KDM Giorno 2 – UN ANGELO NERO

Martedì, 28 agosto 2018.

Un volto enigmatico, sfuggente, misterioso. Un volto perfetto per il cinema noir, il genere che l’ha resa celebre. Il suo sguardo ammaliatore, la sua figura eterea, una vita tormentata la fanno ricordare come una diva fragile ma elegante. Gene Tierney è un angelo nero, come recita il titolo della retrospettiva a lei dedicata nel corso di questa rassegna.

Gene Tierney

Per aprire la seconda giornata di festival non c’era film migliore del capolavoro di Otto Preminger “Laura” (in Italia distribuito con il titolo “Vertigine“), un vero monumento del noir classico che vanta un’immensa interpretazione della diva. Si tratta di un elegantissimo giallo dell’anima, illuminato magnificamente da Joseph LaShelle (Oscar alla miglior fotografia in bianco e nero), in cui un detective (Dana Andrews) è ossessionato da Laura (la Tierney, appunto), donna trovata assassinata all’inizio del film e che rivive solo nei flashback e in un ritratto, come un fantasma. Il film di Preminger mantiene la sua sconcertante modernità: è un’opera sul turbamento e sulla spettralità, sul doppio, il simulacro, e sull’impossibilità di ricostruire oggettivamente la verità. È un piacere riscoprire, nell’occasione di questa rassegna, un film come Laura in versione restaurata.

Nel pomeriggio il fotografo Francesco Acerbis, già protagonista di un incontro nella serata di ieri, ha tenuto un workshop, dal titolo Immagini e parole. Per una fotografia letteraria, sul rapporto tra arte fotografica e parola, dunque letteratura, in relazione al suo recente progetto parigino Nero. È stato illuminante sentirlo parlare della fotografia come testo, cioè come mezzo per veicolare le idee, dunque libero da specifiche modalità di fruizione o tecniche di produzione/creazione. “Faccio foto anche con il cellulare”, ha detto.

Si è tornato a parlare del noir, con i noti fumettisti Ratigher & Marco Galli. Il secondo, in particolare, ha evidenziato un tema importante: il noir è il mondo dell’amoralità. Nelle storie noir, a differenza dei racconti o romanzi gialli, non esiste un confine ben definito tra bene e male, ma solo labili sfumature, come nella vita.

La “dark night” di martedì 28 è stata riscaldata da uno straordinario film, “Most beautiful island“, scritto, diretto, prodotto e interpretato dalla giovane Ana Asenzio. Una storia di forte impatto sull’immigrazione e la precarietà umana ambientata in un’alienante New York contemporanea, dove tutto è come assorbito, grazie alla suggestiva fotografia di Noah Greenberg, in una spirale di claustrofobica surrealtà. Girato con stile documentaristico, in location reali, il film riesce a trasfigurare la realtà che racconta, e raggiunge momenti cinematograficamente esaltanti, giocando magistralmente con la suspense, col sonoro metallico, nonché incentrando tutto il racconto sulla protagonista, Luciana, che viene pedinata quasi zavattinianamente. Le influenze del film, a detta della stessa regista, sono varie e molteplici: il realismo dei fratelli Dardenne e di Andrea Arnold si mescola con le atmosfere paranoiche di David Lynch e Krzysztof Kieślowski (la luce acida, malata di alcune sequenze del film rievoca quella dei capolavori del regista polacco). Eppure la voce di Ana Asenzio è nuova, originale e potentissima. La giovane esordiente spagnola porta la macchina da presa nei meandri dell’animo umano, come nei migliori noir, e pone delle domande decisive sulla società e la libertà, smascherando l’ipocrisia menzognera del cosiddetto sogno americano. Un nuovo cinema politico è alle porte.

Matteo Blanco.

KDM 2018 Giorno 1 – IL NOIR TORNA A VIBRARE SULLO SCHERMO

Lunedì, 27 agosto 2018.

Nei giorni scorsi, parlando con degli amici riguardo alla rassegna di cui mi accingo a scrivere, mi è stata posta la domanda “Che cos’è un film noir?”. Colto alla sprovvista, ho provato titubante a dare una risposta. In fondo, diremmo alla lettera, il film noir è lo strano connubio tra: amore-morte, tema romantico/decadente; l’es freudiano, un groviglio di pulsioni nascoste e desideri spesso autodistruttivi; un pessimismo di fondo, che trova ragion d’essere nella Storia (il cinema noir nasce negli USA, alla viglia del secondo conflitto mondiale, su iniziativa di cineasti per lo più europei, spesso tedeschi, che portano addosso il peso della Storia: Lang, Preminger, Siodmak, Tourneur, Wilder…). A questo aggiungiamo una femme fatale, un individuo problematico come protagonista, whisky e sigarette, fumosi locali notturni, fotografia tenebrosa, con immagini poco realistiche, deformate da grandangoli o luci espressioniste…

Eppure questo tentativo maldestro di spiegarlo non rende giustizia al film noir. Ogni sforzo di definirlo è problematico, perché il genere è di per sé misterioso, ombroso, impalpabile. Capirlo fino in fondo è quasi impossibile.

