RITRATTO DI REGINA

Un documentario cinematografico diretto da Fabrizio Ferri, che qui firma anche la direzione della fotografia, basato sull’omonimo libro edito da Mondadori scritto da Paola Calvetti, autrice della sceneggiatura.

Grazie alla straordinaria complicità dell’attore britannico Charles Dance, che accompagna il documentario come testimone e interprete, i grandi fotografi del passato rivivono non solo con immagini “regali”, ma anche attraverso le parole tratte dai loro diari originali e dalle loro “confessioni”, discrete quanto esaustive. Passiamo così dai ritratti formali e sofisticati di Cecil Beaton a quelli del celebre Yousuf Karsh, che documenta le giornate di Elisabetta con tonalità più intime, come pure suggeriscono le foto di Tony Armstrong-Jones, poi promosso Lord Snowdon. Il viaggio per immagini arriva infine ai giorni contemporanei, grazie alle testimonianze – anch’esse inedite – di superstar del click come Chris Levine, Brian Aris, Julian Calder, Jason Bell, John Swannell, David Montgomery, che prendono parte al documentario offrendo la loro visione ed esperienza di fronte a una “modella” assolutamente unica.

Alle testimonianze dei fotografi, alle immagini della Regina, ai focus sui suoi più accurati, intensi, intimi ritratti emblemi della storia del Novecento, alle voci genuine e fresche dei sudditi inglesi, si alternano le conversazioni con Emma Blau (fotografa e comproprietaria dell’Agenzia fotografica Camera Press), Pierpaolo Piccioli (direttore creativo di Valentino e uno degli stilisti e direttori creativi più importanti al mondo), Isabella Rossellini (la donna che ha avuto il maggior numero di copertine nella storia dell’editoria, tra le più fotografate al mondo) e Susan Sarandon (che ha incontrato personalmente la Regina e che regala agli spettatori una riflessione più privata e intima sul ruolo, gli obblighi e le complessità di un regnante). A dare ulteriore corpo e colore alla visione la sontuosa colonna sonora originale del pianista e compositore Remo Anzovino, in uscita su etichetta Nexo Digital e distribuzione Believe in autunno.

Al cinema solo il 21, 22, 23 novembre

La direzione

POMPEI. EROS E MITO

Di PAPPI CORSICATO

Solo il 29, 30 novembre e 1 dicembre
un viaggio cinematografico tra arte e mistero con la partecipazione straordinaria di

ISABELLA ROSSELLINI

Colonna sonora originale di Remo Anzovino

Con quattro milioni di visitatori all’anno provenienti da ogni parte del globo, Pompei è il sito archeologico più famoso al mondo, un luogo unico, una città perduta e ritrovata, animata nel corso dei secoli da passioni violente e dotata di un estro e una vitalità straordinari. I giochi di potere, i legami amorosi, l’ambizione smodata e il genio creativo si percepivano per le strade, si respiravano nei templi e si possono ammirare ancora oggi negli affreschi, nelle rovine, nei reperti sopravvissuti alla drammatica eruzione del 79 d.C.

In uscita al cinema solo il 29, 30 novembre e 1 dicembre, POMPEI. EROS E MITO è diretto dal poliedrico Pappi Corsicato, che di recente ha firmato anche il documentario dedicato a Julian Schnabel. Prodotto da Sky, Ballandi e Nexo Digital, in collaborazione e con il contributo scientifico del Parco Archeologico di Pompei e con la partecipazione del MANN, Museo Archeologico Nazionale di Napoli, POMPEI. EROS E MITO è un viaggio che ci guida indietro nel tempo di duemila anni. Vengono messi a nudo i miti e i personaggi che hanno contribuito a rendere immortale questo sito archeologico unico al mondo che l’UNESCO ha inserito nella lista dei siti Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Dalla storia d’amore tra Bacco e Arianna nella celebre Villa dei Misteri al rapporto ambiguo tra Leda e il Cigno, dalle lotte gladiatorie sino alla disperata ricerca dell’immortalità di Poppea Sabina (seconda moglie dell’imperatore Nerone), il docu-film metterà in scena e analizzerà anche i lati meno noti e più segreti della città. Gli stessi che nel XVIII secolo portarono la Chiesa Cattolica a nascondere alcuni dei reperti più scandalosi e scabrosi recuperati duranti gli scavi.

A condurci attraverso le strade di Pompei sarà una narratrice d’eccezione: la pluripremiata Isabella Rossellini. La sua presenza e la sua voce accompagneranno gli spettatori in un percorso elegante e serrato che mostrerà come i miti e le opere ritrovate abbiano ammaliato e influenzato artisti come Pablo Picasso e Wolfgang Amadeus Mozart. Arricchiscono il percorso tra storia e arte anche le rievocazioni dei miti in chiave contemporanea ideate da Pappi Corsicato: Bacco, Arianna, Teseo, Leda, solo per citarne alcuni, indossano abiti moderni e sono sospesi in un tempo che appartiene sia al passato che al presente, per mostrare quanto l’eredità di Pompei sia ancor oggi una continua fonte di ispirazione artistica.

