Berlinale 74 – And the winner is…

L‘Orso d’Oro va a Dahomei di Mati Diop, un docufilm che racconta la storia delle opere d’arte restituite al Benin nel 2021 dopo essere state rubate dai colonizzatori francesi nel XIX secolo.

L'Orso d'oro va a “Dahomey” di Mati Diop - Il Sole 24 ORE

Senza nulla togliere alla pellicola e alla sue sfumature anticolonialiste, altri film avrebbero meritato L’Orso d’Oro come Sterben che si é dovuto ‘accontentare’ del premio per la migliore sceneggiatura.A Traveler's Needs' Review: An Airy Hong Sangsoo PuzzleAbbastanza inspiegabile anche il secondo premio al film A Traveler’ s Needs di Hong San-soo che manca ancora una volta l’Orso d’Oro e conquista il quarto Orso d’Argento.

I due film italiani rimangono a bocca asciutta.

Grandi numeri per i biglietti venduti e la presenza molto alta e in crescita rispetto allo scorso anno al Mercato.
È anche l’ultimo anno del direttore Chatrian che ha voluto dare negli anni del suo mandato al Festival un taglio più autoriale, ‘locarnesco‘,  trovandosi schiacciato tra Cannes e Venezia che ormai la fanno da padroni nella scelta dei film delle kermesse.

Qualunque sia la valutazione finale é certo che il cinema, che qualcuno aveva visto in crisi con la Pandemia, é più vivo che mai. Ancora una volta sfatiamo con piacere la celebre frase dei fratelli Lumière ripresa da Jean-Luc Godard nel 1963 “Il cinema è un’invenzione senza futuro” .

Grande e lunga vita alla settima arte.

 

 

 

 

Serena Pasinetti

Berlinale 74 – spunti e riflessioni, parte 2

Distopie, famiglie disfunzionali, contaminazione di generi cinematografici

Alcuni esempi:
Another End di Piero Messina è un film distopico con atmosfere cupe fantascientifiche che evolve in uno struggente melodramma.

Sterben è un film drammatico che ti accompagna per tre ore con graffiante ironia attraverso le vicende di una famiglia disfunzionale.

L’ Empire è un visionario film, un fantasy dove si alternano mondi paralleli, in lotta, tra la commedia e il dramma.

Une Langue Etrangère è un film con tutti – ma proprio tutti – gli stereotipi di due famiglie disfunzionali.

The Human Ibernation è un film ambientato in periodi di tempo indefinibile, di genere drammatico fantascientifico con presenza di famiglie non tradizionali. Ha vinto il premio Fipresci.

Arcadia è una drammatica love story, senza tempo, che tramite il porno si trasforma in una ghost story.

Per quanto riguarda esempi di denuncia sociale e politica citiamo il notevolissimo The Strangers’ Case sulla tragedia siriana che fa del dramma un film tesissimo quasi da thriller.

 

 

 

 

 

Pia Larocchi & Serena Pasinetti

LA SALA PROFESSORI di ILKER ÇATAK

Genere: Thriller
Durata: 109′
Con: Leonie Benesch, Michael Klammer, Rafael Stachowiak, Eva Löbau

The Teacher's Lounge, recensione del film tedesco candidato all'Oscar - Cinefilos.it

Carla Novak è un’insegnante di matematica ed educazione fisica in una scuola media in Germania. Chiamata come supplente da qualche mese, fatica ad ambientarsi con i colleghi che sembrano adottare approcci educativi di vecchio stampo con gli studenti. Inoltre a scuola si verificano diversi furti sia nelle classi che all’interno della stessa sala professori. Se i colleghi della Novak quindi tendono immediatamente ad accusare gli alunni, effettuando controlli a tappeto e degli pseudo interrogatori, la supplente invece sospetta anche degli adulti. Quando una mattina le spariranno dei soldi dal portafogli lasciato in sala professori, il computer che aveva lasciato – volutamente- con la camera accesa inquadrerà solo una manica del responsabile del furto che porta ad accusare la segretaria scolastica. Questa negherà fino alla fine di aver commesso il furto e il figlio, alunno della classe della Novak, inizierà la sua battaglia vendicativa contro la professoressa.

