La vittoria di Netflix a Venezia e’ il perfetto risultato di una confusione concettuale cui la sinistra e Baratta hanno dato il loro sostanziale sostegno.
tutti i telegiornali e i commentatori si sono precipitati a elogiare il vincitore , con quella solita plageria che sa sempre di richiesta di accettazione, ma nessuno ha osato accennare che il film è stato prodotto da quella mega società multimilionaria che sta togliendo l’aria al cinema.
Eppure il problema era ben presente sul tappeto , visto che il festival di Cannes aveva negato l’ingresso a film non programmati al cinema mentre il presidente dei distributori italiani aveva tradito tutti affidando a Netflix il suo film su Cucchi approfittando di una demenziale norma che consente di non uscire obbligatoriamente al cinema se il film viene programmato in un festival.
ovviamente le norme italiane sono tutte frutto di una regia maligna coordinata da Anica che anche in questo caso ha ritenuto di non fiatare, mentre gli esercenti, caduti nella trappola, si sono resi conto che la loro fine si avvicina.
Il festival di Venezia si chiama esattamente festival d’arte cinematografica e per questo Barbera si è sperticato a ripetere che un prodotto è un prodotto e che a lui non interessa il seguito: era evidentemente stato ben istruito e aveva capito che senza Netflix il suo festival sarebbe stato più fragile di quello che è comunque stato.
Resta il dato sconfortante che i soldi stanno minando tutto il tessuto imprenditoriale e artigianale del settore, tutti sono a caccia dei soldi di netflix e anche la Rai che ha da tempo imbrigliato la produzione si sta piegando alle logiche del meglio poco e subito piuttosto del rischio sala.
Finisce così nelle mani di Netlix e di una manciata di giovinastre russe pronte a tutto la nostra manifestazione di punta, glorificata da giornalisti improvvisati o modesti alla caccia di qualche notizia e di qualche volto decoroso da esibire sempre e solo in televisione.
Michele Lo Foco
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