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L’abisso della pubblicità

Se un periodo storico può essere valutato dalla pubblicità, questo che viviamo è l’anno della fantasia malata e ipocrita. Perché malata? Per la semplice ragione che è sempre più diffusa una distorsione della realtà, una specie di febbre che altera il normale flusso degli avvenimenti. Perché ipocrita? Per il semplice motivo che chi allestisce questa pubblicità lo fa sapendo che il messaggio è falso ma che conta solo il risultato. Il finale, però, non è quello sperato. 

Facciamo un esempio pratico: la pubblicità delle automobili, ormai dilagante, esalta la libertà. Quali strade asfaltate, quali percorsi normali! Oggi possiamo deviare su una strada sterrata e correre fino in alto a una montagna dalla quale ci butteremo con un paracadute! Portiamo i figli a scuola? Un giro di manopola della nostra auto e traversiamo il parco cittadino, travolgiamo panchine, superiamo fossi e pantani ed eccoci arrivati. Per fare ciò abbiamo bisogno di un’auto a forma di melanzana, quattro ruoti motrici, posto per sette persone grasse, che paghiamo in comode rate da 100 euro al mese per tutta la vita.

La realtà è ben diversa, nessuno prende strade sterrate, nessuno corre nella pampa, al massimo saliamo sul marciapiede della strada. Eppure … la libertà, magari con un’auto gialla, che non riusciremo a rivendere nemmeno in Corea!

Il finale è la crisi: migliaia di automobilisti convinti di aver noleggiato la libertà che dopo due anni restituiscono il catafalco giallo che non gli è servito a nulla se non a farsi compatire.

La prostata, altro dramma nazionale: un povero signore giustifica le sue passeggiate per casa alla moglie raccontando panzane cui la signora non solo non crede ma lo fanno considerare da Lei un povero imbecille. Bene, questo imbecille non sa che se anche prende una pasticca per la prostata, la moglie ormai si è accorta di aver sposato un poveretto. 

Del Piero, un ex giocatore di calcio che parlava con gli uccellini: ora, pettinato come un coatto di borgata, ci invita ad abbonarci a Sky tirando un televisore e sdraiandosi in alta montagna. Risultato di tutto ciò: la produzione frena, il consumo si ferma, le industrie licenziano. Può la stupidità diventare il sale del nostro tempo? Può il pubblico diventare il secchio dell’immondizia di coloro che pensando di guadagnare distruggono il regolare fluire degli oggetti e delle azioni?

Concludiamo con le assicurazioni: cani che parlano e che dovrebbero invitarci a preferire una società o un’altra, astronauti che comunicano con la mamma, gondolieri imbecilli, uno zoo di personaggi senza senso ci vendono la sicurezza del futuro! Eppure tutti costoro sono costantemente sugli schermi televisivi: quanto durerà l’assedio al nostro cervello? 

Michele Lo Foco

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