Nel 2015, a Campobasso, è stato creato un evento volto a celebrare e valorizzare il cinema noir: Kiss me deadly. Oggi la rassegna è giunta alla sua quarta edizione e presenta un cartellone variegato ed eterogeneo.

Francesco Acerbis

Nella prima giornata di festival, in serata, il fotografo e reporter Francesco Acerbis ha presentato il suo “film fotografico” intitolato “Nero”, un riuscitissimo omaggio alla letteratura e al cinema noir, che consiste in una serie di scatti notturni nelle strade di Parigi, la città in cui vive, montati insieme e accompagnati dalla musica di Michele Agazzi. Nell’incontro Acerbis ha parlato della sua passione per il genere e del desiderio che sentiva da anni di accostarla al suo lavoro di fotogiornalista.

Olivier Marchal

Il primo film delle “Dark nights” è “La truffa” del secolo (Carbone) di Olivier Marchal. Si tratta di un polar francese piuttosto convenzionale, che omaggia Brian De Palma (amato anche dai protagonisti del film, che lo citano) e i suoi indimenticabili “Scarface” e “Carlito’s Way”, dove elementi del noir si mescolano a una storia poliziottesca, con sparatorie e crimine. Un mondo che il regista francese conosce bene, essendo un ex poliziotto (“flic”, dice lui in un’intervista mostrata prima del film). Si tratta di un film, seppur non memorabile, godibile, anche grazie al bravissimo protagonista Benoît Magimel e a un finale sorprendente.

Benoit Magimel

L’apertura di questa quarta edizione fa tornare a vibrare il noir sul grande schermo, nuovamente in arena, en plein air.

Matteo Blanco

Kiss me Deadly – la kermesse multiforme sul noir

Sono quattro edizioni eppure l’evento noir di Campobasso ha un’agenda da manifestazione molto più matura.

Ben sei  film per le Dark Nights 2018: apertura con “La truffa del secolo”, grande ritorno del maestro francese del noir Olivier Marchal, il regista di “36 Quai Des Orfevres” e “L’ultima missione”; chiusura con l’Anteprima di “Le Fidéle”, potente melò-noir belga diretto da Michaël R. Roskam, autore di “Chi è senza colpa” presentato  alla prima edizione di Kiss Me Deadly.

Giancarlo De Cataldo, autore di “Romanzo Criminale” e di “Suburra”, e Marco Vichi, creatore del commissario fiorentino Bordelli saranno gli ospiti d’eccellenza della sezione letteraria Incontri sul Noir.

Marco Vichi

Torna il fumetto a cura di Andrea Fornasiero, con il patrocinio di Lucca Comics & Games: due nuovi workshop di cui sono protagonisti Ratigher & Marco Galli e Werther Dell’Edera con la collaborazione della colorista molisana Giovanna Niro. Grande novità di quest’anno, sempre per l’area comics, sarà la Self Area riservata al fumetto autoprodotto.

Giancarlo De Cataldo

Non mancherà infine come di consueto una finestra sulla fotografia con Francesco Acerbis che da Parigi porta a Campobasso, in collaborazione con Centro per la Fotografia Vivian Maier, il suo progetto “Nero” e animerà il terzo workshop di Kiss Me Deadly 2018.

Kiss me Deadly prende vita dal 27 al 31 agosto in via Milano 15 a Campobasso grazie al Collettivo KMD, prodotto dall’Associazione musicale Thelonious Monk in collaborazione con Fondazione Molise Cultura, e patrocinato dal Lucca Comics & Games. Per tutti gli appassionati del genere noir è un occasione ghiotta che perdere sarebbe … un delitto.

 

Kiss Me Deadly 3^ edizione

C’è chi dice che il Molise non esiste o che perlomeno si trova in uno stato quantistico per cui si può dire con certezza che esiste solo se e nel momento in cui lo si osserva. E’ una frequente e logora battuta di chi vorrebbe relegare questa regione in un girone minore rispetto alle più roboanti vicine. E invece è una regione che non solo vanta tradizioni solide ed antichissime, ma anche iniziative di gran rilievo ed affatto attuali come la kermesse multiforme sul noir Kiss Me Deadly, giunta alla sua terza edizione.