La sala professori“, già vincitore della scorsa edizione della Berlinale nella sezione Panorama, del Premio Europa Cinema Label e candidato quest’anno agli Oscar come miglior film straniero, è un thriller a tutto tondo che mette in luce le storture di un sistema scolastico imperfetto e le conseguenze sulla società tutta (adolescenti e adulti) della psicosi generata da un sospetto costante.

Grazie alla bravura non solo della protagonista Leonie Benesch, ma anche di tutti i giovani attori che impersonificano gli studenti, e di una sceneggiatura impeccabile che lascia col fiato sospeso per tutti i 109 minuti di film, l’opera di Ilker Çatak lascia un bel segno nelle opere cinematografiche di quest’ultimo anno, offrendoci molteplici spunti di riflessione su tutte le dinamiche che entrano in gioco quando viene instillato un dubbio, quando vi è una totale assenza di fiducia (negli altri e nelle istituzioni) e quando non riusciamo più a capire quale sia il miglior comportamento da adottare.

Movie Review: In 'The Teachers' Lounge,' one middle school as microcosm of a troubled world - Victoria Times Colonist

In uscita al cinema dal 29 febbraio, ne consigliamo vivamente la visione a tutti, genitori, insegnanti e studenti, per avere un occhio di riguardo in più sulla genesi dei sospetti, sulla quotidianità della vita scolastica da tutti i punti di vista senza dimenticare la dimensione umana che coinvolge alunni, genitori e professori e i loro reciproci rapporti.

Distribuito da Lucky Red, trovate il trailer sulla nostra pagina di youtube.

 

 

 

 

Francesca De Santis

PAST LIVES di Celine Song

Genere: Drammatico, sentimentale
Con: Greta Lee, Teo Yoo, John Magaro

La prima sequenza del film inquadra tre persone in un bar. L’atmosfera è di lieve imbarazzo. Una voce fuori campo cerca di fare ipotesi sulla relazione tra i tre, ma non è facile individuarne le dinamiche. Poi lo sguardo della donna tra i due uomini si apre su un flashback: siamo a Seoul, Na-Young e Hae-Sung sono compagni di scuola. Lei studiosa, intelligente, ambiziosa, lui timido riservato e molto protettivo nei confronti di lei. Sono profondamente legati, si cercano e si fanno mille promesse. I genitori di lei però decidono di emigrare in Canada per avere più possibilità di sviluppare le loro ambizioni artistiche e avviene la separazione.


Passano 12 anni e Na-Young, che ora si chiama Nora, è diventata una scrittrice ben conscia del proprio io artistico e ben decisa a svilupparlo al meglio. Per caso scopre che Hae-Sung l’ha cercata sulla rete e decide di riprendere i contatti con lui. Gli incontri su Skype sono teneri, densi di ricordi e di mille confidenze.
Lui studia Ingegneria, ha fatto il militare e vuole andare in Cina a perfezionare il mandarino. Il progetto di incontrarsi è davvero difficile da realizzare. Nora intuisce che questo rapporto è un laccio per la sua evoluzione e decide di troncarlo.
Quando si incontrano a New York dopo altri 12 anni, Nora è sposata con uno scrittore americano di successo, Arthur, è realizzata e conduce la vita che si era prefissata.
Hue-Sung ha una ragazza, lavora in un ufficio e ne accetta consapevolmente la mediocrità.
Di fronte finalmente l’uno all’altra, ripercorrono la loro storia e in questo percorso rinasce l’incanto della loro infanzia.


I giorni trascorrono veloci, perdendosi nella città come due turisti qualsiasi, tra silenzi, sguardi, domande senza risposta e il piacere dello stare insieme. Arthur non può che accettare in silenzio l’evolversi della situazione. Poi però arriva il giorno della partenza. Nora, Arthur e Hue-Sung decidono di trascorrere l’ultima serata insieme.
Al bar Nora cerca di fare da interprete tra i due ma poi Arthur resta in disparte e la conversazione si concentra tra lei e il suo amico d’infanzia.
Nella spiritualità orientale è riconosciuto il legame che si stabilisce tra due persone nel susseguirsi delle vite, nel ritrovarsi, nell’armonizzare i propri destini secondo canoni differenti e nelle possibili varianti che possono influire sulle vite future.
Alla malinconia dell’addio si intreccia la possibilità di reincontrarsi e riconoscersi anche in mondi e modi diversi.
E alla partenza di Hue-Sung il pianto dirotto di Nora tra le braccia di Arthur ha il sapore della tristezza del lasciarsi, ritrovarsi e dirsi ancora addio, del rimpianto, forse, di quello che avrebbe potuto essere ma anche della consapevolezza delle proprie scelte e di volerle perseguire.
Esordio folgorante di Celine Song.

