Rudy Valentino

“Quando le porte della percezione si apriranno tutte le cose appariranno come realmente sono: infinite” scriveva nel 1800 il grande poeta inglese William Blake, attraverso parole di tale portata evocativa da ispirare, un secolo più tardi, Jim Morrison nel dare il nome a uno dei gruppi oggetto di culto della storia della musica. Anche Nico Cirasola conosce bene William Blake, tanto che fa della “porta” la chiave strutturale del suo Rudy Valentino. Una porta, sistemata sul disadorno palco di un teatro dove un’appassionata ma approssimativa filodrammatica di paese sta provando uno spettacolo dedicato al “Divo dei Divi”, segna il passaggio tra la realtà e la finzione, la storia e la sua rappresentazione, il mondo con le sue gabbie e il sogno nel quale rifugiarci.

Da quella porta irrompe in scena direttamente dagli anni 20, con tutto il suo carisma, il Divo accompagnato dalla seconda moglie, la scenografa americana Natascia Rambova. Rudy – rivela agli increduli interpreti della rappresentazione teatrale, capeggiati da un empatico e buffo capocomico (interpretato da un ispirato Nicola Nocella) – è tornato al suo paese natale, Castellaneta, per ritrovare i luoghi e le persone a lui cari, in un viaggio alla ricerca del suo passato e della sua identità. Mentre il capocomico tenta un po’ maldestramente di far valere il suo copione, magicamente lo spettacolo teatrale si anima. Rudy e Natascia cominciano a interagire con gli attori, che diventano il fratello Alberto, la zia Rosa, i cugini Mimmo e Norma, il ricco e spietato possidente Di Fonzo… La realtà si mescola con la finzione teatrale, o forse viceversa. Come in Vanya sulla 42a strada, uno dei tanti riferimenti di questo sorprendente e affascinante film di Cirasola, ci si dimentica rapidamente di stare su un palco con attori in abiti borghesi e si empatizza con il viaggio “psicanalitico” di Rudy dentro se stesso, a tu per tu con i suoi demoni personali e i suoi nodi irrisolti. Un viaggio che non sarà come il Divo se lo aspettava, irto degli ostacoli della vita reale: gli screzi e le incomprensioni familiari, l’avversione del fascismo, le voci sulla sua presunta omosessualità, le meschinità del paese, l’invidia per il compaesano che ha fatto fortuna…

Sostenuto da una sceneggiatura originale e coraggiosa, Rudy Valentino è anche un film formalmente elegante e interessante, grazie a una fotografia che gioca stilisticamente con il “dentro e fuori” dalla porta e alla scenografia del compianto Carmelo Patrono, capace di evocare gli anni 20 con pochi, giusti e sapientemente disposti elementi. Su tutte, ci piace ricordare la scena della “seduzione a tre”, con Natascia e Maria, la pudica sorella di Rodolfo Valentino, protagoniste e Rudy nei panni di un imbarazzato voyeur, una sofisticata sequenza di grande sensualità e “non detto”.

Tutti gli attori, un riuscito mix di noti (su tutti Claudia Cardinale e Alessandro Haber) e meno noti, sono ben registrati, ma ci piace sottolineare in particolare le prove del protagonista Pietro Masotti, giovanissimo e talentosissimo, misurato e straordinariamente a suo agio nei panni di un “mostro sacro” e di Luca Cirasola, che interpreta con grande intensità suo fratello. Di entrambi, siamo sicuri, sentiremo parlare in futuro.

Cecilia Bergamini