KMD image

Dal 21 al 26 agosto 2017 sulla terrazza Ex Gil di Campobasso avrà luogo un percorso multimodale dedicato alle atmosfere noir il cui tema di quest’anno è dedicato alla banalità del delitto. Un paniere estremamente ricco composto da una sezione cinema denominata “Dark Nights” con 8 film, di cui 6 inediti, provenienti da Argentina, Spagna, USA, Francia e Finlandia e la nuova proposta “KissMeDeadly Doc” in cui sarà proiettato il documentario di Kent Jones che ricostruisce la famosa intervista di Francois Truffaut al maestro del brivido, Alfred Hitchcock con materiali inediti e contribuiti di registi come Martin Scorsese, Wes Anderson, David Fincher, Richard Linklater, Paul Schrader;

Kent Jones
Kent Jones

Nella sezione dedicata alla letteratura, intitolata “Tra le pagine scure”, ci saranno ben 4 incontri. Il primo con Giampaolo Simi, Premio “Scerbanenco” 2015, è l’autore del nuovo libro LA RAGAZZA SBAGLIATA, attualmente nella top ten della narrativa italiana: un giallo serrato ambientato in Versilia, scenario perfetto per un crimine che solo apparentemente ha, nella sua crudeltà, dell’ordinario (Sellerio). Simi è stato anche sceneggiatore della fiction RIS e del tv movie LUCE DEL NORD, diretto da Stefano Sollima e ispirato a un suo racconto.

Giampaolo Simi
Giampaolo Simi

Patrizia Morlacchi, che un singolare destino ha strappato alla città natale di Parabiago per trapiantarla a Termoli, autrice del libro HANNO AMMAZZATO IL GUERCIO. Ispirato a un fatto di cronaca, il noir della Morlacchi è ambientato in Molise e ha come protagonista un commissario molisano.

KDM morlacchi

Stefano Brusadelli, l’autore del libro GLI AMICI DEL VENERDI’ ci racconta il suo ultimo romanzo, un noir inconsueto che ha per protagonisti degli anziani alle prese con misteriosi delitti in una Capitale ormai allo sfacelo.

Stefano Brusadelli
Stefano Brusadelli

Massimo Blasi parlerà di QUEL CHE E’ DI CESARE, giallo ambientato nell’Antica Roma, scritto insieme a Laura Zadra (Pesci rossi-goWare). A condurre la conversazione sarà Carlo Modesti Pauer con la partecipazione di Cecilia Ricci, docente di Storia Romana. Incontro realizzato in collaborazione con Suspense – libreria del giallo di Roma.

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Curatore delle sezioni Fumetti/Videogames è Andrea Fornasiero, uno dei massimi esperti italiani di serialità (ancora i fan piangono accorate lacrime per la chiusura del mitico rotocalco Wonderland) , critico di fumetti e cultore di videogames.

Andrea Fornasiero
Andrea Fornasiero

Titolo della sezione NOIR A FUMETTI è “Come illustrare il crime”. Dopo il successo dello scorso anno con l’incontro con Alessandro Bilotta, KMD torna “sul luogo del delitto” organizzando due workshop con Paolo Bacilieri, classe 1965, tra i suoi lavori “The Supermaso Attitude” (1996), “Barokko” (2004), “Zeno Porno” (2005), “Durasagra” (2006), “La magnifica desolazione” (2007) e Lorenzo Palloni, classe 1987, fra i fondatori di MAMMAIUTO, ed autore dei fumetti “Mooned” e “Esatto” e disegnatore di “Un lungo cammino”, entrambi tra i migliori autori e disegnatori della scena italiana del fumetto, che converseranno anche con il pubblico nello spazio serale “Incontri sul il Noir”. Una panoramica su storytelling e tecniche del medium fumetto declinate ad una narrazione di genere, con l’obiettivo di fornire ai partecipanti le conoscenze ed i mezzi necessari per iniziare a raccontare le proprie storie.

Emmanuele Tornusciolo
Emmanuele Tornusciolo

Novità assoluta di questa edizione è lo spazio dedicato ai Videogames, mondo che ha da sempre manifestato una predilezione per il genere crime e che si coniuga perfettamente all’azione più scatenata dei racconti di criminalità di strada. Per scoprire come nasce e come funziona un videogame, KMD propone un workshop e un incontro con Emmanuele Tornusciolo sceneggiatore e, insieme a Gabriele Arnaboldi, ideatore di Milanoir: un videogioco d’azione a tinte pulpnoir, in uscita questo autunno. Ambientato nella nebbiosa Milano degli anni ’70, si ispira ai capolavori italiani del genere come “Milano Calibro 9” e “Milano odia: la polizia non può sparare“. Titolo d’esordio dello studio Italo Games.