PAST LIVES, già acclamato dalla critica alla Berlinale 2023 e al Sundance e ora in corsa agli Oscar come miglior film e miglior sceneggiatura originale, uscirà in sala il 14 febbraio, distribuito da Lucky Red.

Trovate il trailer sul nostro canale youtube.

 

 

 

 

 

 

 

Pia Larocchi

La Berlinale 2023


La Berlinale 2023, che si è conclusa con un grande successo di pubblico, è, tra i festival cinematografici di risonanza internazionale, quello che si distingue per essere una kermesse che attrae un vasto numero di festivalieri. In particolare vi accorrono i locali, amanti del cinema per il cinema; infatti, la nuova sala da 1.800 posti, la Verti Music Hall, si è sempre riempita, al di là del film presentato.

La qualità delle pellicole presentate in concorso, invece, si è dimostrata inferiore al solito, sotto tono. Qualche critico ha parlato di “locarnizzazione” del festival di Berlino, alludendo alla presenza di film di nicchia, opere prime, film autoriali di registi poco noti, scelte tipiche del Festival di Locarno, il cui direttore artistico Chatrian è diventato tre anni fa direttore della Berlinale.
Quanto alle premiazioni, altre sorprese a cui ci stiamo abituando.

Berlino, orso d'oro al film francese "Sur l'adamant" di Nicholas Philibert  - Gazzetta di Parma

Vince l’Orso d’Oro Sur l’Adamant, di Nicholas Philibert, un documentario (vedi il Leone a Venezia) e qui viene il sospetto di una giuria che arriva a un compromesso; vince il premio come miglior sceneggiatura Music, di Angela Schanelec, il film con la trama più incomprensibile di tutto il Concorso; vince meritatamente il premio alla miglior interpretazione (caduto alla Berlinale il doppio premio maschile e femminile) alla bambina/bambino transgender Sofia Otero del film 20.000 especias de abejas, ma anche qui c’è il sospetto di un premio “politico”; per non parlare di Mal Viver di Joao Canijo, Orso D’argento premio della Giuria, più di due ore di un’autodistruzione logorante di cinque donne legate da strettissimi legami familiari.
Il Festival che ha sofferto, tra l’altro più di altri, di due anni di Pandemia (edizione 2021 on line, edizione 2022 con forti restrizioni sanitarie) dovrà forse ritrovare una sua fisionomia. Aspettiamo con ansia l’edizione 2024, il pubblico della Berlinale rimane comunque il suo fascino maggiore insieme chiaramente alla splendida location che è Berlino.

20.000 especies de abejas (2023) - Filmaffinity

I NOSTRI TRE CONSIGLI:

The Survival of Kindness - Fandango

 

 

 

 

 

 

 

The Survival of Kindness di Rolf de Heer, Australia. Una donna aborigena, chiusa in una gabbia in un deserto australiano, riesce ad uscire ed incomincia un percorso, che è reale ma anche e soprattutto metaforico, alla conquista della propria collocazione nel mondo. Un percorso cadenzato da tappe faticose e conflittuali per raggiungere la meta. Il linguaggio non esiste, o meglio è un linguaggio inventato, ma le immagini sostituiscono egregiamente il parlato e ci raccontano le vicende di questa donna che si muove alla ricerca di una vita non da schiava. Un film che va visto subito nella chiave metaforica sia della storia del singolo e sia della Storia con la S maiuscola. Completamente ignorato nella premiazione.

Berlinale | Programme | Programme - Kletka ishet ptitsu | The Cage Is  Looking for a Bird

Kletka ishet ptitsu – The Cage is Looking for a Bird
Il film si concentra sui conflitti personali di un gruppo di donne che vivono in un remoto villaggio rurale in Cecenia. Al centro c’è l’amicizia tra due ragazze adolescenti che cercano rifugio l’una nell’altra mentre prendono decisioni sul loro futuro. Il primo lungometraggio della regista cecena Malika Musaeva, presentato alla Berlinale nella sezione Encounters, è un dramma molto duro e disperato sull’essere imprigionati e poi liberati. Direttore artistico e co-produttore Alexandr Sokurov.

