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TORNA NELLA SALE SINGIN IN THE RAIN, MANIFESTO DELLA GIOIA DI VIVERE

La cineteca di Bologna ha restaurato Singin in the Rain (Cantando sotto la pioggia)

di Stanley Donen e Gene Kelly, del 1952. Trattasi del film che ha nobilitato il genere musical portandolo nella dimensione di arte. Gene Kelly che canta e balla sotto la pioggia è il più felice modello di gioia di vivere di tutto il cinema. E’ negli occhi di tutti noi. E così il primo canto sarà per Kelly (1912-1996). Regista attore, ballerino, coreografo, cantante. Nessuno come lui.

Dopo aver aperto una scuola di ballo a New York, debutta a Broadway con musical Pal Joe e ha successo. Hollywood lo ha tenuto d’occhio e il produttore Selznick lo ingaggia e dal 1942, insieme al suo grande amico Stanley Donen, Kelly è  alla MGM, dove si integra con quel gruppo di Athur Freed, produttore, che in pochi anni darà vita a una serie di film geniali, autentici capolavori del genere: Un giorno a New YorkCantando sotto la pioggiaUn americano a Parigi fra gli altri. Con Kelly sempre protagonista. Il coreografo Bejart dichiarerà che il suo talento non ha nulla da invidiare a un Nureiev. Gene possiede quelle doti di simpatia e di incanto, rilanciate dalla macchina da presa, davvero uniche.

Kelly balla con suoi grandi colleghi, a cominciare da Fred Astaire, con le dive Rita Hayworth, Judy Garland, Cyd Charisse, con vecchiette e bambini, con sé stesso davanti a uno specchio, con Jerry (collega di Tom) ed è sempre magnifico e credibile. In Un americano a Parigi esce da un dipinto trompe l’oeil di Lautrec. In Un giorno a New York corre davvero sui tetti dei grattacieli. Ma non è solo musical. La Metro estende il suo talento infinito anche ad altri ruoli. Da cineteca la sua idea di D’Artagnan nell’insuperata edizione de I tre moschettieri, del 1948. Kelly affronta anche la regia e lì è intelligente ma meno fortunato. Batte il record di budget con Hello Dolly e per poco non fa fallire la Fox. Lo ritroviamo ballerino di “carattere” in Xanadu, ma il suo tempo è ormai passato.

I “tre tenori” lo hanno onorato cantando Singin in the Rain al Madison Square Garden. Kelly, molto malato, paralizzato, era in prima fila. Durante l’ovazione della sala faticosamente sforzandosi, si alzò in piedi sostenuto da un infermiere. Morì tre giorni dopo. Non poteva rinunciare al pubblico. E all’applauso. E a Cantando sotto la pioggia. A costo della vita.

Il film. Hollywood 1927. Don Lockwood, attore del cinema muto, è l’idolo degli spettatori che amano l’avventura. La sua partner è Lina Lamont. Ma la Warner ha prodotto Il cantante di jazz, primo film parlato e, improvvisamente, attori e storie diventano superati. Occorre dunque correre ai ripari. Dopo il fiasco dell’ultimo “muto” gli attori prendono lezioni di dizione. Qualcuno ha attitudine, qualcun altro no, come la prima diva, la Lamont appunto, viziata e cattiva, che ha la voce stridula. Fra le tante invenzioni ecco il doppiaggio, una vera e brava cantante darà la sua voce alla diva. In tutto questo Gene Kelly balla col suo amico Donald O’Connor e amoreggia con Debbie Reynolds. Questo film viene ritenuto il vertice del genere, per ironia, fantasia, intelligenza e qualità musicale. Sono presenti molte scene entrate nel mito: dal fantasmagorico ballo di O’Connor che si arrampica sule pareti, alla tenda che smaschera il trucco del doppiaggio davanti a centinaia di persone, al numero centrale di Cyd Charisse moderna e sexy, allo strepitoso “a solo” di Kelly nella pioggia, che canta e balla Singin’ in the Rain. Il film, anche a tanti anni di distanza, non ha perso nulla della sua freschezza, impreziosendosi anzi per la nostalgia… di quei film che non si fanno più. Doveroso citare gli autori, Adolph Green e Betty Comden e i compositori, Necio Herb Brown, Roger Edens e Lennie Hayton.

PINO FARINOTTI

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