Ray Tarantino
Ray Tarantino

Ogni elenco deve porre qualche elemento alla fine, ma in un ordine che non ne segue affatto l’importanza ed è così che segnaliamo anche la sezione ARTI VISIVE| Pittura e Fotografia che ospiterà Sergio Ceccotti: un percorso espositivo dedicato alle atmosfere noir attraverso i quadri del grande maestro definito “artigiano dell’enigma” e “detective della quotidianità”. Conversazione con l’artista nell’ambito degli “Incontri sul noir” e Ray Tarantino: una serie di video-proiezioni con gli scatti che Tarantino ha realizzato ispirandosi alle suggestioni di KMD. Fotografo noto a livello internazionale le cui immagini sono apparse su “The New York Times”, “The Guardian” e “Rolling Stone”.

Davvero tanta roba per una regione della quale alcuni vorrebbero negare l’esistenza. Con uno sforzo che si intuisce titanico l’evento è organizzato è organizzata dal Collettivo dell’Associazione Musicale Thelonious Monk in collaborazione con la Fondazione Molise Cultura, istituzione culturale partecipata dalla Regione Molise, e con il patrocinio di Lucca Comics & Games.

Wolverine in bianco e nero

Il regista James Mangold ha annunciato una versione in bianco e nero dell’eroe degli X-Men.

James Mangold (sx) e Hugh Jackman (dx)
James Mangold (sx) e Hugh Jackman (dx)

Logan” uscirà il prossimo maggio nelle sale americane con una nuova veste che gli rende quel sapore dichiaratamente “noir” che Mangold ha voluto conferire a quest’ultima storia del celebre personaggio.

“Per fare una grande versione in B/N l’intero film ha dovuto essere rivisto scena per scena” ha dichiarato il regista newyorkese. La brutta notizia è che sarà distribuito solo negli USA, ma i fan italiani possono sperare in un edizione per l’Home Video che senz’altro sarà in lingua e forse , chissà, pura localizzata per il nostro paese se la 20th Century Fox si ricorderà che esiste la nostra penisola.

CONTAMINAZIONI n° 5 – LA CONVERSAZIONE… e le origini del NOIR a casa di Dashiell Hammett.

Essere fermati dalla polizia stradale negli Stati Uniti può essere una brutta esperienza, proprio come accade in molti film. Nell’immaginario collettivo, quando un poliziotto americano ti ferma e chiede i documenti, già si mette male… se poi dice:
“Sir… step out of the car.” beh, allora sono c…i!
La stessa situazione in America Latina, in Africa, in buona parte dell’Europa dell’Est, si potrebbe facilmente risolvere con una transazione. Negli anni mi è successo a Kiev, in Tanzania e in Bolivia, dove me la sono cavata con una media di 50 Euro.
Per un italiano, abituato a cercare sempre “una soluzione”, queste modalità, magari discutibili da un punto di vista etico, sono più congeniali dell’inflessibilità anglosassone, anche se in Italia non mi è mai giunta voce di corruzione palese della polizia stradale.
Il tentativo di corrompere un poliziotto americano può portare a dei seri guai, in alcuni casi a conseguenze estreme, come succede al personaggio che Steve Buscemi interpreta in “Fargo“.

FARGO, Peter Stormare, Steve Buscemi, 1996
FARGO, Peter Stormare, Steve Buscemi, 1996

La banconota da cento dollari, infilata “per caso” tra i documenti nella speranza che il funzionario non proceda con l’accertamento, porta a un netto peggioramento della situazione e all’intervento risolutivo del personaggio interpretato da Peter Stormare (delinquente psicopatico seduto al fianco di Buscemi) che senza pensarci due volte fredda l’agente con un colpo di pistola e poi stermina una famigliola di sfortunati passanti per non avere testimoni.

Dopo un viaggio in macchina di sette ore da San Francisco a Los Angeles, ero arrivato a casa di un vecchio amico, Alessandro Jacchia, un produttore televisivo che ha colto al volo l’invito di insegnare in una prestigiosa università americana per lasciare definitivamente Roma e trasferirsi in California.

Il produttore Alessandro Jacchia
Il produttore Alessandro Jacchia

Era passato qualche anno dall’ultimo incontro e siamo rimasti a parlare fino all’una di notte, riflettendo sull’ingenuità della nostra scelta di fare i produttori in Italia, in un sistema chiuso e troppo rischioso, dove la burocrazia kafkiana, il ritardo cronico nei pagamenti della pubblica amministrazione, le vessazioni subite da Equitalia, la crisi del sistema bancario, hanno portato molte importanti realtà produttive alla canna del gas o al fallimento, in tutti i settori, non solo nell’audiovisivo.

