Le parole del cinema: Il montaggio delle attrazioni

Se David Wark Griffith è riconosciuto comunemente come colui che gettò le basi del montaggio è dall’Unione Sovietica che giungeranno i contributi più innovativi, si pensi ad esempio all’effetto Kuleshov (già affrontato su questa rivista ndr) che verrà elaborato ed esteso da Pudovkin, Vertov e soprattutto  Eisenstein in quello che è noto come il “montaggio delle attrazioni“. Nel tessuto narrativo vengono montate a tratti delle sequenze estranee al racconto, tali immagini extra-diegetiche non hanno un significato in sé ma sono portatrici di una valenza metaforica in relazione al contesto filmico principale. In altre parole vengono “attratte” nella narrazione per il loro significato simbolico che assumono quando associate alle sequenze in cui sono inserite.

fotogramma da "Sciopero"

Nel film “Sciopero” di Eisenstein la repressione della rivolta operaia viene alternata alle immagini di un mattatoio dove avviene lo sgozzamento di un bue. Il parallelismo del lavoratore sfruttato sino alla morte ed il bue macellato non è troppo sfumato per sfuggire anche ai meno ricettivi tra gli spettatori. Sergei Eisenstein definiva il montaggio delle attrazioni con queste parole: «Libero montaggio di azioni arbitrariamente scelte, indipendenti, ma con un preciso orientamento verso un determinato effetto tematico finale» . “L’effetto tematico” era raggiunto sovente con immagini forti o comunque dirompenti ed è per questo che il montaggio delle attrazioni è chiamato anche “teoria degli eccitanti estetici”, con un risultato che va ben oltre  la “giustapposizione di scene semi autonome, dallo stile volontariamente caricaturale o burlesco, come le attrazioni delle music hall, da cui il termine deriva“. In fin dei conti per Eisenstein “La regia è l’organizzazione dello spettatore per messo di un materiale organizzato” ed il montaggio delle attrazioni è per il regista uno dei tanti espedienti per organizzare questo materiale.

corazzata potemkin

La parole del cinema: Effetto Kulešov

Negli anni 20 il cineasta russo Lev Kulešov pare avesse attuato un esperimento per l’epoca rivoluzionario di cui però non è giunta alcuna prova evidente. Un’inquadratura dell’attore Ivan Mozžuchin fu montata con tre immagini raffiguranti una tavola imbandita, una donna nuda e l’immagine del cadavere di una donna o un bambino.

Kuleshov-effect

Gli spettatori avrebbero avvertito nell’attore emozioni differenti di fame, desiderio e tristezza. L’esperimento dimostrerebbe che l’immagine non ha un significato in sé, ma è il contesto conferito dal montaggio ad indurre un certo significato nella mente dello spettatore. Si pensi alla scena finale de “Il Padrino” (1972) quando alle immagini del battesimo sono alternate quelle delle esecuzioni disposte da Michael (Al Pacino), il nuovo capo famiglia. La dissonanza tra le due situazioni, il sangue degli eccidi e l’acqua benedetta della cerimonia religiosa, danno tutta un’altra percezione dell’atmosfera sacrale del battesimo e della espressione assorta di Michael.

padrino-finale

Indipendentemente del fatto che l’esperimento sia realmente avvenuto o meno, la concezione che ogni immagine è condizionata da quelle precedenti e successive in un’iterazione complessa la si ritrova nel cinema russo d’avanguardia a cui si deve la visione del montaggio come la vera sintassi del cinema il quale è da intendersi come una autentica lingua (nel cinema infatti le immagini parlano anche senza il dialogo) e quindi dominata da regole precise proprie.

Le parole del cinema: décadrage

Di solito nel cinema si cerca di valorizzare il centro dell’inquadratura, dove si collocano gli elementi (soggetti e oggetti) chiave dell’azione. E’ il principio della “centratura” al quale si contrappone quello del “décadrage” (in italiano anche se poco usato viene detta “disinquadratura“), ovvero il decentramento degli elementi importanti al margine dell’inquadratura, così da ottenere un immagine volutamente sbilanciata. E’ un meccanismo mutuato dalla pittura di fine ‘800 di pittori come Degas e Caillebotte che ricercavano una tensione visiva attraverso lo squilibrio dell’immagine. Tale squilibrio può essere diegetico quando assume la valenza di punto di vista di un personaggio come ad esempio “in Notorious- L’amante perduta” di Alfred Hitchcock, è riprodotto il punto di vista dell’attrice stesa su un letto con un forte mal di testa, Hitchcock vuole rendere l’idea della percezione distorta che l’attrice ha in quella posizione e in quelle condizioni psico-fisiche, oppure extra-diegetico quando utilizzato del regista in funzione narrativa come in “Vive L’Amour” del regista taiwanese Tsai Ming-Liang che spesso ritrae i protagonisti in inquadrature asimmetriche che i loro corpi non riescono volutamente a riempire, espediente con cui il regista suggerisce un senso di incompletezza delle loro vite. Infine il “récadrage” è il processo inverso per cui, partendo da una situazione decentrata, si procede tramite movimenti della macchina da presa a riportare al centro dell’inquadratura gli elementi chiave.

Le parole del cinema: Acusmatico

Il suono nel cinema è spesso acusmatico, ovvero lo si sente senza individuarne la fonte. Quando invece il regista mostra nell’immagine una causa del suono che si sente, si dice che lo “decausmatizza“. Giocando quindi su questa caratteristica della cinematografia il regista può arricchire le possibilità di sintassi del film. Può così ad esempio anticipare l’apparizione di personaggi od elementi nascosti, oppure introdurre nella narrazione delle voci extra-diegetiche come in L’Età Dell’Innocenza di Martin Scorsese, o la voce del protagonista in American Beauty di Sam Mendes.