La colonna sonora originale di “Pompei. Eros e mito” (titolo internazionale: “Pompeii. Sin city”), già disponibile sugli store digitali su etichetta Nexo Digital/Sony Classical, è firmata dal compositore e pianista Remo Anzovino, che conferma con questo titolo la sua capacità unica di raccontare in musica i tesori dell’arte mondiale, tanto da essere stato premiato ai Nastri d’Argento 2019 con una Menzione Speciale per le sue colonne sonore originali dei docufilm d’arte.

Era il 1748 quando re Carlo III di Borbone promosse i primi scavi ufficiali a Pompei a seguito dei primi ritrovamenti della vicina Ercolano. Fu da quel momento che cominciarono a riemergere con sempre maggior chiarezza i dettagli della catastrofe del 79 d.C., anno in cui il Vesuvio seppellì intere città, tra cui Pompei ed Ercolano, e tutto il territorio circostante. Nel corso degli scavi di Pompei sono stati rinvenuti tesori, statue, affreschi, mosaici, reperti di vita quotidiana, ma anche ville e abitazioni private che ancor oggi ci raccontano la vita di una città vivace, con giardini, fontane e imponenti apparati decorativi. Sarà lungo queste antiche vie e grazie alle opere conservate al MANN – Museo Archeologico Nazionale di Napoli, che avremo modo di conoscere la vita degli abitanti di Pompei prima dell’eruzione. Attenzione particolare sarà dedicata al Gabinetto Segreto del MANN, istituito dai Borbone per custodire i reperti più “scandalosi” ed esplicitamente erotici.

Le storie che esploreremo sono quelle di uomini e donne di cui ci restano tracce concrete perché quando il flusso piroclastico ad altissima temperatura che investì Pompei ne provocò la morte istantanea per shock termico, i corpi delle vittime rimasero nella posizione in cui si trovavano lasciando la propria impronta dopo la decomposizione. A partire dalla seconda metà dell’Ottocento, poco più di un centinaio di calchi sono stati realizzati da queste impronte, ispirando poeti e artisti, tra cui lo stesso Roberto Rossellini, che dedicò alla scoperta di alcuni calchi una celebre scena del “Viaggio in Italia”.

Tra gli interventi del film quelli di Massimo Osanna, Direttore Generale del Parco Archeologico di Pompei dal 2014 al 2020; Andrew Wallace-Hadrill, Professore Emerito di Studi Classici, Università di Cambridge; Catharine Edwards, Professore di Studi Classici e Storia Antica – Birkbeck, Università di Londra; Darius Arya, Direttore American Institute for Roman Culture; Ellen O’Gorman, Professore Associato di Studi Classici, Università di Bristol.

La direzione

“NAPOLEONE. NEL NOME DELL’ARTE”

Solo l’8, 9, 10 novembre nelle sale italiane l’esclusivo docu-film a duecento anni dalla morte del Bonaparte.

IL PREMIO OSCAR® JEREMY IRONS

Durante “l’angosciosa deriva di Sant’Elena”, prima della morte, Napoleone pensava – leggiamo nelle memorie – che i posteri lo avrebbero ammirato non solo per le battaglie, ma per avere portato al popolo cultura e bellezza, creando la scuola pubblica e l’idea moderna di museo universale. È a partire da questo aspetto della sua esistenza che nasce NAPOLEONE. NEL NOME DELL’ARTE, un documentario con la guida eccezionale del Premio Oscar®  Jeremy Irons, prodotto da 3D Produzioni e Nexo Digital in partnership con Intesa Sanpaolo e Gallerie d’Italia e in arrivo nelle sale italiane solo l’8, 9, 10 novembre. Su soggetto di Didi Gnocchi, che firma la sceneggiatura con Matteo Moneta, NAPOLEONE. NEL NOME DELL’ARTE è diretto da Giovanni Piscaglia e propone la colonna sonora originale del compositore e pianista Remo Anzovino.