Con le bottiglie di un ottimo Tempranillo aperte durante la cena avevamo sicuramente un tasso alcolico molto al di sopra del livello consentito… e prima di andarmene, mentre salivo in macchina, mi sono sentito dire:

“Attento alla polizia. Se ti fermano sono guai…”

Con questo monito profetico mi sono avventurato sulla highway che mi avrebbe portato verso l’aeroporto.

Mi sentivo sicuro alla guida, ma non conoscendo bene il tragitto devo aver avuto qualche esitazione, passando da una corsia all’altra mentre seguivo il navigatore con la coda dell’occhio… E’ bastato questo a far materializzare dal nulla i lampeggianti di una volante alle mie spalle. Con un megafono mi venivano impartiti ordini semplice e perentori da una voce distorta, senza aggressività, ma con un tono certamente inquietante per un italiano sperduto nella notte su un’autostrada a sei corsie della California. Ho svoltato alla prima uscita come mi veniva ordinato dall’anonima voce gracchiante alle mie spalle e mi sono ritrovato in una zona industriale completamente deserta, dove ho fermato la macchina.

Ho avuto un attimo di panico: in un luogo come quello, nel cuore della notte, poteva succedere qualsiasi cosa… ma poi, grazie a una misteriosa combinazioni di fattori, ho ritrovato il sangue freddo. Il primo pensiero “Sono fregato” (la concreta prospettiva della prigione, un processo e un mare di guai) ha lasciato il posto a “Stai calmo. Non lasciarti intimidire… e ricordati che non sei in un film.”

Attraverso il finestrino ho consegnato la mia patente italiana.

Tra le varie cose, ho pensato alla leggerezza con la quale Sam Spade, l’investigatore privato uscito dalla penna di Dashiell Hammett, avrebbe affrontato la situazione. Non ero in pericolo di vita… Potevo passare dei guai, ma niente d’irreparabile.

Alla domanda se avevo bevuto dell’alcool ho risposto senza esitazione e con una calma che ha sorpreso me per primo:

“Un bicchiere di vino a cena.”

“Ho visto che ti spostavi da una corsia all’altra…” ha incalzato il poliziotto mettendo chiaramente in dubbio le mie parole.

“Mi sono perso. Stavo cercando la corsia giusta per non mancare l’uscita… Il navigatore non funziona bene. Da noi le autostrade hanno solo due corsie…”

Con la rivelazione che in Italia le autostrade farebbero ridere rispetto a quelle americane, il poliziotto ha avuto un moto di soddisfazione: meglio passare da provinciale che finire in galera. Ma ciò nonostante…

“Sir… step out of the car.”

Dal 2006 ho iniziato ad andare spesso a San Francisco, sia per le riprese di un documentario sul sessantotto prodotto da Cinecittà-Luce, che per un progetto con il Teatro di Roma e Lawrence Ferlinghetti (in collaborazione con Francesco Conz e Laura Zanetti), concretizzatosi poi nel 2008 con una serie di iniziative in vari teatri e biblioteche della capitale: “NOT LIKE DANTE – Lawrence Ferlinghetti a Roma”.

not-like-dante

Lawrence (che è nato il 24 marzo del 1919) all’epoca aveva già 89 anni, e seri problemi alla vista, tanto che quella del 17 maggio 2008 al teatro di Tor Bella Monaca (con la traduzione live di Giorgio Albertazzi e Michele Placido) è stata la sua ultima lettura pubblica ufficiale.

Al suo arrivo a Roma eravamo stati invitati in Campidoglio per un incontro/conferenza stampa con il neo eletto sindaco Gianni Alemanno che, pur ignorando chi fosse l’illustre ospite, fece un discorso molto convinto, imbeccato dal suo assessore alla cultura Umberto Croppi e dal giornalista Adalberto Baldoni, che gli avevano suggerito di non lasciarsi sfuggire l’occasione, se pure il progetto era nato con la precedete amministrazione di sinistra.

“Il più importante poeta americano vivente… Punto di riferimento e catalizzatore della beat generation… Editore di Jack Kerouac, Allen Ginsberg, Gergory Corso, Neal Cassidy…”

Allen Ginsberg, Jack Kerouac e Gregory Corso al Greenwich Village
Allen Ginsberg, Jack Kerouac e Gregory Corso

Lawrence era perplesso quando fu informato sull’appartenenza politica del sindaco, ma alla fine, quell’accoglienza affettuosa persino da parte dell’estrema destra, doveva aver convinto tutti sulla legittimità di un diritto trasversale alla cultura.

