Peter Von Kant di François Ozon – recensione

Durata: 85’
Genere: Commedia, Drammatico
Con: Denis Ménochet, Isabelle Adjani, Khalil Gharbia, Hanna Schygulla, Stéfan Crépon
Distribuzione: Academy Two

François Ozon mette in scena la pièce di Rainer Werner FassbinderLe lacrime amare di Petra Von Kant” e gli dà una sua personale rappresentazione.
Qui infatti abbiamo Peter Von Kant, un regista di grande successo che vive con il suo silenzioso ma sempre presente assistente Karl in un appartamento a Colonia, dove si diverte a maltrattarlo e umiliarlo. Grazie all’amica Sidonie, Peter conosce e si innamora di Amir, un giovane affascinante, senza grandi aspirazioni nella vita che Peter inizierà al mondo del cinema e lo renderà famoso in tutto il mondo. Ma la notorietà di Amir lo porterà ad allontanarsi sempre di più dal regista che deve affrontare da solo la solitudine e il dolore dell’abbandono.

La firma di Ozon è inequivocabile in quest’opera che diverte con i suoi personaggi estremi, interpretati magnificamente in primis da Denis Ménochet (nei panni di Peter Von Kant) e Isabelle Adjani, che interpreta l’amica e attrice Sidonie, diva per eccellenza. Senza dimenticare ovviamente la bellezza estetica delle scene, con colori caldi che rendono perfettamente le atmosfere anni Settanta e dove ogni frame potrebbe essere quasi una fotografia.

Una commedia amara piacevolissima che fa sorridere pensando al mondo dello spettacolo e ai più svariati personaggi che ne fanno parte, ma anche alle dinamiche delle relazioni amorose che si muovono tra eccessi di passione e di sofferenza.

Peter Von Kant, presentato alla 72° edizione del Festival internazionale del cinema di Berlino, sarà distribuito da Academy Two e uscirà al cinema il 18 maggio.

 

 

 

 

Francesca De Santis

Doppio amore – L’amant double

Regia di François Ozon.
Cast: Marine Vacth, Jérémie Renier, Jacqueline Bisset, Myriam Boyer, Dominique Reymond.

Il “doppio” dell’ultimo film di Francois Ozon non riguarda solo il titolo ma tutto il suo complicato percorso, a partire dalla personalità della giovane Chloè, fragile dalla nascita e vittima della gravidanza precoce e di un feto parassita. La sinapsi che prova, questo impulso nervoso che viaggia da un neurone all’altro o da un neurone a una fibra, è il filo conduttore della vita che vede la protagonista tramite uno specchio irreale del suo doppio.
Ci sono tre madri a rappresentare la personalità traumatizzata da questa complessità psicologica, mischiando la quotidianità
di una vita di coppia con l’amore morboso al limite della pornografia, che consente a Chloè di realizzare tutte le fantasie e i desideri che Paul non soddisfa, con un gioco di specchi,


ovvero il rapporto amoroso tra due gemelli (chiaramente) uguali nell’apparenza ma agli antipodi nella personalità.
L’intensità soggettiva crea una tensione narrativa giocando con la suspense e con il mondo immaginario dei protagonisti.


Il finale, positivo o negativo, lascia un senso di vuoto crudele nel subconscio, quel vuoto che solo Madre natura può dare generando gemelli parassiti.

Al cinema dal 19 aprile 2018

Giovanni De Santis