Senza rotta, il mondo di Nora
«A volte è più difficile privarsi di un dolore che di un piacere»
F.S. Fitzgerald,Tenera è la notte
L’antieroe ha l’innata capacità di suscitare nello spettatore un forte sentimento simpatetico, un legame sodale inscindibile, un nodo d’affetti che resiste alla lama dei suoi stessi comportamenti conflittuali, moralmente discutibili (antieroici per l’appunto).
Esistono dei meccanismi narrativi attraverso i quali questo rapporto personaggio/pubblico si cementifica, diversi per ogni carattere e per ogni serie televisiva. In The Leftovers tali procedimenti si realizzano mediante quattro strategie drammatiche distinte, identificabili con la terminologia formalizzata da Alberto N. Marquez (teorico della serialità contemporanea: 1) comparazione morale 2) potere consolatorio della famiglia 3) contrizione 4) vittimizzazione.
- Nora è moralmente superiore a molti personaggi del racconto. Non raggiungerà, per esempio, mai la lucida follia, la crudeltà programmatica di Mag Abbot e Evie Murphy, i due vertici opposti – assieme a Patti Levine (che completa questo triangolo perverso) – dei Colpevoli Sopravvissuti. Nonostante le sue azioni al limite della sociopatia – la sfuriata contro la vedova dell’uomo sulla torretta (Non essere ridicolo) -, per lo spettatore è impossibile non entrare in risonanza con lei: una madre disperata pronta a tutto per scoprire la verità.
- I suoi complessi legami familiari – l’illusoria ricerca delle cause della Dipartita e il tentativo di ricomporre il focolare domestico con Kevin – sono il rifugio nel quale cerca di nascondere debolezze e fragilità, quelle di una donna distrutta, persa in un mondo senza senso (Le cose non dette).
- Dopo gli eventi del 14 ottobre, Nora è divorata dal senso di colpa, consumata dall’angoscia
– essendo l’unica “superstite” della famiglia Durst (Tornando a casa). Ma «a volte è più difficile privarsi di un dolore che di un piacere»: per la donna, infatti, lenire la sofferenza significherebbe dimenticare i propri figli, e questo non è possibile. - Nora è il prototipo della vittima, l’innocente su cui si abbatte una grave ingiustizia (Nessuno è felice). La sua tormentata storia coniugale e le sue perdite, difatti, diventano agli occhi del pubblico la giustificazione dei suoi comportamenti borderline– come l’acquisto apparentemente immotivato della casa a Jarden.
The Leftovers mette in scena un universo diegetico sconvolto da una catastrofe silenziosa, da una post-apocalisse invisibile, dove ogni persona, pur continuando a vivere un’esistenza apparentemente normale, si è tramutata nell’ombra di sé stesso. Fantasmi di carne in un cosmo dimidiato dal dolore: le vecchie religioni sono date alle fiamme, altre sorgono dalle ceneri dello sconcerto; un caos muto avvelena l’anima e agli esseri umani non rimane che mantenere la rotta di vascello che naviga a vista, fendendo la nebbia dell’esistenza, attraverso la schiuma dei giorni, senza meta.
In Fisionomia intellettuale dei personaggi artistici (1953), György Lukács sostiene che «le caratteristiche individuali di un personaggio» abbiano la capacità di esprimere «problemi collegati ad una più vasta concezione del mondo». Da questo punto di vista, Nora è la massima rappresentante dello spirito del proprio tempo. Si pensi, ad esempio, al suo lavoro al Dipartimento dell’improvvisa Dipartita: ogni giorno, per tre anni, la donna ha sottoposto ai familiari delle vittime (?) domande specificamente ideate con lo scopo di scoprire le cause del “Rapimento”; cause che, anche al termine della terza stagione, non saranno mai rivelate. In The Leftovers lo smarrimento è dominante e Nora, come tutti gli altri, non può che soccombervi.
Alessio Romagnoli
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