Tra le varie iniziative in programma c’era un’happening al Teatro India, con la lettura multimediale di “Underware” una poesia molto nota di Ferlinghetti…

 

I didn’t get much sleep last night

thinking about underwear

Have you ever stopped to consider

underwear in the abstract

When you really dig into it

some shocking problems are raised

Underwear is something

we all have to deal with

Everyone wears

some kind of underwear

Even Indians wear underwear

Negroes often wear white underwear

which may lead to trouble

The Pope wears underwear… I hope

… (continua)

 

Mentre sul palcoscenico Lawrence dipingeva con simboli e parole delle vecchie sottovesti, il poeta sardo Alberto Masala leggeva la sua traduzione italiana di “Underware”… seguita poi da un video proiettato su uno schermo sospeso dove, a City Lights (la storica libreria di Ferlighetti a San Francisco) Amanda Plummer (la ragazza con la pistola di Pulp Fiction) leggeva la stessa poesia in originale. Ho lavorato con Amanda nel 2002 quando partecipò al mio film sulla vicenda di Ilaria Alpi. Siamo diventati amici e da allora ogni tanto l’ho coinvolta in qualche iniziativa interessante.

Amanda Plummer in Pulp Fiction
Amanda Plummer in Pulp Fiction

La lettura sullo schermo di Amanda veniva poi ripetuta dal vivo da Ferlinghetti, mente sei ragazze, che nel frattempo avevano indossato le sottovesti dipinte, si aggiravano tra il pubblico offrendo vino. Sullo schermo intanto scorrevano le immagini del quartiere di North Beach con la presenza di altri amici poeti come Jack Hirshman e sua moglie Aggie Falk al caffè Trieste (all’angolo di Valejo Street a Grant Avenue), loro ritrovo abituale.

Durante una delle mie visite al suo studio, una warehouse alla periferia di San Francisco, Lawrence mi aveva regalato una sottoveste sulla quale aveva scritto in blu “I AM NOT YOUR MOTHER”.

sottoveste-dipinta

Negli anni abbiamo fatto parecchie riprese… una volta anche mentre guidava il suo pick up rosso e quasi finivamo fuori strada per evitare un tamponamento: i problemi alla vista erano cominciati. Ciò nonostante quel giorno era di ottimo umore e stranamente si era persino prestato a una vera a propria intervista (cosa che normalmente rifuggiva) fuori dal caffè Trieste, nella quale racconta di quando Gregory Corso era stato sorpreso a rubare nella sua libreria. Non era stato lui a sporgere denuncia, anzi, lo aveva subito avvertito che la polizia lo stava cercando e lo aveva consigliato di filarsela per un po’… E fu allora che Gregory Corso partì per l’Italia dove sarebbe rimasto in esilio per più di un anno.

Ferlinghetti al Caffé Trieste
Ferlinghetti al Caffé Trieste

Il Teatro di Roma aveva il budget per il viaggio e l’ospitalità di Ferlinghetti ma per il resto delle spese ci avevano pensato una giovane coppia di filantropi di San Francisco, Robert Anderson e Nìcola Minor, che avevo conosciuto grazie a un comune amico. La loro fortuna è legata alla compagnia di computer Oracle, fondata dal padre di Nicola, Bob Minor, nel 1977.

Robert è uno scrittore, sceneggiatore, attore e anche produttore cinematografico, appassionato di Jazz e di poesia: una sensibilità artistica, combinata a grandi possibilità economiche può essere una fortuita combinazione. Il mecenatismo è abbastanza diffuso negli Stati Uniti, mentre da noi è più raro. La coscienza di essere parte di un tessuto sociale e di poter contribuire a migliorarlo investendo un po’ della propria fortuna al servizio della collettività dovrebbe essere una cosa normale e logica, ma l’egoismo e l’individualismo sono molto più diffusi della generosità.

Tra le varie cose che Robert e Nìcola fanno a San Francisco, oltre alla normale beneficenza e al sostegno del festival della poesia e del Jazz, c’è anche il recupero e la valorizzazione del patrimonio della città, a volte ignorato dalla pubblica amministrazione per miopia o per disinteresse. E’ questo il caso dell’appartamento di Dashiell Hammett all’891 di Post St, interno 401, dove il grande scrittore ha abitato dal 1922 e ha scritto i suoi romanzi (tra i quali il celeberrimo “The Maltese Falcon”). La ristrutturazione è stata fatta con l’intento di creare un’atmosfera e ogni dettaglio è stato curato con passione e precisione, per dare al visitatore la sensazione di essere ancora negli anni venti.

Durante il mio ultimo viaggio a San Francisco (pochi giorni prima dell’incontro con la polizia stradale a Los Angeles) Robert e Nìcola erano in Giappone con i loro quatto figli, per cui non ci saremmo potuti incontrare.

