- Regia: Guillaume Senez
- Attori: Romain Duris, Judith Chemla, Shungiku Uchida, Yumi Narita, Patrick Descamps, Mei Cirne-Masuki
- Genere: Drammatico
- Paese: Francia, Belgio, Giappone, Usa
- Durata: 98′
- Al cinema dal 30 aprile 2025
Da nove anni Jay (Romain Duris) attraversa Tokyo ogni giorno al volante del suo taxi, inseguendo un’unica speranza: ritrovare sua figlia Lily (Mei Cirne-Masuki), persa dopo la separazione dalla moglie e mai affidatagli. Il tempo ha logorato le sue aspettative, e ormai deciso a tornare in Francia, sembra aver abbandonato ogni illusione. Ma proprio quando tutto sembra perduto, una giovane donna sale sul suo taxi. È Lily. Solo che lei non sa chi lui sia.
Ritrovarsi a Tokyo è un film che si muove sotto la superficie, raccontando una storia intima che però tocca temi più ampi, legati alla società giapponese e alla sua struttura familiare. Al centro della narrazione non c’è solo il legame spezzato tra un padre e una figlia, ma anche la rigidità di un sistema legale che, nella gestione degli affidi, riflette una concezione tradizionale e spesso immutabile della famiglia. In Giappone, la custodia esclusiva concessa a un solo genitore dopo il divorzio è una prassi che può facilmente trasformarsi in un silenzioso esilio affettivo, come accade a Jay.
Il film sottolinea questa tensione non solo attraverso la trama, ma anche con il sottotesto culturale: l’identità ibrida di Lily – metà giapponese, metà francese – diventa simbolo di una duplice esclusione. In un Paese che spesso esige omogeneità, la sua voce fuori dal coro è un ulteriore ostacolo all’integrazione, e ciò rende il suo personaggio estremamente potente. Le difficoltà che lei stessa esprime nel vivere tra due culture rafforzano il senso di spaesamento e solitudine che permea l’intera pellicola.
Si consiglia vivamente la visione in lingua originale. Non solo per l’autenticità dell’interpretazione – Romain Duris ha imparato il giapponese per rendere il suo ruolo più credibile – ma anche per cogliere le sfumature linguistiche che parlano di distanza, fatica nel comunicare, e identità. La difficoltà dei personaggi giapponesi nell’esprimersi in inglese, e l’uso mirato del francese, contribuiscono a costruire una stratificazione emotiva che il doppiaggio potrebbe attenuare.
Ritrovarsi a Tokyo è un film delicato, silenziosamente politico, e profondamente umano. Un invito a riflettere sul significato dell’appartenenza e sulle ferite che certe regole, troppo rigide, possono lasciare nei legami più sacri.
Miriam Dimase