Scrittore mancato, lettore compulsivo, ammiratore dell’arte e della sua forza di comunicazione, Napoleone fu spinto alle sue imprese dalla brama di potere e di gloria, ma anche dal bisogno di conoscenza e dall’ambizione di associare la sua immagine alle grandi civiltà del passato. Durante le campagne militari, promosse ricerche, colossali furti di opere e scavi archeologici, soprattutto in Italia e in Egitto, da cui nacquero scoperte come quella della Stele di Rosetta e la fondazione dei primi musei pubblici del mondo: il Louvre di Parigi e, sul suo esempio, la Pinacoteca di Brera di Milano. Mente infaticabile, memoria prodigiosa, appassionato di ogni disciplina, Napoleone (1769-1821) trasformò il suo naturale senso di superiorità in istinto paterno: i cittadini dell’Impero erano per lui figli da educare, con i dipinti, le sculture, la musica, il teatro. Nei territori conquistati portò riforme scolastiche, rivoluzioni architettoniche e urbanistiche e un nuovo modo di intendere il classicismo: lo Stile Impero, di cui parte integrante è la figura del sovrano, effigiato in busti di marmo, monete e tabacchiere, oppure solo citato attraverso la celebre N.

Punto di partenza del film è l’incoronazione di Napoleone a re d’Italia nel Duomo di Milano il 26 maggio 1805: un momento che sottolinea lo stringente legame col mondo greco-romano, con quello rinascimentale e persino con l’eredità longobarda, rappresentata dalla Corona Ferrea che Napoleone volle indossare al culmine della cerimonia. Inoltre, per la prima volta da allora, è stato fatto trascrivere, orchestrare ed eseguire in Duomo il Te Deum di Francesco Pollini, che fu composto e suonato per l’incoronazione e che è stato solo recentemente ritrovato tra le carte dell’Archivio di Stato: nel film lo vediamo eseguito in prova generale presso la Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale e poi nella cattedrale di Milano dall’Orchestra Fondazione “I Pomeriggi Musicali”, diretta da Marco Pace, con il mezzosoprano Giuseppina Bridelli. Per l’occasione seguiremo anche il restauro del manto indossato quel giorno da Napoleone e degli oggetti cerimoniali che lo accompagnavano, preziosa opera di recupero legata al progetto Restituzioni di Intesa Sanpaolo.

Milano, scelta come prima capitale del regno d’Italia, città di forti simpatie napoleoniche, è luogo fondamentale del film. Dalla Biblioteca Nazionale Braidense – con il manoscritto autografo de Il cinque maggio di Manzoni e i volumi della Description de l’Egypte – alla Pinacoteca di Brera, uno dei fulcri della narrazione. Se infatti, a partire dalla campagna d’Italia, la penisola fu oggetto di meticolose spoliazioni di opere d’arte, è vero che con Brera venne fondato il primo “museo universale” italiano, un “piccolo Louvre” dove converge il meglio della produzione italiana. Se Milano fu centro di ricezione e smistamento di opere, Roma fu certamente luogo privilegiato di “estrazione”, nonché portale attraverso cui riconnettersi ai miti di Alessandro Magno, Augusto e Adriano. Dal Museo Pio Clementino e dai Musei Capitolini, il film racconta l’odissea delle opere partite per Parigi e tornate a casa, in silenzio, di notte, nel 1816, grazie all’impegno di Canova. Si tratta di alcune delle opere più importanti della tradizione occidentale: l’Apollo del Belvedere, il Laocoonte, il Galata morente e anche il Bruto capitolino, divenuto a Parigi icona di libertà repubblicana e lotta tirannicida e portato in trionfo nei cortei che celebravano la morte di Robespierre. Nelle sale del Louvre possiamo approfondire i criteri scientifici ed enciclopedici con cui era organizzata l’esposizione delle opere e ammirare l’incoronazione di Napoleone e Giuseppina di Beauharnais il 2 dicembre 1804, in Notre-Dame, opera monumentale di Jacques-Louis David. Una parentesi toscana conduce poi lo spettatore a San Miniato, luogo d’origine dei Bonaparte, e all’Isola d’Elba, dove i libri che l’Imperatore portò con sé nell’esilio permettono di parlare del suo amore ossessivo per la lettura, della sua memoria eccezionale.

Per comprendere appieno la figura del Bonaparte, il film raccoglie gli interventi di: Luigi Mascilli Migliorini, Storico, Università di Napoli e Direttore della rivista italiana di studi napoleonici; Salvatore Settis, Archeologo, storico dell’arte e Presidente del Consiglio Scientifico del Louvre; James Bradburne, Direttore Pinacoteca di Brera; Ilaria Sgarbozza, Storica dell’arte; Ernesto Ferrero, Scrittore, autore del romanzo “N”, premio Strega 2000; Cynthia Saltzman, Storica dell’arte e scrittrice; Jean-Luc Martinez, Presidente-Direttore Museo del Louvre; Assem El-Dessouki, Storico dell’Egitto Moderno; Aude Semat, Dipartimento di Arte Egizia, Metropolitan Museum, New York; Alberto Antonio Banti, Storico, Università di Pisa; Charles Bonaparte, ultimo discendente della famiglia Bonaparte; Peter Hicks, Storico, Fondation Napoléon; Chantal Prévot, Storica, Fondation Napoleon; Laurent Alberti, Conservatore dell’Arc de Triomphe du Carrousel; Christophe Beyeler, Curatore, Castello di Fontainebleau; Marco Pupillo, Museo Napoleonico di Roma.