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E’ stata però una bella sorpresa ricevere l’offerta di utilizzare per qualche giorno l’appartamento di Hammett a Post Street invece che andare in albergo.

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Nonostante la cucina sia perfettamente funzionante ho preferito evitarne l’utilizzo… tra il vecchio grammofono a tromba, il telefono a manovella, il lampadario di alabastro la sensazione del “museo” rimane dominante… e così, appena sveglio, sono uscito per fare colazione.

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Ero arrivato la sera prima, lasciando la macchina in un garage dietro l’angolo, e non avevo ben capito dov’ero… ma fatti pochi passi mi sono ritrovato a Union Square, una piazza che ho ben impressa nella memoria poiché teatro della scena chiave di un grande film di Francis Ford Coppola “The Conversation” (1974) vincitore della Palma d’Oro a Cannes.

Harry Caul, un investigatore privato, esperto di sistemi di sorveglianza… viene incaricato da un potente uomo d’affari di spiare una coppia di amanti. I due s’incontrato durante la pausa pranzo a Union Square e parlano mentre si muovono tra la gente, inconsapevoli che le loro parole vengono registrate da diversi microfoni in movimento, azionali dagli uomini di Caul.

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Gene Hackman ci regala una magistrale interpretazione del protagonista, un uomo solo e complesso, nella tradizione di Sam Spade, che dimostra però un disperato bisogno d’amore e una contraddittoria debolezza ancora non pensabile per lo stile hard bolied di Hammett. Si potrebbe dire che Harry è l’evoluzione Sam, nello spazio di una cinquantina d’anni, nello stesso quartiere della città.

Union Square a San Francisco
Union Square a San Francisco

Il montaggio del suono del film, curato dal mitico Walter Murch, è pieno d’invenzioni straordinarie.

Una volta rientrato nel suo laboratorio Harry comincia a “ripulire” la conversazione registrata a Union Square, isolando le frequenze fino a raggiungere quella che sembra essere l’anima delle parole… fino a capire, com’è già successo in passato, che anche questa volta il suo lavoro potrebbe mettere in pericolo la vita delle persone coinvolte, in questo caso la coppia di giovani amanti. Il passato pesa su Harry Caul come una pietra e non gli permette mai di rilassarsi. Quando viveva a New York, era riuscito a registrare la conversazione tra il capo di un potente sindacato e il suo contabile: i due parlavano solo quando andavano a pescare, su una barca a prova di microspie. Ma lui era riuscito nell’impresa scoprendo che avevano costituto un fondo segreto e illegale. Il contabile e la sua famiglia al completo erano stati uccisi per quelle rivelazioni e da allora Harry, perseguitato dal senso di colpa, si era trasferito a San Francisco.

Il film è meraviglioso. Perfetto. Una sceneggiatura geniale, piena di vasi comunicanti, che pur complicando la storia e la psicologia dei personaggi, procede con grande rigore e chiarezza, utilizzando soluzioni sorprendenti come la scena del sogno… dove Harry cammina solitario in un paesaggio desolato e nebbioso, mente la sua voce fuori campo si perde in strani e inquietanti ricordi d’infanzia… oppure la scena in chiesa, quando il protagonista sente l’impellente necessità di una confessione se pure reticente, come se il vuoto e la miseria umana della sua vita terrena lo facesse sperare per un attimo in una forza superiore con la quale rapportarsi, alla quale potersi affidare per un attimo, così da sfuggire al vuoto della sua mancanza di certezze, alla solitudine opprimente che lo circonda.

Gene Hackman nel film "The Conversation"
Gene Hackman nel film “The Conversation”

Anche i personaggi femminili del film di Coppola sono facilmente riconducibili agli archetipi di Hammett: donne senza scrupoli che usano il proprio fascino per confondere le capacità critiche del protagonista, che mentono spudoratamente, che spariscono all’improvviso… ma che in fondo non sono da condannare, anche loro vittime di un mondo feroce e impietoso.

Indimenticabile la scena in cui Harry per un attimo sembra dimenticarsi della sua sfiducia cronica nel mondo, e si confida con una donna che ha appena incontrato… Le parla di un’altra donna, quella che l’ha appena abbandonato proprio per la sua incapacità di fidarsi, per la sua ossessiva riservatezza. Cerca risposte che nessuno gli può dare: le sue inutili domande piene di disperazione a quella sconosciuta che rappresenta l’universo femminile, ci fanno provare per lui una grande tenerezza, nonostante sia un personaggio così schivo e sfuggente.