Disco Boy (film) - Wikipedia

Disco Boy
Opera prima di Giacomo Abruzzese – Premio per il migliorcontributo artistico.
Migrante in fuga da regimi dittatoriali, Aleksei raggiunge Parigi e si arruola nella Legione Straniera con il sogno di un passaporto francese e di una nuova vita. Inviato in Nigeria per liberare dei dipendenti di una multinazionale petrolifera rapiti dai nativi, si scontra con i rapitori e uccide il capo. In un moto di pietas seppellisce il corpo e dopo averne chiuso gli occhi, la sua vita cambia radicalmente. Film di mistero e di esoterismo, danze tribali, riti radicati nella terra madre, stuprata da colonizzatori avidi e insensibili ai disastri ambientali ed ai soprusi etnici di cui sono rei. Aleksei vede tutto questo con gli occhi del nativo sepolto che lo porteranno ad incrociare gli occhi della danzatrice di nightclub, sorella del morto, e con lei intreccerà una danza rituale e spirituale foriera di una scelta di vita ormai irreversibile. Luci psichedeliche, musiche elettroniche e suggestioni immaginifiche rendono questo film imperdibile. Avrebbe meritato un riconoscimento maggiore.

Le tre cinefile perse
Serena Mirella Pia

IL RITORNO ALLA BERLINALE

Essere di nuovo alla Berlinale nel 2023, dopo un 2021 totalmente online e un 2022 limitato da restrizioni sanitarie, è un piacevole ritorno anche a Berlino, città mutevole, vero cantiere a cielo aperto.

Sono cambiate alcune sale storiche, per altro legate a caffetterie collocate in posti strategici, aspetto fondamentale per il cinefilo che deve passare da un film all’altro senza mancare di ritrovare l’energia necessaria. Infatti, le certezze della sala e della caffetteria collegata sono determinanti per il divoratore di film.

Il pubblico sembra tornato alla grande. La vendita dei biglietti, anche fino a pochi minuti prima dell’inizio dello spettacolo (il tutto rigorosamente online) e gli sconti per i giovani portano frotte di ragazzi nella nuova grande sala, la Verti Music Hall, da 1.800 posti.

I film sono molti, la scelta complessa.

Il Concorso, quest’anno, sembra sotto tono, con pochi nomi di grido, come Petzold e la Von Trotta. Altri sono solo di nicchia.  La Berlinale è un festival internazionale, oltre ad essere il grande festival della città, ma quest’anno pare ridimensionato come qualità.

La pandemia ha costretto anche i registi a ripiegare su loro stessi, trovando dentro di sé le idee per le loro pellicole e a raccontare storie personali o politiche legate a periodi storici passati.

E per parlare del cinema nel suo complesso, sono comunque nate opere eccellenti di Bellocchio, Sorrentino e Spielberg, per fare solo qualche esempio.

Anche alla Berlinale si odora la stessa sensazione.

L’immaginario sovrasta la realtà, il dentro di sé rispetto al fuori. Abbiamo visto opere su racconti del proprio dentro politico tedesco, il dopo riunificazione della Germania, e con i coreani ecco un film alla Slinding doors, e poi un altro che è un vero urlo del proprio immaginario personale e storico delle tradizioni orientali.

E il ricordo di Golda Meir o la narrazione di un amore tra artisti della Von Trotta. Infine, una bellissima metafora australiana sullo sfruttamento dei nativi e la nascita del capitalismo.

Il bilancio lo faremo alla fine, ma per ora rimane la sensazione di un festival del “dentro” e spaccato in due parti, un concorso seguitissimo, ma deludente e le altre sezioni con spunti più interessanti, ma  difficili da scovare in un numero eccessivo di offerte.

Maria Serena Pasinetti

Corpo e anima: lezioni di delicatezza

Ildikò Enyedi. affronta a viso aperto i temi classici della letteratura come del cinema: la comunicazione, la morte, il doppio.

Ildikó Enyedi, la regista ungherese ritira l’orso d’oro alla Berlinale dello scorso anno, vinto proprio con il film “Corpo e aima” distribuito in Italia da Movie Inspired

Il doppio si presenta su vari piani: il sogno e la realtà, la psiche ed il corpo, l’amore per la vita e il desiderio di dissoluzione.

