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Il Marito Paziente

Sergio Livio Nigri

Il Marito Paziente” è l’ultima opera di Sergio Livio Nigri, pseudonimo di Arrigo Lampugnani Nigri e parteciperà alla 72^ edizione del premio Strega, promosso dalla Fondazione Maria e Goffredo Bellonci e Liquore Strega. Gli Amici della domenica, il gruppo storico della giuria del premio, ha segnalato 41 libri che sono stati pubblicati tra il 1° aprile dell’anno precedente e il 30 marzo di quest’anno. Ora toccherà al comitato presieduto da da Melania G. Mazzucco selezionare l’ambita dozzina tra cui sarà eletto il vincitore dell’edizione 2018.

Il poeta e scrittore Paolo Ruffilli

Il libro è edito da la Biblioteca dei Leoni in seno alla collana di narrativa curata da Paolo Ruffilli. Sono migliaia i titoli che escono in Italia ogni anno ed essere in lizza per un premio così prestigioso è un risultato tutt’altro che banale già di per sé, ma come se non bastasse il libro di Nigri è stato proposto al comitato del premio Strega dal poeta e critico letterario  Maurizio Cucchi, un padrino eccellente la cui autorevole attenzione costituisce un importante riconoscimento per qualsiasi autore.

Il poeta e critico letterario Maurizio Cucchi

Dal comunicato ufficiale del premio Strega l’opera è presentata come”… un romanzo di non comune raffinatezza stilistica, che tratta con eleganza il tema di un complesso rapporto amoroso tra un professore e una più giovane donna, lungo un percorso quarantennale.”

Noi l’abbiamo letto divorandolo e dobbiamo dire che è poco invidiabile la condizione di chi conosce la filosofia. Conoscere tutte le risposte non assolve dal non essersi posti le domande giuste al momento opportuno. Kafka in uno dei suoi racconti (forse in “Una gita in montagna” ma potremmo sbagliarci) fa dire al protagonista che avrebbe voluto trovare quel unico errore originario da cui è dipeso tutto quanto. Sono quelle riflessioni che si fanno quando non ci piace dove siamo giunti e Giovanni, il protagonista del libro, se la pone troppo tardi. Il lettore invece vede subito quella crepa che renderà fragile l’edificio. Basta aver vissuto un poco per sapere che le cose della vita, soprattutto le relazioni, finiscono così come sono iniziate: le persone non cambiano con gli anni. Caso mai peggiorano.

Giovanni s’innamora di una sua ex allieva che lo raggiunge a Rimini nonostante lei fosse già sposata. Serena s’innamora di un uomo colto e maturo, amante del bello e strutturalmente sempre distante. Il dramma è già scritto. Chi legge assiste al dipanarsi dell’inevitabile, sempre in bilico tra farsa e tragedia. Ciascuno dei protagonisti si lagna di ciò che dell’altro era evidente sin dall’inizio. Come se la vita fosse un toboga e non si potesse scegliere nessuna direzione.

E’ un romanzo scritto con un caleidoscopio stilistico affatto originale eppure conserva una narrazione dal sapore ottocentesco.  E’ una storia che spinge a schierarsi. Come nei romanzi di Flaubert, Dumas, Cechov o Dickens sorgono simpatie ed antipatie e non ci si può esimere dal giudizio. Dei personaggi tratteggiati se ne ricava irritazione, affetto, comprensione e financo dell’indulgenza. Sono personaggi vividi, quasi fossero biografici. L’impianto autoreferenziale è matematicamente diabolico (d’altro canto Sant’Agostino ci aveva messo in guardia): il professore colto e amante del bello che è innamorato della donna infedele che ama gli uomini colti e amanti del bello. E’ una battaglia che non si può vincere, al limite si può forse pareggiare, ma a costo di essere pazienti e da pazienti divenire infine ammalati, sì ma di solitudine.

Eppure Giovanni lo sapeva, lo aveva sempre saputo:

Infatti non mai questo si può costringere con la violenza: che esistano le cose che non sono.” (Parmenide)

Un concetto mai abbastanza ripetuto.

Corrado Parigi

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