Come Sam Spade, Harry Caul è l’uomo delle occasioni perdute, destinato alla solitudine… l’uomo che può aspirare solo a qualche sporadico istante di felicità, come un raggio di sole che scalda per un attimo un angolo freddo. La sua unica possibilità di sopravvivenza è la dimensione mitologica dell’eroe solitario che con la sua forza di volontà si oppone alle avversità del mondo, fuori e dentro di se. Il mito di Ulisse ritorna sempre, si rinnova e prende altre sembianze, ma l’essenza rimane.

Mentre camminavo per tornare all’appartamento di Hammett a Post Street, le immagini e le suggestioni del film di Coppola mi tornavano alla mente… e quando sono entrato in casa l’atmosfera mi ha portato ancora più indietro nel tempo, dagli anni settanta agli anni venti. Seduto alla scrivania di Hammett, davanti alla vecchia macchina da scrivere Royal… ho iniziato a leggere “Il Falcone Maltese“, nell’esatto punto in cui il romanzo è stato scritto.

L'autore dell'articolo Ferdinando Vicentini Orgnani
L’autore dell’articolo Ferdinando Vicentini Orgnani

Sono convinto che qualche frammento di quel mondo, di quelle suggestioni appena vissute, mi sia venuto in aiuto durante l’incontro con la polizia stradale a Los Angeles… Rispetto ai guai di Sam Spade, quello che avrei dovuto affrontare era abbastanza semplice.

Ma ecco la scena…

LOS ANGELES, ZONA INDUSTRIALE – EST NOTTE

“Sir… step out of the car.”

Quando sono uscito dalla macchina il poliziotto mi ha spigato quello che avrei dovuto fare: seguire con lo sguardo il movimento di una penna, mentre con una piccola torcia elettrica illuminava i miei occhi alla ricerca di un’esitazione, di un’assenza, di una mancanza di riflessi che giustificasse un intervento più approfondito. Ho capito che in quel momento non era il caso di chiedere spiegazioni o mostrare una qualsiasi debolezza e così, quando mi ha chiesto se era tutto chiaro, ho semplicemente annuito con calma.

Pochi minuti dopo ero di nuovo libero sulla high way a sei corsie, con la sensazione di aver superato una prova importante ma senza sapere esattamente come. Tutti i miei amici americani, ascoltando il racconto nei giorni a seguire, erano allibiti, non potevano credere che il poliziotto mi avesse risparmiato.

Il commento più comune è stato: A miracle!

E’ possibile e che dopo aver bevuto un litro di Tempranillo, assieme a una lieve ebrezza si possa raggiungere una specie di calmo distacco dal mondo, uno stato di atarassia che con un po’ di fortuna può essere preso per sicurezza, per confidenza in se stessi… o forse lo spirto di Dashiell Hammett con il quale ho abitato per qualche giorno, mi è stato vicino in quel momento non facile, e come ha sempre trovato una via d’uscita per i suoi personaggi in situazioni disperate mi ha guidato come un angelo custode, facendomi trovare il giusto stato d’animo, quella calma apparente che mi ha salvato.

 

 

 

Continua il viaggio di Vinodentro

L’ultimo film di Ferdinando Vicentini Orgnani ha trovato una distribuzione in Francia, dove è uscito all’inizio di marzo in una decina di copie ed ha ricevuto un’ottima accoglienza di critica e di pubblico, che li è valsa la copertina di Pariscope di questa settimana.

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Nel plot c’è passione, crimine e belle donne, in un perfetto mix noir reso da un cast di gran livello che conta oltre a Lambert Wilson, anche Erica Blank, Giovanna Mezzogiorno, Pietro Sermonti e Gioele Dix. Il titolo transalpino “Le Crime Du Sommellier” è decisamente più in linea con l’atmosfera del film rispetto a “Vinodentro” e la locandina, anche se meno “d’autore” rispetto quella italiana, ha un taglio più moderno e richiama quella con cui il film è uscito in Brasile.

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Difatti a portarlo nelle sale francesi è la filiale francese della brasiliana Tucuman Films la cui mission è quella di distribuire prodotti latino-americani. Fondata nel 2009 in Brasile, Tucuman FIlms ha un catalogo raffinato in cui spiccano opere come “Uma História de Amor e Fúria“, il film d’animazione di Eryk Rocha che vinse il festival di Annecy nel 2013 (per fortuna disponibile in italiano con il titolo “2096 – una storia dì’amore e furia“) e l’interessante “Dólares de Areia” diretto da Israel Cárdenas e Laura Amelia Guzmán. Un giro quindi piuttosto astruso per giungere a Parigi partendo dal Courmayeur Noir in festival di Giorgio Gosetti qualche anno fa. Ma le vie della distribuzione sono infinite e data la situazione in cui versa il nostro paese è d’obbligo aggiungere: meno male.