La colonna sonora del film uscirà in tutto il mondo venerdì 5 novembre 2021 per Sony Classical

La direzione

LE NINFEE DI MONET. UN INCANTESIMO DI ACQUA E DI LUCE

Quando l’ex Primo Ministro Francese George Clemenceau si reca a Giverny, trova parecchie tele accatastate nella cantina della ricca abitazione in cui è ospite. Numerose rappresentano fiori esotici, presentati per la prima volta all’Esposizione Universale di Parigi del 1889. Il giardino, lo stagno, le tele che rendono unica tra tutte quella casa sono opere sue: di Claude Monet, il padre dell’Impressionismo. E quei fiori dai petali carnosi, che galleggiano sulla superficie dell’acqua ed estendono le proprie radici nelle acque paludose, sono nénuphar, ma per Monet saranno sempre e soltanto Nymphéas, Ninfee.

È proprio per raccontare questa storia, questa passione, questa ossessione, che arriva al cinema LE NINFEE DI MONET. UN INCANTESIMO DI ACQUA E DI LUCE, il film evento prodotto da Ballandi Arts e da Nexo Digital che sarà nelle sale solo per tre giorni il 26, 27 e 28 novembre  e condurrà il pubblico a Parigi, tra il Musée Marmottan, il Musée de l’Orangerie e il Musée D’Orsay, a Giverny con la Fondation Monet, la casa e il giardino dell’artista, e tra i magnifici panorami di Étretat. A guidare gli spettatori alla scoperta dei luoghi, delle opere e delle vicende del maestro, ci sarà Elisa Lasowski (Trono di Spade e Versailles), mentre la consulenza scientifica sarà affidata allo storico e scrittore Ross King, autore del best seller Il mistero delle ninfee. Monet e la rivoluzione della pittura moderna, edito in Italia da Rizzoli. Tra gli altri interventi preziosi che getteranno nuova luce sulla figura di Monet e del suo lavoro anche quello della fotografa fiamminga Sanne De Wilde e quello della giardiniera della Fondation Monet, Claire Hélène Marron. La colonna sonora originale del film è firmata da Remo Anzovino.

Attraverso tutte queste voci e suoni, scopriremo così come Claude Monet riemerga dalla depressione che lo ha portato ad abbandonare la pittura e decida di dedicarsi anima e corpo alla sua impresa più colossale: la Grand Décoration. Enormi pannelli raffiguranti il suo stagno di ninfee, talmente avvolgenti che lo sguardo dello spettatore si perde in un’atmosfera di serenità e pace.

Seguendo il percorso della Senna, partiremo da Le Havre dove Monet trascorre il primo periodo della sua vita artistica, risalendo il fiume verso gli altri paesi dove ha dimorato, per dimostrare quanto innovativo, radicale e moderno sia il suo approccio all’arte e quanto spasmodica la sua ricerca dell’elemento acquatico: Poissy, Argenteuil, Vétheuil, Giverny. Qui, recluso nel suo giardino, mentre piovono le bombe della Prima Guerra Mondiale, Monet insegue ossessivamente il suo sogno di eterna gloria, e dipinge senza tregua la sua opera di resistenza e di pace. A Parigi, nel Musée de L’Orangerie, la sua speranza trova finalmente il giusto compimento, nelle magnifiche sale ovali da lui stesso disegnate. Qui, nel maggio del 1927, l’amico George Clemenceau inaugura finalmente il museo dedicato alla Grand Décoration.

Ma Claude Monet è morto appena cinque mesi prima. Non vedrà mai la sua opera compiuta, né conoscerà l’impatto che ha avuto sul pubblico. Ma l’opera più ardita di Monet, quella nella quale ha profuso gli ultimi dodici anni della sua vita e le sue ultime energie, viene accolta con disprezzo dai francesi. Solo trent’anni più tardi, le Ninfee di Monet varcheranno uno stagno più grande, l’Oceano Atlantico, e invaderanno gli Stati Uniti, insieme a tutta la sua produzione, decretando così – questa volta per sempre – il successo di uno straordinario genio.

LE NINFEE DI MONET. UN INCANTESIMO DI ACQUA E DI LUCE è prodotto da Ballandi Arts e da Nexo Digital e arriverà nelle sale cinematografiche in collaborazione con TIMVISION Production.

Solo il 26, 27 e 28 novembre il film evento dedicato al padre dell’Impressionismo e alla sua ossessione per le ninfee.

Comunicato Nexo