti gli effetti ed è un inno alle mille sfaccettature che in essa sopravvivono.