L’attrice Alexandra Borbély, classe 1986, interpreta Mària

Maria è la responsabile della certificazione di qualità presso un macello di bovini. La sua estrema riservatezza nasconde disturbi profondi, che risalgono all’età infantile (è ancora in cura dallo psicologo pediatrico). Viene sbeffeggiata dai colleghi che rinunciano ad integrarla. Ma il direttore finanziario, Endre, è inspiegabilmente attirato dalla gelida collega.

La relazione ha una brusca accelerazione quando una psicologa, incaricata di fare luce su un furto di medicinali, fa emergere che i sogni di Endre e di Maria coincidono. Vivono di notte nello stesso sogno, ove lui è un cervo e lei la sua compagna. Insieme percorrono i sentieri innevati della foresta, si guardano, si nutrono, si cercano. Increduli, scoprono quindi di frequentarsi nel mondo onirico. Lei comincia a sciogliersi e comincia un accidentato percorso di avvicinamento nel mondo reale, fino alla fine, drammatica ma tinta di speranza.

A sinistra l’attore Géza Morcsányi, che interpreta il ruolo di Endre

Che lo specchio sia il vero protagonista lo si capisce dalla didascalica corrispondenza degli handicap. Lui ha un braccio paralizzato, Lei è paralizzata nelle relazioni fisiche, non tollera il minimo contatto, risultando completamente distante da una possibile esperienza sessuale.

La paralisi affettiva di Maria è figlia del mutacismo di Ada McGrath, protagonista di “Lezioni di piano” (Jane Campion, 1993). Entrambe, per riemergere alla vita, passano dal suicidio, nella forma dell’acting-out, un’azione illogica ed incomprensibile che, solo nei film, diventa il primo passo verso la consapevolezza. E’ il meccanismo tipico del Disturbo di personalità narcisistico-masochista, che, proprio nel momento della passione, si allontana, si chiude, si “congela”. Aprirsi significa essere squartati, amare significa essere feriti. La fuga contiene l’illusione della salvezza.

Holly Hunter e Harvey Keitel in “Lezioni di piano”

Curioso che sia il Direttore Finanziario a rappresentare l’unico portatore della delicatezza, l’unico in grado di avvicinarsi alla più diafana delle creature, ad una sorta di angelo malato, muto ed indifeso (Il Direttore del Personale è invece un rozzo maiale incapace di comprendere gli altri esseri umani).

Sembra non esserci soluzione ove gli psicologi non capiscono, gli umani non si rispettano, ma per l’incontro tra il sogno, l’inconscio, la passione si traduce in un innovativo movimento romantico, comprensivo di dichiarazione di amore finale, la chiave che apre la porta del paradiso terreno.

Ma c’è un piano più alto, più tragico. Il destino ci costringe a pagare il contro dell’ignoranza, del non sapere chi è l’altro, chi siamo noi. I conti vanno pagati. Non si può fare più finta di non sapere, di non conoscere, perché ogni persona ha memoria, ogni animale ha un’anima, ogni lavoratore ha una storia da raccontare. Il vangelo di Ildikò Enyedi ci annuncia che il super-uomo, la creatura meravigliosa, è un uomo mutilato ma che rispetta, che ascolta, che ama. Il resto è violenza e pregiudizio.

 

Luigi Rigolio

L’unico italiano a Berlino

È stato proiettato ieri nella sezione Panorama, con un’accoglienza piuttosto calorosa, l’unico film italiano presente alla Berlinale 2017: Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino. Già presentato in anteprima al Sundance Festival, il film è un adattamento del libro omonimo di André Aciman ed è stato scritto dallo stesso Guadagnino insieme a James Ivory e Walter Fasano.

Ambientato nell’estate del 1993, racconta con delicatezza e naturalezza il rapporto di amicizia prima e d’amore poi tra il diciassettenne Elio (Timothee Chalamet), pianista di talento e affamato di vita, e il ventiquattrenne Oliver (Armie Hammer), americano sfrontato e affascinante. “Ma non è proprio una storia gay – ha dichiarato il regista a Berlino – , piuttosto la considero una storia di sentimenti e formazione, sulla trasmissione di conoscenze che persone di diverse generazioni dovrebbero andare a vedere”.

La redazione