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Il racconto cinematografico come esperienza di finzione del tempo – Pt.2

  • L’esperienza temporale cinematografica

«Il tempo è la sostanza di cui sono fatto.
Il tempo è un fiume che mi trascina, ma io sono il fiume;
è una tigre che mi divora, ma io sono la tigre;
è un fuoco che mi consuma, ma io sono il fuoco»

J.L. Borges, Nuova confutazione del tempo

Il narratore cinematografico possiede la stessa capacità dell’istanza letteraria di ripercorrere la catena evenemenziale della storia, infrangendo i vincoli della temporalità. Dal suo presente senza durata, l’enunciatore filmico risale e ridiscende i fatti della fabula (ordine)[Richard Genette, Figure III. Discorso del racconto(1972)]; dilata e contrae eventi, assegnando il ritmo all’azione (velocità narrativa); replica e riproduce avvenimenti diegetici, intessendo un fitto tessuto non cronologico (frequenza). Grazie alla sua durata interiore, l’uomo, immergendosi in un flusso temporale proteiforme, rivive e rielabora la cronicità del vissuto, così come l’istanza discorsiva, che, imitando l’umana esperienza, dalla specola del proprio presente, attraversa in entrambi i sensi la linea della storia.
L’esperienza del tempo, tuttavia, pur essendo generata dal narratore, non può che venir sperimentata dai personaggi. «La voce e la parola che noi ascoltiamo [nel testo]» scrive Lucio Lugnani «è sempre e soltanto quella del narratore, mentre lo sguardo interiore e il flusso fervido di pensieri ch’essa racconta sono […] dei personaggi, ai quali la parola narrante aderisce».
L’uomo produce e sperimenta la propria durata interiore, a differenza del narratore che si limita a darle vita per poi lasciare che siano i personaggi diegetici ad esperirla. Innescando una libera perlustrazione dei fatti del proprio vissuto finzionale, queste figure di carta (e celluloide) delimitano la propria empiria mediante confini diacronici provvisori, episodi fulminei, «brevissimi e ben delimitati istanti in cui spesso s’insinua l’umana esperienza del tempo; ἐμπειρία «parentetiche rispetto ai contesti narrativi che le contengono», parentesi, appunto, istanti che squarciano la successione lineare degli eventi, brecce temporali, brevi e caduche (perché destinate a concludersi): per un attimo, lo Zeit si arresta e il tempo interiore prende il sopravvento.
Ed è quello che, talvolta, accade anche al cinema.
Un racconto filmico può combinare un numero variabile di flashback e di flashforward, ottenendo una stratificazione temporale complessa: anacronie oggettive e soggettive. Le seconde scaturiscono direttamente dall’interiorità del personaggio e sembrerebbe, quindi, le più adatte ad esprimere un’esperienza umana del tempo. In realtà, non tutte le analessi e le prolessi possiedono tale facoltà, perché solamente alcune sono in grado di attivare un processo introspettivo. I protagonisti di un racconto cinematografico, infatti, possono vivere un’empiria temporale solo nel caso in cui si manifestino fortissime ricadute – a livello emozionale, sentimentale o mentale -, nel presente diegetico origine dell’anacronia. In quell’evenienza, la memoria dei fatti vissuti o la proiezione su avvenimenti a venire sconvolge il mondo interiore degli abitanti della diegesi, costringendoli a pensieri ed azioni inconcepibili fino a qualche momento prima.

Vediamone alcuni esempi.
In una delle scene conclusive di “The Perks of Being a Wallflower Noi siamo infinito” (2012), Logan, il protagonista, dopo la partenza per l’università della donna amata e degli amici, ha un momento di smarrimento. Senza le persone care, si trova a domandarsi per la prima volta chi sia veramente. Ritiratosi nella sua stanza, viene assalito dalla nostalgia. Allora, inizia a ricordare i bei momenti andati, il tempo felice trascorso – il primo bacio, la festa “dei grandi”, la rissa a scuola. Le emozioni provate sono così intense da dissestare il suo animo… qualcosa cambia in lui: ecco la maturazione, la crescita! Il corso degli eventi (nel presente diegetico) è stravolto: Logan raggiunge l’auto-consapevolezza, l’adolescente diventa giovane uomo. E tutto ciò grazie ad un “semplice” flashback soggettivo, che accartoccia l’ordine del racconto – rapporto tra «l’ordine di disposizione» dei fatti nell’intreccio e «l’ordine [cronologico] di successione»che questi hanno nella storia [Genette] -, dando vita ad un’esperienza temporale.

Paul RicoeurNon solo, il film può anche «giocare», citando Paul Ricoeur, con le categorie della durata – «il rapporto tra la durata reale di un avvenimento nella storia e la sua durata all’interno del racconto» -e della frequenza – la capacità del discorso di ripetere gli eventi della fabula -, arricchendo l’ἐμπειρία indotta da flashback e flashforward.

Durata. Al cinema, l’esperienza temporale può essere rappresentata mediante accelerazioni e contrazioni vertiginose del ritmo narrativo. Per riprodurne la brevità e l’istantaneità, il film non può fare a meno di stringenti sommari– in cui il tempo del racconto è inferiore a quello della storia (TR < TS) – ed ellissi, che incrementano la velocità narrativa, conferendo forma umana ai ricordi e alle attese dei personaggi.

Emma Stone and Ryan Gosling in una scena di La La Land

Nel finale di La La Land di D. Chazelle (2016), ad esempio, una sequenza ad episodi anacronica (condivisa dai due protagonisti) riassume in due minuti – con uno pseudo-flashback interno – le vicende che hanno occupato le precedenti due ore di pellicola (un intero anno di storia). Questo rapido montage-sequence – in cui, in un istante diegetico, Sebastian e Mia riassaporano i momenti più dolci della loro relazione -, oltre a mettere in mostra la capacità sintetica del racconto, replica la fugacità e l’intensità dell’esperienza temporale umana.

Frequenza. Di questa categoria, il racconto ripetitivo– in cui «raccontiamo n volte quanto è accaduto una sola volta»[Genette] – è il più adatto a riprodurre la facoltà del nostro pensiero di rielaborare fatti vissuti (o da vivere) attribuendogli un senso nuovo. E’ ciò che accade nell’esempio citato, dove, attraverso un’anacronia complessa, eventi già narrati (anche se in parte modificati) assumono un significato altro, completamento diverso dal precedente – i protagonisti, nonostante la separazione, prendono coscienza del loro amore eterno.

Alessio Romagnoli

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