Gli intellettuali sono di sinistra, questo è il mantra che viene ripetuto senza riflessione e che fa ormai parte delle convenzioni nazionali, un po’ come il pensiero che la magistratura sia sempre contro la destra.
Ma quale caratteristica viene prima, l’essere intellettuali o essere di sinistra? Mettiamoci nei panni di uno scrittore, di un filosofo: se i suoi pensieri sono professionali, privi di connotazioni politiche, potrebbe correre il rischio di essere ignorato, perché non trova l’appoggio di editori e di giornali.
Deve pertanto darsi da fare per essere accolto nel circolo di coloro che pensano, che sono prevalentemente catalogati a sinistra anche se sono ricchi e famosi.
Fatto ciò, quello che scrive è meno rilevante, può anche diminuire le prestazioni man mano che gli viene concesso lo spazio.
Un esempio: Massimo Recalcati. Era uno psicologo divulgatore specializzato in Lacan, e questo compito lo svolgeva con tanta dedizione e bravura.
Poi lo ha scoperto la sinistra, e Recalcati è diventato un personaggio televisivo, intrigante e fumoso, una specie di affabulatore tenebroso.
Il suo modo di affrontare problematiche esistenziali si è trasformato in un vuoto chiacchiericcio pseudofilosofico.
Recalcati è diventato una icona della sinistra, e questo non gli ha fatto bene, come non fa bene ai registi essere schierati, perché il pensiero, l’arte, il talento non sono espressioni politiche ma capacità democratiche, doni che se vogliamo attribuire ad una entità dobbiamo riferirci ad un padre, ad una generazione, ad una educazione.
Di intellettuali veri, di uomini capaci di tracciare un cammino o anche solo un passo ce n’è un gran bisogno, di divulgatori capaci di spiegare l’evoluzione o il tratto pittorico di un maestro non ce ne sono mai a sufficienza, mentre di professionisti dell’intrigo di sinistra ne abbiamo fin troppi, al punto che alcuni di loro hanno deciso di passare a destra per mantenere la posizione.
Qualcuno può immaginare che con il governo di destra si creeranno le condizioni per una supremazia intellettuale delle istanze conservatrici, ma non è così semplice.
Non basta un convegno in una delle mirabolanti proprietà di Bruno Vespa per equilibrare la situazione, né l’inserimento di personaggi asserviti al sistema: ci vogliono anni di attenzione al problema, ed il lavoro serio e professionale di studiosi capaci di dare un senso alla storia ed ai fenomeni.
Utilizzare logici matematici come Piergiorgio Odifreddi, che si rifanno ad Aristotele ed a Peano, a Godel, solo per dare un tocco di scienza ad un programma d’intrattenimento è realmente un grande spreco, o far parlare il Prof. Maurizio Ferraris di argomenti che non gli competono, solo per abbellire qualche minuto di trasmissione, non è fare cultura.
Umberto Galimberti potrebbe spiegare la Divina Commedia certamente meglio di Benigni che viene pagato come fosse lui stesso una creatura di Dante, ed io personalmente ho ascoltato unitamente ad altre quattrocento persone una delle migliori illustrazione del De Rerum Natura narrata in teatro da Odifreddi, solo, sul palco, con un leggio.
Non si tratta in questi casi di politica, ma di conoscenza, e come direbbe il Budda quella che conta è l’intenzione, con un fine che non è divertire ma diventare consapevoli che la cultura non è di sinistra, non è uno strumento politico, è una necessità.
Avv. Michele Lo Foco
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